Home > Archivio > 09 - 2006 > Convivenza altoatesina
EDITORIALE
tratto dal n. 09 - 2006

Convivenza altoatesina


Il 5 settembre ricorreva il sessantesimo anniversario dell’Accordo Gruber-De Gasperi. L’evento è stato ricordato solennemente presso la Giunta provinciale di Bolzano. Pubblichiamo il testo della testimonianza del nostro direttore


Giulio Andreotti


La mia presenza a Parigi nelle giornate del settembre 1946, che stiamo oggi rievocando, non derivava certamente da competenza sui problemi che la delegazione italiana stava con tanta fatica affrontando. Ero stato spedito lassù dal capo dello Stato Enrico De Nicola per trasmettere al presidente De Gasperi l’intimazione di rientrare subito a Roma, per affrontare l’ennesimo contrasto creatosi tra i partiti della coalizione governativa
La mia presenza a Parigi nelle giornate del settembre 1946, che stiamo oggi rievocando, non derivava certamente da competenza sui problemi che la delegazione italiana stava con tanta fatica affrontando. Ero stato spedito lassù dal capo dello Stato Enrico De Nicola per trasmettere al presidente De Gasperi l’intimazione di rientrare subito a Roma, per affrontare l’ennesimo contrasto creatosi tra i partiti della coalizione governativa. Cortei di comunisti avevano manifestato chiassosamente contro il ministro del Tesoro Epicarmo Corbino, issando cartelloni con l’immagine di Corbino appeso alla forca. Ormai il Comitato di liberazione nazionale era esausto; e infatti otto mesi dopo sarebbe avvenuta l’estromissione ministeriale dei comunisti e dei socialisti.
Abituato alla vecchia tradizione italiana, poco attenta alla politica estera, a differenza di De Gasperi per il quale politica estera e politica interna sono strettamente collegate, De Nicola riteneva assurdo che con tanta agitazione romana il presidente del Consiglio rimanesse lontano. Mi intimò di non tornare senza De Gasperi e ovviamente lo dissi al presidente, raccogliendo tutta la sua amara meraviglia nel vedere che non si capivano le difficoltà tremende che la delegazione stava affrontando e i rischi che incombevano sulla situazione dell’Italia. Benissimo: non dovevo tornare senza di lui? Non fu certo per me sgradito un soggiorno a Parigi, assistendo alle riunioni della delegazione italiana, da alcune delle quali invece era con abilità tenuto fuori il sottosegretario comunista Eugenio Reale, che frequentava diligentemente l’ambasciata sovietica. Del resto negli stessi giorni venne a Parigi l’onorevole Togliatti, ma non lo vedemmo; fece più tardi sapere di essere andato lì come turista bibliofilo, per un giro di bancarelle.
Mi resi subito conto della situazione difficilissima dell’Italia, che era internazionalmente isolata.
Una delle massime più pubblicizzate di Mussolini era stata: «Molti nemici, molto onore». Vi era riuscito in pieno, perché alla Conferenza della pace il nostro isolamento era totale. E suscitarono meraviglia una stretta di mano a De Gasperi del segretario di Stato americano Byrnes e un sorriso amichevole del ministro degli Esteri brasiliano Neves De Fontoura.
L’opinione pubblica italiana era particolarmente sensibile ai problemi di Trieste e della Venezia Giulia; mentre le pretese francesi per Briga e Tenda destavano attenzione solo in alcuni ambienti economici (produzione idroelettrica di energia).
Da sinistra, Riccardo Dello Sbarba e Luis Durnwalder, rispettivamente presidente del Consiglio provinciale e presidente della Giunta provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, Ludwig Steiner, ex ambasciatore austriaco, Giulio Andreotti e Hugo Valentin, presidente dell’Istituto culturale ladino “Micurà de Rü”, presso il Consiglio provinciale di Bolzano, in occasione della seduta celebrativa 
del sessantesimo anniversario dell’Accordo di Parigi, 
il 5 settembre 2006

Da sinistra, Riccardo Dello Sbarba e Luis Durnwalder, rispettivamente presidente del Consiglio provinciale e presidente della Giunta provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, Ludwig Steiner, ex ambasciatore austriaco, Giulio Andreotti e Hugo Valentin, presidente dell’Istituto culturale ladino “Micurà de Rü”, presso il Consiglio provinciale di Bolzano, in occasione della seduta celebrativa del sessantesimo anniversario dell’Accordo di Parigi, il 5 settembre 2006

