Il Papa, la sua pietas, l’affetto dei romani
«Una testimonianza su Paolo VI è per me un bisogno del cuore», spiega monsignor Macchi nel libro Paolo VI nella sua parola, che resta uno dei più bei volumi su Montini. Lo segnaliamo per il XXV anniversario della morte del Papa. La presentazione è del cardinale Carlo Maria Martini
di Pina Baglioni

Sopra, Montini durante il pellegrinaggio in Terra Santa, 4-6 gennaio 1964, in riva al lago di Tiberiade, bacia la roccia dove Gesù affidò il primato a Pietro; sotto, l’affettuoso abbraccio con Athenagoras I, patriarca di Costantinopoli, Gerusalemme, 5 gennaio 1964
A tal proposito, un volume non recentissimo, ma imperdibile per chi volesse approfondire la conoscenza di Giovanni Battista Montini, è Paolo VI nella sua parola (Morcelliana, Brescia 2001, pp. 400, euro 25,82), scritto da chi più di ogni altro ha avuto la fortuna di stargli accanto, esattamente dal 29 novembre del 1954 fino alle 21 e 40 di domenica 6 agosto 1978, ora e giorno della morte: monsignor Pasquale Macchi, segretario personale di Montini sin dalla designazione ad arcivescovo di Milano.
"Una testimonianza su Paolo VI è per me un bisogno del cuore", precisa Macchi nellintroduzione. "Intendo avvalermi della parola viva del Papa per conoscere come sono nati in lui i suoi gesti più importanti, e come lui stesso li ripensava e li giudicava".
Il volume, giudicato "splendido" dal cardinale Carlo Maria Martini che ne firma la presentazione, fa emergere una messe di particolari poco noti capace di suscitare una profonda commozione e di restituire al lettore una personalità tanto austera quanto capace di dolcezza e di pietas, soprattutto nei confronti dei più poveri: operai, baraccati, vecchi soli e abbandonati. Furono loro, sia a Milano che a Roma, ad occupare un posto preminente nel cuore di Montini.
Montini e Milano
Dopo diciotto anni trascorsi in Segreteria di Stato, prima come sostituto e poi, dal 1952, come prosegretario per gli Affari ordinari, Giovanni Battista Montini viene eletto arcivescovo di Milano il 1 novembre del 1954.
Due mesi dopo, il giorno dellEpifania, fa il suo ingresso sotto una pioggia fredda e battente nella metropoli lombarda. Per non deludere le migliaia di persone che erano accorse a salutarlo, Montini decise di percorrere il tragitto dalla chiesa di SantEustorgio al Duomo con lautomobile scoperta. Il successore di Ambrogio e di Carlo Borromeo giunse in Duomo completamente fradicio. Un gesto che toccò il cuore dei milanesi in maniera indelebile.
"La figura di lui inginocchiato è unimmagine ricorrente" annota Macchi nel suo volume. "A Milano si recava spesso in case private a pregare ai piedi della salma di persone di vario ceto, persone amiche, persone autorevoli, persone vittime di gravi incidenti, anche se notoriamente non religiose. Dopo aver salutato i parenti si metteva in ginocchio per terra dovunque fosse, e con intensa pietà recitava il Padre nostro".
Ogni Giovedì santo cera il bacio ai piedi dei "vecchioni della Baggina", gli ospiti anziani del Pio Istituto Albergo Trivulzio, durante la messa in Duomo nella Cena del Signore.
Ogni venerdì pomeriggio si recava in forma del tutto privata a far visita a infermi, a poveri o ad handicappati. Nessuno ne era al corrente. Insieme allautista, Pasquale Macchi lo accompagnava in poverissime case al centro o in periferia di Milano, talora in veri tuguri o in piccole baracche. Un incontro ricorrente era con un ex detenuto, tal Edoardo Centini: nato in carcere vi avrebbe poi trascorso tutta la vita in un continuo alternarsi di detenzioni era soprannominato il "fachiro".
Per ogni necessità istituì nel palazzo arcivescovile il "Porto di mare", un ufficio di accoglienza dove la gente potesse andare a presentare le proprie urgenze.
