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LUCA RIPOSA A PADOVA
tratto dal n. 10 - 2000

Quelle reliquie sono un libro aperto


Analizzando le ossa, la cassa di piombo e il materiale ritrovato in essa, è stato possibile ricostruire la storia delle spoglie attribuite all’Evangelista. Intervista con Vito Terribile Wiel Marin


Intervista con Vito Terribile Wiel Marin di Eugenio Andreatta


Professore ordinario di Anatomia patologica e direttore dell’Istituto di Storia della medicina dell’Università di Padova, Vito Terribile Wiel Marin è presidente della commissione scientifica che ha effettuato la ricognizione delle reliquie di san Luca evangelista e del materiale rinvenuto assieme alle ossa nella bara di piombo custodita a Padova, nell’abbazia di Santa Giustina. Due anni fa fornì in esclusiva a 30Giorni una sintesi esauriente dei primi risultati. Poi per mesi e mesi la commissione, composta da più di venti esperti, ha lavorato in silenzio. Un silenzio durato fino al congresso del 16 ottobre scorso.

Le reliquie di Luca sono state esposte alla venerazione dei fedeli, per tutta la durata del congresso, nella abbazia di Santa Giustina a Padova

Le reliquie di Luca sono state esposte alla venerazione dei fedeli, per tutta la durata del congresso, nella abbazia di Santa Giustina a Padova

Professore, quali sono le principali novità a due anni di distanza?
VITO TERRIBILE WIEL MARIN: Anzitutto la datazione dello scheletro, ottenuta con il metodo del radiocarbonio. Sulla base dei dati acquisiti nei due laboratori di Tucson e Oxford e considerando entrambi i risultati e le relative precisioni, si deduce che lo scheletro studiato appartiene a una persona morta tra il primo e il quinto secolo con un massimo di probabilità nell’intervallo tra il 130 e il 400 d.C.
La tradizione dice che l’evangelista Luca sarebbe morto nei primi decenni del secondo secolo…
TERRIBILE WIEL MARIN: Seppure questa non corrisponda al campo di più alta probabilità comune a entrambi i laboratori ma solo a quello indicato dal laboratorio di Tucson, non per questo tale afferenza è da ritenersi improbabile. Pertanto le età misurate, considerate nel loro insieme e sulla base degli errori sperimentali, non permettono di confutare la tradizione corrente.
È vero che nel tesoro della Basilica di San Pietro a Roma esiste un reliquiario contenente un cranio attribuito a san Luca evangelista?
TERRIBILE WIEL MARIN: È vero. Recentemente i professori Antonia Capitanio e Gianmario Molin sono stati a Roma e, con il permesso del cardinal Noè, arciprete della patriarcale Basilica vaticana, hanno potuto esaminare il cranio, che era contenuto dentro uno splendido reliquiario dorato raffigurante a mezzo busto san Luca, e hanno anche ottenuto un frammento per fare eseguire a Tucson la determinazione del radiocarbonio. Il C14 è stato largamente incompatibile con san Luca evangelista, in quanto ha fatto registrare una datazione dal 420 al 540 d.C. Questa è stata una prova “ad abundantiam”, perché era sufficiente l’articolazione perfetta del cranio di Praga con la prima vertebra cervicale dello scheletro di Padova ai fini di garantire con la sua specificità che l’unico vero cranio di san Luca evangelista era, appunto, quello di Praga.