Circa la richiesta austriaca di annessione del Sud Tirolo, compresi in quelle settimane parigine uno dei motivi della contrarietà profonda di De Gasperi (e, non meno, dell’ambasciatore Nicolò Carandini, liberale, che si occupava specificamente del settore); contrarietà a qualsiasi concessione, compreso il deferimento a un consulto delle popolazioni o anche una semplice rettifica del rispettivo confine, come la cessione della Pusteria. Rimettere in discussione l’Italia di Vittorio Veneto e le conclusioni della Prima guerra mondiale significava apportare una potenziale ferita, dalle conseguenze gravissime, nell’animo di almeno un milione di famiglie: tra ex combattenti, mutilati, vedove e orfani (io stesso sono orfano di guerra). Politici e politicanti ne avrebbero fatto oggetto di un pericoloso movimento patriotticamente esplosivo.
Mentre sul fronte orientale nulla potevamo contro la potenza e prepotenza del maresciallo Tito – uno dei vincitori della guerra –, qui per fortuna l’Unione Sovietica non dispiegava la sua influenza. Anzi, la tiepidezza degli austriaci verso i comunisti nelle elezioni amministrative non aveva prodotto certamente solidarietà di Mosca verso Vienna. Aggiungo – attingendo al ricordo e al diario di quei giorni – che nelle consultazioni fatte da Carandini risultava che qualificati elementi della popolazione di lingua tedesca, mentre sostenevano la tesi del plebiscito, erano ostili a perdite di aree che avrebbero indebolito la consistenza della componente allogena.
Solo più tardi ho registrato e capito precedenti importanti, come la richiesta di interessamento al problema fatta presso il presidente Roosevelt tramite un prelato irlandese, ottenendo – sembra – un certo assenso di massima. Conoscevo invece il rapporto del nostro ambasciatore a Parigi Saragat (12 settembre 1945) dopo un colloquio con il generale De Gaulle, che si era così espresso: «Certo, quanto voi dite a proposito del trattato di San Germano stipulato dopo una guerra che avete combattuto al nostro fianco è giusto, la Francia, del resto, ne terrà conto. Ed è anche giusto quanto voi dite a proposito della evidente iniquità del parteggiare per chi sino a ieri si è battuto contro gli alleati, a danno di chi, come voi, da due anni lotta al nostro fianco. In ogni caso due cose sono evidenti: la prima è che mai voi sarete privati di tutti i territori che avete ottenuto dopo la Prima guerra mondiale. La seconda è che il problema dell’Alto Adige è legato a quello dell’autonomia dell’Austria, e, allo stato attuale delle cose, non è detto ancora che l’Austria debba risorgere. Gli austriaci hanno seguito Hitler, non forse con entusiasmo, ma l’hanno seguito. Oggi nel Tirolo il generale Bethouart è assediato dagli irredentisti e lui lascia fare. Del resto, vedete, su questo punto potremmo metterci d’accordo facilmente se voi foste più comprensivi per le richieste della Francia nei confronti di Tenda e Briga».
A sostegno dell’Austria, ritenuta la prima vittima dell’espansionismo hitleriano, era invece l’Inghilterra.
Con l’opinione pubblica italiana politicamente guidata nel ventennio dal governo anche con la censura, non era stato per noi uomini della strada facile comprendere quanto accaduto in materia: dall’amicizia e protezione mussoliniana per il cancelliere Dollfuss agli Accordi italo-tedeschi del 1939 e al Patto di Acciaio.
Karl Gruber parla alla riunione plenaria della Conferenza di pace 
di Parigi nell’agosto del 1946

Karl Gruber parla alla riunione plenaria della Conferenza di pace di Parigi nell’agosto del 1946