Della carità dellarcivescovo beneficiarono anche monasteri di vita contemplativa, in particolare le Suore romite del Sacro Monte di Varese a cui regalò limpianto di riscaldamento poiché il loro monastero ne era del tutto privo. Viene in mente, scorrendo e scoprendo questi episodi, un pensiero di Giovanni Battista Montini tratto dai Discorsi e scritti milanesi (a cura di G. E. Manzoni, Istituto Paolo VI, Brescia, vol. I, p. 1681): "Il messaggio cristiano non è una profezia di condanna non è acerbo, non è scontroso, non è scortese, non è ironico, non è pessimista. È generoso. È forte e lieto. È pieno di bellezza e di poesia. È pieno di vigore e di maestà".
E quel vigore Montini volle trasmetterlo subito alla città con la "Missione di Milano". Larcivescovo chiamò 1.288 predicatori, tra cui due cardinali e 24 vescovi, 600 sacerdoti diocesani, 597 sacerdoti religiosi e 65 seminaristi. Milano fu invasa da 350mila manifesti, 25mila locandine con gli orari delle preghiere, della catechesi, degli incontri con i giovani, gli anziani, le famiglie, i corsi di teologia per i laici, quelli di predicazione specializzati per il clero e le religiose; furono distribuiti 1200 orari tascabili. Montini in persona andò presso le fabbriche e le officine ad invitare gli operai a partecipare.
Intanto il 9 ottobre 1958 moriva Pio XII e diciannove giorni dopo gli succedeva Giovanni XXIII. Nel primo concistoro di papa Roncalli, Giovanni Battista Montini viene creato cardinale.
Passano altri quattro anni e mezzo di lavoro febbrile: la giornata di Montini inizia alle sei del mattino e si conclude alluna o alle due di notte. Cè un documento, del 1961, che sintetizza loperato di Montini nella diocesi lombarda: è la relazione consegnata al Santo Padre durante la visita ad limina, una sorta di radiografia dello stato di salute della Chiesa di Milano: "Si diffonde un costume antireligioso: il benessere economico sembra convalidarlo nella opinione diffusa che la religione non è necessaria alla prosperità della vita, anzi è forse un ostacolo si può concludere questo sguardo sommario osservando che la diocesi è in unora di crisi, la quale sembra essere straordinaria, tanto lo stato della diocesi milanese è oggi, al tempo stesso, vivo e sofferente, e sembra decisiva per i tempi futuri".
Ma i tempi futuri vedranno Montini lontano da Milano: il 3 giugno 1963 muore Giovanni XXIII.
Larcivescovo, dopo aver salutato a Venegono i suoi seminaristi, scende a Roma per il conclave portando con sé il passaporto con il proposito di recarsi a Dublino subito dopo lelezione del nuovo pontefice. La Provvidenza però deciderà altrimenti e nella tarda mattinata del 21 giugno, il cardinale Ottaviani pronuncia la storica frase: "Abbiamo il Papa, il cardinale Giovanni Battista Montini, che si è dato il nome di Paolo VI".
Paolo VI e Roma
"A Milano speravo di consacrare fino allultimo i giorni della mia vita. A Milano ho cercato di offrire quanto potevo, sempre con la pena nel cuore. Posso però dire con schiettezza, con tutta la misura delle forze del mio cuore: cari milanesi, io vi ho voluto bene". Così il nuovo Papa ai milanesi giunti a Roma per la sua incoronazione.
In Vaticano Paolo VI mostra subito il suo stile di vita: "Emblematica fu la sua decisione di non voler usare il grande letto di papa Giovanni XXIII che era già stato di Pio XII, considerandolo come una reliquia" ricorda ancora Macchi nel suo libro. Nella prima notte da papa dormì in una cameretta vicina, che era servita al religioso infermiere che assistette papa Giovanni nei suoi ultimi giorni; vi passò anche le notti successive finché non arrivò da Milano il suo letto di metallo, semplice e piccolo, che aveva sostituito quello del suo predecessore, il beato cardinale Schuster.