Sulla provenienza geografica delle ossa custodite a Santa Giustina le ricerche hanno detto qualcosa?
TERRIBILE WIEL MARIN: Il professor Barbujani, genetista di Ferrara, ne ha ricavato il Dna. Premesso che il Dna non indica di per se stesso l’appartenenza razziale, applicando il criterio statistico del rischio relativo, la probabilità che san Luca sia siriano, come dice la tradizione, è 2,87 volte superiore a quella che sia greco, quindi in modo statisticamente significativo. Mentre rispetto all’ipotesi turca la probabilità scende ad 1,5: superiore, ma non statisticamente significativa.
C’è da aspettarsi qualcosa di nuovo in merito?
TERRIBILE WIEL MARIN: Avevamo detto durante il congresso che san Luca presenta una sinostosi, cioè un’unione tra la prima e la seconda costola sinistra e la sacralizzazione della prima vertebra coccigea. Un collega mi ha dato notizia subito dopo che si tratta di malformazioni che raggiungono il massimo di frequenza in Medio Oriente.
A proposito di difetti fisici, è vero che san Luca aveva problemi di masticazione?
TERRIBILE WIEL MARIN: L’odontostomatologo professor Antonio Beltrame, dall’esame dei pochi denti rimasti, in base alla gravissima e peculiare usura delle loro corone, ha dimostrato che san Luca evangelista era affetto da bruxismo, cioè dal digrignamento ritmico e spasmodico dei denti durante il sonno.
Torniamo alla ricognizione. Nella bara è stata trovata una grande quantità di materiale…
TERRIBILE WIEL MARIN: Tutto passato rigorosamente al vaglio della commissione. Ad esempio le 34 monete, la più antica delle quali è stata coniata nel 299 d.C. a Pavia. Si pensa, vista la diffusione di queste monete, che possa essere stata introdotta quando il corpo del santo era già a Padova. Poi vasi di terracotta e vetro con pergamene, inseriti nelle ricognizioni del quindicesimo e sedicesimo secolo. Inoltre un’epigrafe attestante in latino e greco che le ossa appartengono a san Luca.
Un oggetto particolarmente “aggredito” dagli studiosi.
TERRIBILE WIEL MARIN: Forse è il primo esempio di collaborazione approfondita tra epigrafisti, cioè studiosi di iscrizioni, e cristallografi, geologi e chimici. Lo studio interdisciplinare ha potuto constatare che siamo in presenza di una copia di un’epigrafe di età imperiale. Una copia piuttosto fedele – considerate varie sfumature studiate dall’epigrafista professor Ghinatti – e che nel Cinquecento sarebbe stato impossibile creare ex novo. È perciò ragionevole pensare che siamo in presenza di una specie di fotocopia di un oggetto che accompagnò la bara fin dall’inizio.
L’epigrafe 
rinvenuta nell’arca 
di Santa Giustina. 
La scritta, 
in latino e in greco, recita: «Ossa di Luca evangelista». 
Le caratteristiche formali 
della scrittura nonché la terminologia usata attestano che si tratta di copia 
di un originale antico, forse di epoca imperiale 
e certamente antecedente 
al VI secolo, 
redatto in Occidente

