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LUCA RIPOSA A PADOVA
tratto dal n. 10 - 2000

La memoria del «caro medico» a Roma


Così Paolo chiama Luca nella lettera ai Colossesi. Proprio l’Evangelista, alla fine degli Atti degli apostoli, narra quando insieme arrivarono nella capitale dell’Impero. Intervista con Fabrizio Bisconti, membro del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana


Intervista con Fabrizio Bisconti di Giovanni Ricciardi


San Luca, 
qui in un affresco 
della seconda metà del VII secolo 
nella catacomba 
di Commodilla 
a Roma

San Luca, qui in un affresco della seconda metà del VII secolo nella catacomba di Commodilla a Roma

Fabrizio Bisconti, membro del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana, è anche il segretario della Pontificia Commissione di Archeologia sacra, l’organismo preposto alla conservazione delle duecento catacombe cristiane sparse sul territorio italiano, di cui 120 nel Lazio e 60 solo a Roma. Si occupa in particolar modo di iconografia paleocristiana. Il professor Bisconti è intervenuto il 20 ottobre al convegno di Padova sul tema: «San Luca e il messaggio evangelico delle catacombe». A lui abbiamo rivolto alcune domande in proposito.

C’è traccia nelle catacombe romane di una devozione particolare a san Luca evangelista?
FABRIZIO BISCONTI: Sì, e precisamente nella catacomba di Commodilla, situata sulla via Ostiense.
Questa catacomba si sviluppò in seguito alla sepoltura in loco di due martiri, Felice e Adaucto, morti nella persecuzione di Diocleziano agli inizi del IV secolo. Felice era probabilmente un presbitero, Adaucto un cristiano di cui non si conosceva forse il nome. La pietà popolare gli aveva perciò attribuito l’appellativo di Adauctus, “aggiunto”, a significare, come narra la Passio a loro dedicata, che si era aggiunto a Felice per accompagnarsi a lui nel martirio. Attorno alle sepolture dei due martiri, pian piano nacque il cimitero cristiano che prende il nome dalla proprietaria, Commodilla, colei che aveva offerto alla comunità cristiana il terreno per l’escavazione del cimitero.
Col tempo nel luogo sorge una piccola basilica ipogea e si sviluppa un culto importante, che prosegue anche nell’alto Medioevo. Esso viene inserito negli itineraria che i pellegrini, provenienti prima dall’Italia, poi da tutta Europa, percorrevano a Roma e nel suburbio romano visitando, oltre alle tombe degli apostoli, anche i sepolcri dei martiri. La stagione più fortunata di questi pellegrinaggi si situa tra VI e VII secolo, un’epoca in cui le catacombe non sono più, se non eccezionalmente, luoghi di sepoltura, ma sono ormai trasformate in veri e propri luoghi di culto. Le sepolture dei martiri vengono allora isolate dalle altre e inserite in percorsi obbligati che i pellegrini facevano per giungere più facilmente e direttamente ai sepolcri da venerare. I sepolcri in quest’epoca furono spesso arricchiti con affreschi che rappresentano i martiri venerati, ma anche altri soggetti di devozione. Questo avviene anche nella Basilica di Commodilla. Vi si trova ad esempio una celebre pittura, eseguita tra VI e VII secolo, e nota come la “Vergine Regina Turtura”, un’icona della Madonna rappresentata insieme ai martiri Felice e Adaucto e alla vedova Turtura, una donna che vi fu sepolta dal figlio.
Tra questi affreschi, oltre a quello della traditio clavium con santo Stefano protomartire, ce n’è anche uno, di particolare bellezza, che rappresenta san Luca, situato proprio vicino alle tombe dei martiri. Si tratta di un’immagine devozionale, indizio di una venerazione che a Roma era certamente preesistente. Trattandosi di una pittura di alta qualità, dobbiamo immaginare una committenza importante, un alto presbitero o addirittura un pontefice, come Giovanni I che, stando alla notizia del Liber Pontificalis, fece eseguire lavori nella Basilica di Commodilla. Si tratta inoltre di una pittura che reca, alla base del dipinto, una datazione precisa, menzionando l’imperatore bizantino Costantino IV Pogonato, che regnò dal 668 al 685.
È questa la più antica immagine di san Luca?
BISCONTI: È la più antica immagine certa di san Luca. Che si tratti di Luca lo si evince dalla didascalia che ne riporta il nome, dal rotolo della Scrittura che lo identifica come evangelista, dalla borsa degli arnesi che richiama la sua attività di medico, già attestata negli scritti neotestamentari.
Esiste per la verità anche un sarcofago del IV secolo, trovato a Spoleto, ma di manifattura sicuramente romana, oggi conservato ai Musei Vaticani, che rappresenta una nave, figura della Chiesa, con Cristo al timone e i quattro evangelisti che fungono da rematori. Ma naturalmente in questa rappresentazione, in cui le figure sono anonime, Luca non ha ancora una precisa connotazione.
Mosaico raffigurante 
la testa di san Luca, ora in mostra 
a Padova, proveniente 
da Roma 
e conservato 
nella Pinacoteca Vaticana. 
Fu probabilmente eseguito, 
nella prima metà del XIII secolo, 
per la Basilica 
di San Pietro 
o per il portico annesso