Bellissimo, in quei primi giorni di pontificato, il pensiero affettuoso nei confronti di sua madre, Giuditta Alghisi: "17 luglio, questa data ricorda il genetliaco di mia madre, nata nel 1874, morta nel 1943 quale finezza di sentimenti, di parole, di tratto Madre carissima! Hai voluto che la pianeta della mia prima messa fosse tagliata dal tuo abito di nozze Ora ti penso, umile e felice accanto alla Madonna, e confido di non essere orfano nel mio grande e duro pellegrinaggio verso la meta finale, Cristo Signore".

Il ritorno a Roma dalla Palestina a sera inoltrata genera una inaspettata accoglienza: quasi tutta la cittadinanza si era riversata sulle strade dall’aeroporto di Ciampino fino a piazza San Pietro
Il viaggio in Terra Santa aprì la strada ai viaggi apostolici suoi e dei suoi successori: la decisione inattesa e sorprendente la comunicò il mattino del 4 dicembre ai padri conciliari che, dopo qualche istante di silenzio attonito, manifestarono con un lungo affettuoso applauso il loro entusiasmo.
La partenza da Roma avvenne la mattina del 4 gennaio del 1964 dallaeroporto di Fiumicino con un Dc8 dellAlitalia. Era la prima volta che un papa viaggiava in aereo.
Monsignor Macchi, nella sua ricostruzione del viaggio in Palestina, nota minuziosamente ogni momento, gli incontri, le difficoltà e linatteso entusiasmo della gente. Cè un momento che il segretario di Paolo VI racconta con particolare efficacia: il rientro a Roma dalla Terra Santa. Fu quella loccasione che svelò a Montini quanto Roma lo amasse.
Il Papa arrivò a Ciampino la sera del 6 gennaio alle ore 18,30, accolto dal presidente della Repubblica, Antonio Segni. Il corteo si avviò alle 19 verso Roma.
Laccoglienza fu straordinaria, mai più ripetuta: quasi tutta la città si era riversata sulle strade da Ciampino al Colosseo, dove ci fu una sosta per il saluto del sindaco. E dal Colosseo fino a piazza San Pietro, riempita totalmente dai romani, lentusiasmo obbligò lauto del Papa a procedere a passo duomo. Il Papa, commosso, rivolse ai romani parole indimenticabili: "Salve, Roma cattolica, e grazie per laccoglienza che questa sera fate al vostro vescovo e al successore di Pietro, accoglienza che non potrebbe essere più cordiale, più filiale, più promettente di tante nuove spirituali fortune di Roma cristiana". Giunto nel suo appartamento, si affacciò per ringraziare ancora per laccoglienza che "già di per sé costituisce un avvenimento memorabile e incomparabile".
Fu come se Montini non riuscisse proprio a capacitarsi di tanto inatteso affetto dei romani, popolo proverbialmente restio ai facili entusiasmi. Tantè che, qualche giorno dopo, quasi scusandosi, tornò a parlare di quel "fatto straordinario" al Sacro Collegio: "Io non aspettavo di vedere Roma in una esaltazione spirituale così grande, che davvero non posso dirla comparabile con nessun altro momento della vita romana". E aggiunse: "Roma ha manifestato, penso, come non mai una adesione al Papa, la quale non sembra essere giustificata dalla semplicità dellavvenimento comè un passaggio attraverso la città per larrivo da un viaggio. Invece lo diranno i documenti, lo diranno i testimoni ". L8 gennaio, nelludienza generale, il Papa esprimerà ancora una volta la sua gratitudine: "Veramente il nostro ritorno è stato di per sé unudienza generale al popolo di Roma essa costituisce da sé sola un avvenimento dimportanza eccezionale Non mai il rapporto tra Gerusalemme e Roma è apparso più diretto e più collegato con le sorti spirituali della Chiesa cattolica e della sua missione fra gli uomini".
Il patto di amore tra Roma e il suo Vescovo era definitivamente siglato.
Così, il 9 aprile 1967, nella Basilica lateranense, dirà allinizio della visita pastorale alla sua diocesi: "È lora di dare alla Chiesa di Roma un volto di freschezza e di bellezza; è lora di estendere a tutte le nuove borgate il flusso animatore e nobilitante della genuina vita religiosa; è lora di far rifiorire le memorie sacre e incomparabili di Roma cristiana".