L’epigrafe rinvenuta nell’arca di Santa Giustina. La scritta, in latino e in greco, recita: «Ossa di Luca evangelista». Le caratteristiche formali della scrittura nonché la terminologia usata attestano che si tratta di copia di un originale antico, forse di epoca imperiale e certamente antecedente al VI secolo, redatto in Occidente

Una delle comunicazioni più interessanti del congresso riguardava i pollini ritrovati nella bara. Ne può accennare?
TERRIBILE WIEL MARIN: Fin dall’inizio abbiamo dato molta importanza allo studio dei pollini che si sarebbero potuti trovare sia sullo scheletro sia sul fondo della bara. Il professor Paganelli ha riscontrato, oltre ovviamente a pollini di piante locali della pianura padana, alcune specie che sono tipiche solo dell’area mediorientale. Pollini di mirto, ad esempio, che non solo appartengono a una pianta estranea alla flora dell’Italia del nord, ma che non possono venire trasportati da insetti o uccelli. Appare verosimile perciò che all’atto della sepoltura dei rami di mirto furono posti intorno al corpo. Si tratterebbe di un fatto pienamente compatibile con le usanze funerarie orientali dei primi secoli.
Quando si può pensare che sia stato portato a Padova il corpo di san Luca?
TERRIBILE WIEL MARIN: Una volta si supponeva nel periodo iconoclastico, cioè nell’ottavo-nono secolo. Ma la presenza di ben 24 serpenti tipici dell’Italia del nord, penetrati nella cassa per svernare e morti tutti assieme per un’alluvione, datati col radiocarbonio tra il quinto e il sesto secolo, fa capire che in quel periodo la cassa era già a Padova. Il professor Bellinati ha ipotizzato, sulla base di questi ed altri elementi, che la traslazione della cassa a Padova sia avvenuta intorno al 360, durante le persecuzioni di Giuliano l’Apostata, l’imperatore che si era proposto di distruggere tutte le tombe dei santi.
Abbiamo più volte accennato alla bara di piombo, manufatto imponente e pesante (quasi tre quintali), al centro di vivaci discussioni durante il congresso. Può riassumere i pareri in merito?
TERRIBILE WIEL MARIN: Distinguerei tre posizioni. Una, la più condivisa all’interno della commissione, ad esempio dai professori Capitanio, Molin e anche da me personalmente, è quella di chi afferma che il corpo sia stato in quella bara fin dall’inizio. E non tanto per la corrispondenza quasi al centimetro delle dimensioni con il sarcofago di Tebe, ma per il rinvenimento di cerussite, cioè carbonato di piombo, sul bacino di san Luca. La cerussite si forma in ambiente basico, quale ad esempio si determina durante la putrefazione di un cadavere. In questi crostoni di cerussite sono state trovate infatti anche delle pupe carnarie, insetti cioè che contribuiscono alla distruzione del cadavere stesso. Inoltre pare difficile pensare che una bara di due metri, pesante trecento chili, venga usata per un mucchietto di ossa e non per un corpo intero. Infine nella bara sono state trovate quasi tutte le ossa, compresi gli ossicini delle mani e dei piedi e le cartilagini laringee, segno di conservazione nella stessa bara fin dalla sepoltura.
Il direttore del Museo archeologico di Padova aveva un’altra ipotesi di spiegazione.
TERRIBILE WIEL MARIN: Basandosi sulla sua esperienza e sullo studio della letteratura archeologica, il dottor Zampieri è giunto a concludere che la bara non può essere anteriore al IV secolo. Se il corpo fu presente nella bara di piombo fin dal primo momento, quindi, non potrebbe essere quello di san Luca. A meno di ammettere una prima sepoltura in una cassa, per esempio di legno, e un passaggio posteriore, magari nel IV secolo, in quella di piombo. Personalmente ritengo che sarebbe utile esaminare un numero maggiore di bare di piombo per avere la certezza statistica sull’assenza di simili manufatti prima del IV secolo.
La terza ipotesi?
TERRIBILE WIEL MARIN: È quella formulata dai professori Giulini, Sala e Vlcek. Per i quali, grazie al clima caldo e asciutto della Bitinia o della Beozia, in cui san Luca sarebbe morto, si sarebbe potuta verificare una mummificazione naturale, un fenomeno simile a quello delle catacombe dei cappuccini a Palermo. Una volta portato a Padova, in seguito al clima umido e all’infiltrazione – da noi puntualmente verificata – di acqua nella bara, il corpo sarebbe andato incontro a tardiva putrefazione con relativa formazione di cerussite. Sono comunque necessarie ulteriori verifiche.
Il lavoro della commissione quindi non è finito?
TERRIBILE WIEL MARIN: Su questo vorrei essere molto chiaro. Io credo che una prosecuzione della ricerca scientifica sia necessaria e che possa offrire ulteriori dati. Ma sono almeno altrettanto certo che, se considerate globalmente, le tessere di questo straordinario mosaico intorno al quale lavoriamo da oltre due anni forniscono un quadro chiarissimo. Gli elementi a favore dell’attribuzione all’Evangelista sono talmente prevalenti ed importanti da poter affermare già oggi, da un punto di vista scientifico, che con ogni probabilità – perché nella scienza non esiste mai certezza – si tratta di san Luca. Sesso, età, probabilità di appartenenza geografica, determinazione dell’epoca della morte con il C14, presenza di pollini orientali lo stanno a confermare.


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