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AFRICA
tratto dal n. 12 - 2000

L’OLOCAUSTO MISCONOSCIUTO. Il messaggio finale del Secam

Riconciliazione, perdono, pace



di Giovanni Cubeddu e Davide Malacaria


«Un parossismo di orrore che attraversa tutta l’Africa». Con questa frase i vescovi africani fotografano, con crudo realismo, l’attuale immane tragedia in cui si trova un continente da secoli tormentato da guerre, sfruttamento, fame, malattie. I vescovi hanno analizzato la situazione in cui versa il continente africano in occasione dell’ultima riunione plenaria delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar, che si è tenuta a Rocca di Papa, presso Roma, nell’ottobre del 2000. La relazione finale a conclusione dei lavori (dal titolo: Cristo nostra pace: la Chiesa-famiglia di Dio, luogo e sacramento di riconciliazione, di perdono e di pace in Africa), è, purtroppo, ancora di stretta attualità. In una breve sintesi ne riproponiamo alcuni passaggi.
Nel testo si analizzano i vari conflitti che insanguinano il continente, mettendo in evidenza la pratica delle «amputazioni di arti di cittadini innocenti e senza difesa – sovente a danno di bambini, anche in tenera età, o di persone malate – come anche l’uso di cavare gli occhi ai nemici reali o supposti» e ricorda come tali atti «gridano vendetta verso il cielo». A tali orrori non sono estranee le nazioni ricche che, in molti conflitti, appoggiano l’uno o l’altro dei belligeranti «al solo scopo di avere accesso alle materie prime». Di seguito si rileva anche la pratica dei «programmi di contraccezione, di sterilizzazione e di aborto che certe potenze mettono in opera contro le popolazioni povere, con il pretesto di aiuti sanitari e una pretesa “salute riproduttiva”. Il cinismo di tali programmi è tale che, sovente, le vittime ne ignorano le conseguenze». In altra parte i vescovi scrivono come anche in Africa, insieme alla “liberazione sessuale”, si sia introdotta la piaga della pedofilia, fenomeno nuovo per il continente e di importazione extrafricana.
Nel documento trova spazio anche l’amara, e insieme realistica, constatazione che la liberazione dagli antichi padroni coloniali occidentali non ha prodotto i risultati sperati. Infatti si legge: «Noi ci siamo battuti per l’indipendenza, nella speranza che questo ci avrebbe condotti nell’orbita dell’abbondanza. La verità è che oggi l’Africa della postindipendenza è più miserabile che quella dell’epoca coloniale». Una disillusione che viene rilevata anche nei riguardi del Sud Africa del postapartheid, dove la violenza politica causata dal razzismo è stata rimpiazzata da una diffusa violenza sociale che fa del Paese sudafricano «uno dei tre Paesi più violenti del continente».
Ma forse il capitolo più significativo è quello in cui vengono descritte le colpe delle nazioni ricche.
Anzitutto si constata come la tratta degli schiavi, «questo olocausto misconosciuto», finita come fenomeno eclatante, «si prolunga, disgraziatamente ancora oggi, in forme più sottili». Di seguito, si rivolge un appello ai Paesi ricchi perchè controllino «il loro commercio di armi con le nazioni africane». Per quanto riguarda la disastrosa situazione economica, i vescovi africani chiedono all’Organizzazione mondiale del commercio, «creata dalle nazioni ricche sotto la pressione delle multinazionali, di rivedere le leggi del commercio mondiale in favore delle nazioni povere, invece di contribuire all’arricchimento delle multinazionali e dei loro partner».
«Le nazioni ricche devono sapere che si rendono colpevoli di ingiustizia quando fissano arbitrariamente i prezzi delle materie prime africane ai tassi che vogliono, senza smettere, allo stesso tempo, di aumentare i prezzi delle loro esportazioni verso l’Africa […]. Esse dovranno rispondere di fronte al Signore del loro rifiuto di proporre dei prezzi stabili e equi per le nostre materie prime».
Il documento tratta anche il problema del debito dei Paesi poveri, e di come gli appelli della Santa Sede, dell’Oua e di altre istituzioni per l’annullamento dello stesso siano rimasti, a tutt’oggi, lettera morta. A tale proposito si ricorda una lettera del 1998, redatta dalle Conferenze episcopali dell’Africa occidentale anglofona, in cui si chiedeva l’annullamento dei debiti e la fine della vendita di armi in Africa, «lettera indirizzata alla Banca mondiale, al Fondo monetario internazionale, all’Unione europea, che non ha mai ricevuto alcun segnale di ricevimento da parte di questi tre organismi». Nella relazione i vescovi africani scrivono che esigere la regolare restituzione di questi debiti «non è né caritatevole, né realista, né giusto, ma piuttosto del tutto immorale». Nella stessa parte viene trattata la questione degli aiuti economici ai Paesi africani e si denuncia che, «per non dire di più», è «un pesante fardello» vincolare tali aiuti all’imposizione «di programmi di aggiustamento strutturali».
Tra le tante malversazioni subite dalle popolazioni del continente, c’è poi quella dei furti ad opera di personaggi politici africani corrotti e senza scrupoli: i soldi di questi personaggi sono ancora custoditi dalle banche di Paesi ricchi. Le «nazioni ricche devono riconoscere che tali somme sono state acquisite con il furto e che rifiutando di restituirle ai loro legittimi proprietari, esse si rendono ugualmente colpevoli di un crimine di furto».
«Infine noi affermiamo che senza il Signore non possiamo fare niente» conclude il documento dei vescovi africani, che affida il suo appello alla riconciliazione all’intercessione della beata Vergine Maria che «ha conosciuto la condizione di rifugiata nel continente africano dove ha accompagnato e cresciuto il bambino Gesù».


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