Come Federazione cattolica universitaria, ricordo solo la direttiva di non partecipare alle accoglienze popolari per la visita di Hitler; in sintonia con quanto aveva deciso il papa Pio XI, che si era allontanato da Roma «per non vedere onorata una croce che non è quella di Cristo». Aggiungo anche che, partecipando occasionalmente a un evento nella chiesa romana austriaca di Santa Maria dell’Anima, fui colpito dalla distanza che i cardinali tedeschi, tra cui Faulhaber e Von Galen, ostentavano verso il loro collega di Vienna, Innitzer. Ma sono solo impressioni di un giovane inesperto.
Per quello che riguarda le vicende altoatesine, posso dire che l’opinione pubblica italiana non era stata a suo tempo particolarmente sensibilizzata al problema della vostra regione e allo specifico accordo Hitler-Mussolini. Era considerato più un atto interno tra partiti affini che un problema nazionale. Del resto nessun commento i professori fecero a noi universitari anche per la vergognosa legislazione razziale, nonostante comportasse, tra l’altro, per l’Ateneo romano, la estromissione del titolare di Economia, professor Gino Arias, e dello stesso rettore magnifico Giorgio Del Vecchio, che tra l’altro non erano certamente antifascisti.
Dell’Accordo Gruber-De Gasperi, io politicamente novizio, vidi allora specialmente la rilevanza di un atto liberamente pattuito dall’Italia mentre eravamo giuridicamente sotto la completa tutela del governo militare alleato.
Questa inserzione dell’Austria resterà a lungo come elemento o pretesto di discordia interna, tanto più che l’Austria ottenne la messa all’o.d.g. dell’Onu del quale noi non facevamo parte (ci ammisero solo nel 1955 e De Gasperi non poté apprezzarlo).
Nel settembre 1946 non pensavo davvero che di lì a qualche anno mi sarei dovuto occupare in profondità di questi problemi, nominato – maggio 1949 – sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. In particolare, con l’assistenza tecnica dell’Ufficio per le Zone di Confine, dedicavo quotidianamente molte ore a questa area; sia per il delicato tema delle riopzioni sia per l’applicazione dello Statuto speciale. Devo rinnovare qui la mia gratitudine a un saggio politico democristiano – Alcide Berloffa – che mi aiutò a capire molti complicati risvolti, anche nel rapporto con gli austriaci. Devo però dire che il rapporto con i dirigenti della Svp non fu difficile, in un clima di sincerità e di rispetto che singoli incidenti provocati da estremisti non alterarono. La creazione del “pacchetto” fu laboriosa e l’applicazione delle singole parti richiese tempo e non sempre facile reciproca comprensione e pazienza.
Quando, molti anni dopo, io stavo per lasciare la Presidenza del Consiglio, ritenni necessario che si concludesse l’attuazione del pacchetto. Non perché pensassi che i successori mutassero politicamente avviso, ma perché avrebbero dovuto indottrinarsi nel labirinto di complesse e dettagliate normative.
De Gasperi e Saragat (l’ultimo a destra) assistono ai lavori 
della Conferenza

