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ALBINO LUCIANI
tratto dal n. 11 - 2000

Il sorriso della carità


L’omelia del patriarca di Venezia, monsignor Albino Luciani, agli operai del Petrolchimico e della Chatillon di Porto Marghera, durante la messa celebrata nei locali della mensa mercoledì 22 dicembre 1971


Un’omelia inedita del 1971 sul Natale


L’omelia del patriarca di Venezia, monsignor Albino Luciani, agli operai 
del Petrolchimico e della Chatillon 
di Porto Marghera, durante la messa celebrata nei locali della mensa 
mercoledì 22 dicembre 1971

L’omelia del patriarca di Venezia, monsignor Albino Luciani, agli operai del Petrolchimico e della Chatillon di Porto Marghera, durante la messa celebrata nei locali della mensa mercoledì 22 dicembre 1971

...Vi ringrazio per gli auguri che mi avete fatto; li contraccambio con tutto il cuore a voi altri, alle vostre famiglie e al vostro lavoro. Mi piace celebrare il santo Natale con voi, anche perché abbiamo un coro che si fa onore e canta così bene.
Avete sentito: nel Vangelo si parla di Maria e del suo figliolo. I cristiani d’Oriente per il santo Natale insistono su questo motivo: Signore, sei venuto! Che bella cosa: quanto sei stato grande, Signore! Noialtri invece diciamo: sei venuto, come ti sei fatto piccolo, Signore! Ecco il presepio, ecco la stalla, ecco la pace! Padrone del mondo, ti sei degnato di farti così piccolo per noi altri, nostro fratello, uno di noi! È il motivo su cui noi oggi riflettiamo.
Ma andiamo più avanti e diciamo: ma perché, Signore, l’hai fatto? La risposta c’è nel Vangelo. Un giorno, parlando diceva: non sono venuto per i giusti, sono venuto per i peccatori.
Una volta i farisei, quelli che erano puntuali osservanti delle leggi, lo hanno rimproverato: perché vai sempre in mezzo ai peccatori? E lui ha risposto: i pubblicani e le meretrici nel Regno di Dio saranno prima e più avanti di voi!
E diceva: il mio sistema è questo: se ho cento persone, novantanove sono a posto, una sola mi scappa, si allontana, io lascio le novantanove e vado dietro a quella sola, e non ho pace finché non si lascia prendere, finché non torna a casa. E quando è tornata a casa facciamo festa, facciamo pace!
Ancora: io sono una specie di papà: ho due figlioli; uno mi è fedele e resta con me, l’altro prende le sue sostanze e va via, se le mangia, con donne, in bagordi, e si riduce in miseria… Alla fine non ne può più, torna a casa. Ve lo garantisco, io gli vado incontro, gli butto le braccia al collo: e anche lì si fa gran festa.
Basta scorrere le pagine del Vangelo: trattava tutti gli uomini così!
Ecco la donna adultera. Diceva: donna, nessuno ti ha condannato? Nessuno, Signore! Neanche io ti condanno: va in pace! Cerca soltanto di non farlo più! Il ladrone aveva rubato tutta la vita; ha rubato anche il Paradiso con un atto di dolore: ricordati di me, Signore! Risposta: ancora questa sera tu sarai con me in Paradiso.
Quindi, si è fatto uno di noi perché gli premeva soprattutto la nostra pace dell’anima. Ci sono tanti poveri in questo mondo. Ci sono di quelli che sono ancora più poveri, quelli non solo non hanno, ma hanno tanti debiti. Noi qui parliamo dei debiti con Dio! Avere tanti peccati sulla coscienza è una cosa grave, ancora più tragica dell’altra: ed è a questa libertà che Gesù è venuto a liberarci, a darci la tranquillità dell’anima.
Si è fatto piccolo, non solo per farsi nostro fratello, ma perché noi ci sentissimo più fratelli tra di noi… Essere fratelli è una parola chiave: io sono fratello non solo di questo o di quell’altro.
Venuto l’ultimo giorno, io mi rivolgerò a quelli che stanno a destra e dirò: benedetti dal Padre mio, venite…
…Quello che avete dato al più piccolo, l’avete dato a me. Avete ospitato me… Il colmo dell’amore del prossimo è che Gesù Cristo accetti anche di essere trovato sotto le spoglie del carcerato.
Un affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, a Padova: particolare della nascita di Maria

