Home > Archivio > 11/12 - 2002 > Contro la sconfitta della politica
SAGGI
tratto dal n. 11/12 - 2002

Contro la sconfitta della politica


Il volume di Adriano Ossicini sulla possibilità per i cattolici di dare un contributo originale alla politica sulla base del messaggio cristiano


di Fabio Silvestri


Contro la sconfitta della politica può suonare come un appello o, ancor meglio, un’esortazione rivolta a chi abbia “orecchie per intendere”, soprattutto se a pronunciare questa frase è qualcuno che, come Adriano Ossicini, ha fatto della politica stessa, intesa come azione svolta all’interno della società e per la società, il lungo e costante impegno sorretto dalla convinzione che «la politica non è qualcosa di opzionale, ma, sia nelle sconfitte che nelle vittorie, è qualcosa che comunque deve essere affrontato, perché non si può rinunciare ad un compito che qualcuno, sempre, porterà avanti, all’interno del quale, se saremo assenti, rischiano di prevalere proprio quei pericoli o quelle situazioni che sono inaccettabili e che dobbiamo combattere».
Adriano Ossicini parla durante un comizio nello stadio di Bologna nel 1947

Adriano Ossicini parla durante un comizio nello stadio di Bologna nel 1947

Un impegno, questo sostenuto da Adriano Ossicini, come testimonia il suo ultimo lavoro intitolato Contro la sconfitta della politica, pubblicato da Editori Riuniti, concepito come naturale prosecuzione del discorso intrapreso con il precedente volume, Il fantasma del catto-comunismo ed il sogno democristiano, condotto sempre sulla base di una motivazione cristiana, ma nel nome della laicità della politica. Laicità che significa rifiuto di ogni integralismo ma non certo rinuncia ad una motivazione cristiana a fare politica.
L’autore è anche stimolato in questa direzione da un recente dibattito avuto, poco prima della sua scomparsa, con Paolo Emilio Taviani, il quale sosteneva l’urgenza di pervenire ad una seria fondazione della laicità della politica, dettata dalle necessità, emerse dopo la caduta delle ideologie, di chiarire con determinazione quale debba essere oggi il rapporto tra motivazione cristiana ed agire politico, chiarimento sollecitato anche «dai drammatici problemi posti oggi di fronte a noi dalla bioetica».
Il suddetto rapporto deve, per Adriano Ossicini, configurarsi come difesa di alcuni valori di fondo, intorno ai quali i cristiani devono sapersi trovare uniti, senza per questo comportare l’obbligo, nella prassi politica, di militare in un partito unico o, ancor di più, riproporre vecchie tesi come quelle che vogliono rappresentare politicamente i cattolici, considerati, in quanto tali, nei termini di una forza moderata o di centro.
Tale lotta per la laicità e, come naturale conseguenza, per la deideologizzazione dei partiti politici, ha un’illustre e lontana origine, che affonda le sue radici nella concezione politica di Dante Alighieri, nell’elaborazione teorica del defensor pacis di Marsilio da Padova, nel pensiero di Niccolò Machiavelli e penetra nella personale esperienza di Adriano Ossicini, attraverso la prospettiva aconfessionale indicata da Luigi Sturzo per il suo Partito popolare, alla cui fondazione partecipò anche Cesare Ossicini, padre dello stesso Adriano.
Il tema della battaglia contro ogni forma di integralismo accompagnerà Adriano Ossicini nel corso della sua lunga ed importante esperienza politica, sempre condotta in parallelo ad un’altrettanto rilevante attività in campo clinico, psicologico e didattico, cosa perfettamente naturale per chi si è sempre definito sostanzialmente «un uomo di scienza prestato alla politica», sin dai tempi della lontana, ma sul piano dei contenuti filosofico-politici attuale, vicenda della sinistra cristiana, la cui lungimiranza si infranse proprio sullo scoglio della deideologizzazione nel confronto con gli allora nascenti partiti di massa, in particolar modo quello comunista e anche quello democristiano, che, in quanto costretto, anche dalla morsa della incipiente “guerra fredda”, difendeva in tutti i modi l’unità dei cattolici.
Anche le successive vicende personali non fanno che confermare la sostanziale fedeltà del professor Ossicini a questi valori di fondo. Difatti, egli divenne senatore nel 1968 in qualità di indipendente di sinistra raccogliendo un esplicito invito di Ferruccio Parri, e conservò questa carica, con brevi momenti di pausa, fino a quando divenne, con il cosiddetto “governo dei tecnici”, presieduto da Lamberto Dini, ministro della Famiglia e della Solidarietà sociale, incarico al quale ha fatto seguito, oltre ad una costante attività scientifica svolta in qualità di presidente del Comitato nazionale di bioetica, un fattivo impegno a sostegno dell’essenza politica dell’Ulivo. Tale impegno ha portato lo stesso Ossicini a ricoprire nuovamente la carica di senatore e di presidente della Commissione pubblica istruzione e ciò spiega la familiarità con Romano Prodi, il quale arricchisce questo volume con un’importante prefazione nella quale viene affermata la necessità di prendere le distanze da un’erronea identificazione del cristianesimo con il moderatismo politico, anche documentandone le radici storiche.