De Gasperi e Saragat (l’ultimo a destra) assistono ai lavori della Conferenza

Sono particolarmente riconoscente all’onorevole Riz per la sintonia al riguardo. Ma voglio ricordare anche un vostro esponente che dirò “specializzato”. Quando veniva a Roma Alfons Benedikter, i partecipanti italiani alla riunione passavano momenti difficili, perché l’ospite conosceva a memoria leggi, decreti e circolari ministeriali; e rettificava con calma e freddezza imprecisioni ed errori dei più esperti funzionari ministeriali, ai quali De Gasperi ci aveva abituato a dover ricordare la specificità regionale; ma non sempre lo capivano.
Più volte lo stesso presidente De Gasperi invitò alla comprensione attingendo ai suoi ricordi giovanili in Innsbruck, quando il governo di Vienna era costretto a intervenire per bloccare le vivaci manifestazioni autonomiste degli studenti tirolesi.
L’indirizzo che avevo avuto dal presidente e a cui mi sono sempre ispirato nella gestione politica delle province di confine, specialmente della vostra, era di grande serenità; di approfondimento oggettivo e di accantonamento delle pratiche che non era sul momento possibile risolvere con reciproca soddisfazione. In particolare – ma furono pochissimi casi – avvenne per le riopzioni; e le cifre relative attestano quale sia stato il criterio di gestione. Dirò al riguardo che sul piano umano mi colpì molto la ricostruzione di alcune delicate divisioni che erano intervenute nelle famiglie. Le politiche totalitarie cadono fatalmente in comportamenti disumani.
Accanto alle direttive degasperiane, mi aiutarono molto in tutte queste vicende i consigli di vostri esponenti – citerò per tutti i senatori Braitenberg e Raffainer – ma anche di un saggio e illuminato uomo di Chiesa, il vescovo monsignor Gargitter, che era veramente il pastore del popolo di Dio, senza alcuna distinzione. Ricordo le sue parole in uno dei momenti critici che passammo: «L’avvenire sarà dei costruttori di serenità». In quel giorno si celebravano le esequie di un militare della Guardia di finanza, appartenente al gruppo etnico tedesco. La madre prese le mie mani tra le sue e mi disse con lungimirante affetto: «Fate pace».
Signor presidente, mentre la ringrazio per avermi invitato qui a Bolzano in questa rievocazione, desidero inviare un particolare saluto al presidente Sylvius Magnago.
Il 5 settembre 1986, in occasione dei quaranta anni dell’Accordo, il presidente Magnago rilasciò una importante dichiarazione alla stampa, deplorando che non fossero state annullate da Gruber e De Gasperi tutte le clausole dell’Accordo Hitler-Mussolini, credendo sufficiente l’impegno a uno spirito di comprensione. Così, ad esempio, vi era stato bisogno di normative specifiche per restituire la pensione ai rioptanti. Critico fu anche per il non recepimento del problema dei ladini. Comunque Magnago si soffermò in particolare sul concetto dei rapporti tra gruppi etnici che devono ispirarsi a convivenza e non a integrazione.
Il 5 settembre 1986, in occasione dei quaranta anni dell’Accordo, il presidente Magnago rilasciò una importante dichiarazione alla stampa, deplorando che non fossero state annullate da Gruber e De Gasperi tutte le clausole dell’Accordo Hitler-Mussolini, credendo sufficiente l’impegno a uno spirito di comprensione. Critico fu anche per il non recepimento del problema dei ladini. Comunque Magnago si soffermò in particolare sul concetto dei rapporti tra gruppi etnici che devono ispirarsi a convivenza e non a integrazione
Ripeté poi la tesi del perdurante diritto-dovere di una certa competenza per così dire vigilante dell’Austria.
La comune appartenenza all’Unione europea in un certo senso, e comunque in larga misura, supera la polemica sul permanere dell’aggancio super-nazionale delle normative vigenti. Ma c’è di più. Non dobbiamo dimenticare anche un’altra area di garanzie e di reciproco controllo: quella dettata dall’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione europea, sia con l’Atto di Helsinki del 1975 sia con il solenne Trattato firmato nel 1990 a Parigi, denominato “Per la nuova Europa”. Si tratta di norme profondamente incisive a sostegno dei diritti delle rispettive popolazioni e in particolare delle minoranze.
Sono peraltro storicamente superate in un modo costruttivo ed estensivo le norme sul diritto-dovere di incrociate garanzie bilaterali a tutela dei diritti dei singoli e dei gruppi.
Con lo stesso presidente Magnago ho avuto il piacere di dibattere pochi anni or sono, in una tavola rotonda a Trento, il tema della politica del nostro governo nel dopoguerra in Alto Adige. Magnago ha detto che ci siamo comportati benino. Se fosse andato oltre, forse avremmo avuto i fulmini di certi circoli della destra.
Vorrei prima di chiudere sottolineare un aspetto internazionale positivo della presenza dei deputati e senatori di lingua tedesca nella Camera dei deputati e nel Senato della Repubblica (ed è qui spontaneo il mio saluto alla collega Helga Thaler, che è stata mia presidente di gruppo ed è oggi autorevole guida della Questura di Palazzo Madama). Nell’ambito dell’Unione interparlamentare è stato sempre considerato positivo questo apporto multietnico che molti Paesi non danno.
I sessanta anni dell’Accordo Gruber-De Gasperi coincidono con i sei decenni della Costituzione italiana. Lo spirito e la lettura della Costituzione stessa assicurano un quadro di certezza giuridica che è garanzia ineludibile.
Mi auguro che tutti sentano l’orgoglio e il dovere di lavorare a difesa di questa linea illuminata e costruttiva.


Español English Français Deutsch Português