Mosaico raffigurante la testa di san Luca, ora in mostra a Padova, proveniente da Roma e conservato nella Pinacoteca Vaticana. Fu probabilmente eseguito, nella prima metà del XIII secolo, per la Basilica di San Pietro o per il portico annesso

Per quanto riguarda una terza immagine, un affresco del IV secolo situato nelle catacombe di Marco e Marcelliano, che rappresenta Cristo attorniato da quattro personaggi anonimi, non è certo che si tratti degli evangelisti, come ipotizzava il Wilpert agli inizi del secolo. Potrebbe trattarsi anche degli apostoli. Spesso infatti nelle catacombe il collegio apostolico è rappresentato, per motivi di spazio, in forma di imago brevis, cioè in numero ridotto, di sei o quattro figure.
Per quale motivo si sviluppa questo culto a Roma?
BISCONTI: È certamente un culto che si innesta su una presenza storica. Luca fu a Roma insieme a Paolo, secondo quanto si ricava dagli Atti e dalle Lettere dell’Apostolo, ed è ipotizzabile che la venerazione per l’Evangelista risalga ad epoca apostolica. Ma il fatto che nell’immagine di Commodilla sia posta in evidenza la borsa con gli arnesi del medico può far pensare che la devozione a Luca fosse collegata all’aspetto taumaturgico che a Roma aveva anche il culto dei santi medici orientali, Cosma e Damiano, nella Basilica a loro dedicata da papa Felice nel 526. Nella devozione popolare, specie a Roma, ci si rivolgeva ai santi medici, e quindi forse anche a Luca, per ottenere grazie di guarigione.
È un’immagine significativa anche dal punto di vista iconografico?
BISCONTI: Alcuni caratteri della pittura, come lo sguardo fisso, i grandi occhi così suggestivi, il modo di proporre la figura in primo piano, l’alienazione degli sfondi, il nimbo in oro che circonda il capo, ne fanno una vera e propria icona bizantina, un tipo di pittura che a Roma non è molto rappresentato, se si eccettua il complesso di Santa Maria Antiqua e pochi altri esempi.
Ma l’immagine, al di là dei caratteri bizantini, presenta anche alcuni elementi propri della pittura romana: il sandalo, la tunica clavata, il pallio, il modo di portare il rotolo per simboleggiare la sapienza, tipico dei nobili togati romani. È insomma una pittura in bilico tra la ritrattistica ideale bizantina e una fattura iconografica tipicamente romana. Ma è un’immagine che dice qualcosa anche della storia del culto e dei pellegrinaggi romani.
Per quale motivo?
BISCONTI: L’icona attirava l’attenzione dei pellegrini, che recandosi a venerare le tombe dei martiri Felice ed Adaucto, si fermavano certamente anche davanti all’immagine di Luca. Hanno lasciato infatti molti graffiti onomastici, che riportano cioè il loro nome. Questi graffiti, databili all’VIII e IX secolo ma anche oltre, cioè anche dopo il trasferimento delle spoglie dei martiri dalle catacombe alle chiese entro le mura della città, attestano una venerazione duratura e significativa per questa immagine. Vi sono state trovate addirittura scritture runiche, rarissime in Italia. Si tratta di grafie corsive usate dalle popolazioni germaniche che ci fanno intravedere uno scenario di pellegrinaggi estremamente aperto e ampio. Dopo aver venerato le tombe sante degli apostoli, i pellegrini veneravano anche l’immagine di Luca. E benché quest’icona non abbia riscontri altrove, si può ben vedere che a Roma tra gli evangelisti, Luca era uno dei più amati, segno di un culto già nato precedentemente, frutto di una committenza alta, probabilmente pontificia, ma che trovò una certa fortuna nella devozione popolare.


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