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GIOVANNI PAOLO II
tratto dal n. 12 - 2000

Nel Neonato deposto nella mangiatoia salutiamo il «nuovo Adamo»


«Dal presepe lo sguardo si allarga oggi all’intera umanità, destinataria della grazia del “secondo Adamo” ma pur sempre erede del peccato del “primo Adamo”. E non è forse quel primo “no” a Dio, ribadito nel peccato di ogni uomo, che continua a sfigurare il volto dell’umanità?». Il messaggio Urbi et Orbi pronunciato dal Papa in piazza San Pietro il 25 dicembre 2000


Il messaggio Urbi et Orbi del Papa per il Natale 2000


1. «Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita» (1 Cor 15, 45).
Il viaggio dei Magi; in basso a sinistra 
sono rappresentati il peccato originale 
e la cacciata dal paradiso terrestre, 
particolari della porta in bronzo 
detta di San Ranieri (XII secolo), 
Bonanno Pisano, Cattedrale di Pisa

Il viaggio dei Magi; in basso a sinistra sono rappresentati il peccato originale e la cacciata dal paradiso terrestre, particolari della porta in bronzo detta di San Ranieri (XII secolo), Bonanno Pisano, Cattedrale di Pisa

Questo afferma l’apostolo Paolo, riassumendo il mistero dell’umanità redenta da Cristo. Mistero nascosto nel disegno eterno di Dio, mistero che si è fatto, in certo modo, storia con l’incarnazione del Verbo eterno del Padre; mistero che la Chiesa rivive con intensa emozione, in questo Natale dell’anno duemila, anno del Grande Giubileo. Adamo, il primo «uomo vivente», Cristo, l’ultimo Adamo, «spirito datore di vita»: le parole dell’Apostolo ci aiutano a guardare in profondità, a riconoscere nel Bambino nato a Betlemme l’Agnello immolato che svela il senso della storia (cfr. Ap 5, 7-9). Nel suo Natale si sono incontrati il tempo e l’eternità: Dio nell’uomo e l’uomo in Dio.


2. «Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente». Il genio immortale di Michelangelo ha rappresentato sulla volta della Cappella Sistina l’istante in cui Dio Padre comunica l’energia vitale al primo uomo, facendo di lui «un essere vivente». Tra il dito di Dio e quello dell’uomo, protesi l’uno verso l’altro fino quasi a toccarsi, sembra scoccare un’invisibile scintilla: Dio pone nell’uomo un palpito della sua stessa vita, lo crea a propria immagine e somiglianza. In quel soffio divino sta l’origine della singolare dignità dell’essere umano, della sua inesauribile nostalgia di infinito. È a quell’attimo d’insondabile mistero, in cui la vita umana ha inizio sulla terra, che torna il pensiero quest’oggi contemplando il Figlio di Dio farsi figlio dell’uomo, il volto eterno di Dio brillare nel volto di un Bambino.


3. «Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente». Per la scintilla divina riposta in lui, l’uomo è un essere intelligente e libero, e perciò capace di decidere responsabilmente di sé e del proprio destino. Il grande affresco della Sistina continua con la scena del peccato originale: il serpente, arrotolato intorno all’albero, induce i progenitori a mangiarne il frutto proibito. Il genio dell’arte e l’intensità del simbolo biblico si sposano perfettamente per evocare il momento drammatico, che inaugura per l’umanità una storia di ribellione, di peccato e di dolore. Ma poteva Iddio dimenticare l’opera delle sue mani, il capolavoro della creazione? Conosciamo la risposta della fede: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4, 4-5). Risuonano con singolare eloquenza queste parole dell’apostolo Paolo, mentre contempliamo l’evento stupendo del Natale, nell’anno del Grande Giubileo. Nel Neonato deposto nella mangiatoia noi salutiamo il «nuovo Adamo» divenuto per noi «spirito datore di vita». L’intera storia del mondo è protesa verso di Lui, nato a Betlemme per ridare speranza ad ogni uomo sulla faccia della terra.


Particolare della cacciata dal paradiso terrestre, Michelangelo, Cappella Sistina, Vaticano

Particolare della cacciata dal paradiso terrestre, Michelangelo, Cappella Sistina, Vaticano

4. Dal presepe lo sguardo si allarga oggi all’intera umanità, destinataria della grazia del «secondo Adamo», ma pur sempre erede del peccato del «primo Adamo». E non è forse quel primo «no» a Dio, ribadito nel peccato di ogni uomo, che continua a sfigurare il volto dell’umanità? Bambini percossi, umiliati e abbandonati, donne violentate e sfruttate, giovani, adulti, anziani emarginati, interminabili teorie di esuli e di profughi, violenza e guerriglia in tanti angoli del pianeta. Penso con apprensione alla Terra Santa, dove la violenza continua ad insanguinare il faticoso cammino della pace. E che dire di vari Paesi – penso in questo momento in particolare all’Indonesia – dove nostri fratelli nella fede, persino in questo giorno di Natale, vivono ore drammatiche di dolore e di sofferenza? Non possiamo non ricordare quest’oggi che tenebre di morte minacciano la vita dell’uomo in ogni sua fase e specialmente ne insidiano il primo inizio ed il naturale tramonto. Si fa sempre più forte la tentazione di impadronirsi della morte procurandola in anticipo, quasi si fosse arbitri della vita propria o altrui. Siamo di fronte a sintomi allarmanti della «cultura della morte», che costituiscono una seria minaccia per il futuro.


5. Ma per quanto fitte appaiano le tenebre, più forte è la speranza del trionfo della Luce apparsa nella notte santa a Betlemme. C’è tanto bene che si compie nel silenzio da uomini e donne che vivono quotidianamente la loro fede, il loro lavoro, la loro dedizione alla famiglia e al bene della società. Incoraggiante è poi l’impegno di quanti, anche nell’ambito pubblico, operano perché siano rispettati i diritti umani di ciascuno e cresca la solidarietà tra popoli di culture diverse, perché sia condonato il debito dei Paesi più poveri, perché si giunga ad onorevoli accordi di pace tra nazioni coinvolte in rovinosi conflitti.


6. Ai popoli che in ogni parte del mondo si orientano con coraggio verso i valori della democrazia, della libertà, del rispetto e dell’accoglienza reciproca, ad ogni persona di buona volontà, a qualunque cultura appartenga, oggi si rivolge il gioioso annuncio di Natale: «Pace in terra agli uomini che Dio ama» (cfr. Lc 2, 14). All’umanità che s’affaccia sul nuovo millennio, Tu, Signore Gesù, nato per noi a Betlemme, chiedi il rispetto di ogni persona, soprattutto se piccola e debole; chiedi la rinuncia ad ogni forma di violenza, alle guerre, alle sopraffazioni, ad ogni attentato alla vita! Tu, o Cristo, che contempliamo oggi tra le braccia di Maria, sei il fondamento della nostra speranza! Ce lo ricorda l’apostolo Paolo: «Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove!» (2Cor 5, 17). In Te, solo in Te è offerta all’uomo la possibilità di essere una «creatura nuova». Grazie per questo tuo dono, Bambino Gesù!
Buon Natale a tutti!


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