Un affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, a Padova: particolare della nascita di Maria

Avrete visto alla televisione, avrete letto sui giornali, in questi giorni, di quel povero figliolo che ormai chiamano “il mostro di Marsala”, che ha ucciso tre bambine… È in carcere, in Sicilia. Se io vado a trovarlo, non posso chiamarlo “il mostro”, devo trattarlo come si tratta Cristo, anche se è colpevole! Me, venite a trovare, tutte le volte che andate a trovare un carcerato! L’amore del prossimo, anche se non mi è simpatico questo prossimo, anche se ci fa del male, anche se è nostro avversario, arriva fino a questo. Non basta dire: io sono fratello di questo o di quell’altro… Anche quelli che sono a me spiacevoli, di tutti… qui sta la legge, l’essere cristiani, la fraternità.
Cerchiamo di passare il Natale in questo spirito di fraternità verso tutti!
Quando ero ragazzo ho letto una novella, che diceva: è morto un generale coreano! Era abbastanza buono. Gli hanno detto: in Paradiso! Ah, dice, se è così… Però, dice, vorrei cavarmi una curiosità: prima di andare in Paradiso, una volta sola, vederlo solo, anche l’inferno! E va a vedere come è fatto questo inferno. Accontentato, si è spalancata una porta e si è trovata una sala molto più lunga di questa: una sala lunga, lunga, lunga. E lì che cosa ha visto? Tavole, tavole senza fine, messe una di fronte all’altra, e ciascuna aveva una scodella di riso fumante… quelli che mangiavano avevano una fame da lupi, però niente forchetta, cucchiaio: avevano dei bastoncini, ma lunghi, lunghi, lunghi. La fame c’era, il riso c’era, appetitoso e fumante, i bastoncini c’erano ma troppo lunghi e non arrivavano mai alla bocca… e quindi fame e disperazione! Ho capito, ha detto il generale, adesso andiamo in Paradiso. Aperta la porta, toh, era lo stesso; stessa sala, stessi tavoli, messi l’uno di fronte all’altro, pieni di convitati, con buon appetito, col riso davanti. Ma questi mangiavano! Sapete però come facevano? Avendo i bastoni lunghi, uno prendeva il riso e invece però che portarlo alla propria bocca, uno imboccava l’altro e l’altro imboccava il primo! E mangiavano, ed erano sazi… ed era Paradiso!
Avete visto la differenza! Basterebbe, alle volte, invece che pensare unicamente a sé, pensare anche agli altri, perdere un po’ del nostro egoismo. Quello che sembra inferno, quello che sembra tormento potrebbe convertirsi non in Paradiso, ma in una specie di Paradiso! I nostri vicini, il nostro amico, quel povero, mia nonna! Alle volte noi pensiamo alla carità verso quelli che sono distanti: la carità comincia da quelli che sono vicini… Diceva quella signora: sono venti anni che siamo sposati. Quando eravamo fidanzati, tutte le volte che facevi un viaggio, sempre un regalino, un qualche presente, qualche cosa. Adesso che siamo sposati, tu fai i viaggi, ma non vedo mai niente, mai un regalino: non si fa così! Si è sensibili a queste piccole cose!
Se noi abbiamo questa cura di pensare agli altri, magari in cose piccole… Il tuo bambino è venuto a casa, ti ha portato la pagella con sei 8: bei voti. Fagli un complimento. Ditegli: sono contento… lavoro volentieri… quando si hanno dei bambini che si fanno onore è più bello anche il lavoro. Ma ditegli qualche cosa, perché quando si è piccoli si ha bisogno di lode, di incoraggiamento, di carezze… Non pensiamo solo a far la carità a quelli del terzo mondo: prima a quelli che sono vicini, che sono emarginati. Il Natale dovrebbe proprio risvegliarci a questo amore, amore di cose piccole, magari a quelli che sono vicini a noi. E quella che sembra una vita dura alle volte può diventare una vita molto più lieta, se è rallegrata dal sorriso della carità cristiana e dall’amore sincero.
E adesso riprendiamo la nostra messa rinnovando di cuore a tutti: buon Natale a voi e alle vostre famiglie.

Registrazione e trascrizione
di padre Michele Maria Rampo
(Basilica del Santo, Padova),
allora cappellano del lavoro
a Porto Marghera (Ve)


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