E proprio per questo Adriano Ossicini conduce il suo discorso su un doppio registro: quello della polemica politica, inevitabile in un momento di profonda difficoltà e di profondo disorientamento delle forze più progressiste dello scenario politico italiano, e quello del saggio storico, poiché questo lavoro costituisce anche una precisa ed attenta ricognizione degli avvenimenti politici italiani degli ultimi anni: pensiamo ad esempio alle vicende della fondazione e della piuttosto rapida crisi del progetto riformista portato avanti dall’Ulivo, alla contraddittorietà delle scelte politiche immediatamente successive alla caduta del governo Prodi, alla importante, anche se breve, esperienza della Commissione bicamerale.
Tutto il lavoro, estremamente documentato nei suoi progressivi snodi, risulta alimentato costantemente da quella centrale esperienza dell’autore verso una politica laica, ma profondamente legata a motivazioni etiche. Una tensione che ha costituito anche il punto di partenza dell’esperienza dell’Ulivo, il quale ha cercato un accordo politicamente vittorioso tra forze che, pur profondamente divise sul piano delle ispirazioni ideologiche o religiose, avevano in comune un progetto, che i fatti hanno per il momento dimostrato assai fragile, di azione sociale, oltrepassando la semplice dimensione di un accordo elettorale.
La vicenda costitutiva dell’Ulivo viene presentata come il punto di partenza di un itinerario storico-politico che affronta molti punti fondamentali della nostra storia contemporanea, riproponendoli all’attenzione del lettore in modo mai freddo ed impersonale, ma filtrandoli attraverso l’esperienza diretta e vissuta di un osservatore privilegiato che, di quegli accadimenti, è stato parte in causa. Il che consente ad Adriano Ossicini di mettere a fuoco le ragioni profonde di quella “sconfitta della politica” che dà il titolo al volume e che ha un’origine lontana nel tempo, precisamente nella mancata alleanza delle forze politiche democratiche italiane, in particolare popolari e socialcomuniste, degli anni Venti dello scorso secolo, attraverso la cui divisione ideologica il fascismo aveva potuto pervenire al potere.
Partendo da questa base l’autore ripercorre la storia dei tentativi, teorici e politici, di dare consistenza ad una solida alleanza delle masse popolari, sia pure di orientamento religioso diverso, che, a partire dalle posizioni sostenute dall’ala sinistra del Partito popolare di don Luigi Sturzo, rappresentata principalmente da Francesco Luigi Ferrari, Giuseppe Donati, e dall’esperienza del Domani d’Italia, arrivano, passando attraverso l’importante vicenda filosofico-politica della sinistra cristiana e attraverso quella del “compromesso storico”, e la stagione della solidarietà nazionale, con il ruolo determinante di Moro e Andreotti, e infine in un contesto socio-culturale profondamente mutato in cui è estremamente difficile parlare ancora di “masse popolari”, al progetto politico dell’Ulivo prima e al nascente programma della Margherita oggi, dalla cui concretizzazione viene fatta dipendere nel primo dopoguerra come nella più stretta attualità, la possibilità di una reale evoluzione in senso democratico della politica italiana.
L’analisi storica condotta da Adriano Ossicini non si ferma alle vicende politiche nazionali, ma allarga invece lo sguardo ai grandi e drammatici avvenimenti epocali che sconvolgono la nostra contemporaneità di fronte ai quali la politica se non vuole abdicare al proprio ruolo, deve «riaffermare il primato dell’etica e dei valori» e, soprattutto, cercare dei rimedi ai profondi guasti generati da una “globalizzazione” economica sempre più priva di freni, verso la quale, sottolinea l’autore, dopo il profondo mutamento di una sinistra che pure aveva avuto meriti non modesti nell’intuire gli attuali e gravissimi squilibri economici, tra le poche, troppo poche voci di protesta, «sembra addirittura levarsi isolata... la polemica del Papa». Senza per questo trascurare l’impegno profuso in tale direzione da molti cristiani, laici e sacerdoti.
Per fronteggiare problemi di così ampia portata, Adriano Ossicini sostiene la necessità odierna di costruire aggregazioni politiche fondate sulla condivisione di valori ed in grado, a loro volta, di riscoprire il “valore della politica”.
In estrema sintesi, quella che Adriano Ossicini affida alle pagine di questo libro è una testimonianza di lungimiranza politica, che trova conferma illustre nelle parole che, molti anni or sono, Alcide De Gasperi rivolse allo stesso Ossicini, il quale riteneva improponibile il progetto di un’unità politica dei cattolici fondata su basi metafische, nel corso di uno dei loro ultimi incontri. «Oggi hai torto» disse il trentino «ma la tua ragione si dimostrerà tra qualche decina di anni, ossia quando finirà la politica dei blocchi, finirà il bisogno dell’unità dei cattolici ed essi si scinderanno in cattolici conservatori e cattolici di sinistra».


Español English Français Deutsch Português