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VATICANO
tratto dal n. 10 - 2000

La cattedra lignea di san Pietro


La tarda antichità e l’alto Medioevo ci hanno lasciato questo documento di grande valore artistico e storico, che ha assunto col tempo anche valore di reliquia


di Dario Rezza


Nello splendido monumento berniniano della Cattedra collocata nell’abside della Basilica vaticana, il 17 gennaio 1666, per desiderio di papa Alessandro VII, è stato racchiuso un cimelio che per secoli era stato oggetto di venerazione da parte di fedeli e pellegrini che accorrevano a Roma: la cattedra lignea di san Pietro, che però, così sottratta agli occhi dei devoti, ha perso la sua popolarità e il suo culto. Si tratta di un cimelio storico, trattato in passato come una reliquia, servito quale sedia papale per uso liturgico, simbolo anche dell’autorità del papa e della sua legittimità di pontefice. La festa della Cattedra di san Pietro il 22 febbraio, in uso a Roma già nel 336, anche se la sua origine e celebrazione non hanno alcun riferimento alla cattedra materiale, esprimeva infatti, ed esprime tuttora, la potestà di Pietro, radicata in Roma e lasciata ai suoi successori: la sede di Pietro è riferimento di unità per tutta la Chiesa, secondo la bella iscrizione classica che il papa san Damaso dettò per il fonte battesimale del Vaticano: Una Petri sedes, unum verumque lavacrum.
La cattedra lignea 
di san Pietro, conservata all’interno della custodia berniniana nella Basilica 
di San Pietro. Nelle foto piccole, due delle dodici formelle 
in avorio che ornano 
la fronte del sedile 
e che rappresentano 
le fatiche di Ercole (in alto), 
esseri mostruosi fantastici 
e uno scorpione (a destra)

La cattedra lignea di san Pietro, conservata all’interno della custodia berniniana nella Basilica di San Pietro. Nelle foto piccole, due delle dodici formelle in avorio che ornano la fronte del sedile e che rappresentano le fatiche di Ercole (in alto), esseri mostruosi fantastici e uno scorpione (a destra)

Di una sella pontificale oppure di un trono, cioè di un seggio su cui materialmente sedeva il papa nelle funzioni liturgiche, si parla fin dall’antichità con diverse espressioni; famosa quella di Ennodio di Pavia (†521): sella gestatoria apostolicae confessionis. Solo alla fine del secolo VI però viene attestata una devozione nei riguardi di tale cattedra materiale, ritenuta quella usata da san Pietro. Nulla però fa supporre che fosse la cattedra lignea che viene conservata nella Basilica vaticana, tanto più che per l’uso liturgico la sedia papale, trasportata per esempio nelle processioni stazionali, doveva essere un piccolo seggio mobile: solo quando i papi si insedieranno nel palazzo del Laterano si comincerà a parlare di un trono, legato all’insediamento del nuovo pontefice e garanzia della sua legittimità.
Notizie invece che riguardano la sedia lignea esistente in Vaticano risalgono all’incoronazione imperiale di Carlo il Calvo, avvenuta il 25 dicembre 875 per mano del papa Giovanni VIII. L’imperatore si era probabilmente portato dietro per la solenne cerimonia uno splendido trono imperiale, che lo rappresentava in effigie, e ne fece verosimilmente dono al Papa, insieme con altri oggetti di valore che furono offerti in onore di san Pietro, come attestano fonti franche, cioè gli Annali Bertiniani e Vedastini. Dal secolo X viene attestata l’usanza, dopo l’elezione del papa e la sua consacrazione, di una sua intronizzazione che avveniva nella Basilica vaticana, usanza che per alcuni secoli seguenti diventerà un atto costitutivo della procedura per l’elezione del papa. Nel 1037 alla parola intronizzare viene aggiunta, in una bolla papale, quella di incattedrare: un’endiadi rafforzativa o una cerimonia di natura diversa e che dice riferimento alla cattedra lignea? Difficile pronunciarsi anche perché gli avvenimenti drammatici del papato e di Roma nel secolo XI impedirono lo svolgimento in San Pietro del rito liturgico dell’insediamento del pontefice. Sarà un canonico di San Pietro, di nome Benedetto, il primo a lasciarci, nel 1140, descrivendo le cerimonie liturgiche che si svolgevano nella Basilica, uno speciale riferimento alla cattedra lignea, adoperata in occasione della festa della Cattedra del 22 febbraio per l’incensazione all’altare sopra la tomba dell’apostolo: afferma che il papa deve sedere in cattedra durante la messa, un seggio diverso quindi dalla sede marmorea che si trovava nell’abside. Questo uso che si faceva di una cattedra mobile lignea sulla tomba dell’apostolo, ben attestato nel secolo seguente, fu certamente l’inizio della sua esaltazione e probabilmente della sua identificazione, attraverso un lento processo di attribuzione, con il seggio usato da san Pietro: dal 1237 la sedia lignea verrà chiamata espressamente Cattedra di san Pietro.
Durante il secolo XIII la cattedra perderà d’importanza, perché le elezioni papali avvenivano spesso fuori Roma, ma ormai il culto si era affermato: in un documento del 1350 si parla della consuetudine, riguardante i canonici di San Pietro, di accendere in diverse occasioni delle candele dinanzi alla cattedra e di distribuirle poi al clero e al popolo. La cattedra veniva portata anche in processione all’interno della Basilica: per tale uso fu allora costruito un rivestimento ligneo che ricopriva quasi interamente l’antico trono. Pur non raggiungendo mai la celebrità della reliquia della Veronica, la cattedra divenne oggetto di venerazione popolare: non più quindi soltanto simbolo del papato, ma preziosa reliquia in se stessa. E si diffuse l’uso di cinture di stoffa (brandea o mensure) che venivano fatte accostare alla cattedra, come già si faceva nell’alto Medioevo per la tomba della confessione, per poi applicarle a parti doloranti del corpo e ottenerne guarigione. Quando poi nel 1543 il riformatore ginevrino Giovanni Calvino negò il valore della cattedra, nell’intento di affermare che l’unico potere nella Chiesa era quello del ministero della Parola senza alcuna potestà ecclesiastica costituita, tale negazione portò paradossalmente maggior prestigio alla cattedra perché si tornò ad associare più fortemente la reliquia al suo valore simbolico di potestà papale.
Nel 1574 la cattedra fu rimossa dalla vecchia Basilica, ma non trovò subito un’adeguata sistemazione nella nuova San Pietro e finì in una cappella laterale, chiusa in un ampio armadio a porta. Ma il culto popolare non diminuì, favorito anche da uno speciale cerimoniale stabilito dai canonici vaticani: soprattutto nelle feste solenni della Cattedra, il 18 gennaio e il 22 febbraio, veniva estratta di buon mattino dal suo ripostiglio e collocata su una predella davanti al coro e poi portata solennemente in processione all’altare maggiore su un palco, dove i fedeli potevano accostarsi per far toccare le mensure e altri oggetti alla reliquia, affinché si impregnassero della sua virtù taumaturgica. Nel 1630 Urbano VIII pose il problema della sistemazione definitiva della cattedra nella nuova Basilica e incaricò Gian Lorenzo Bernini di approntare una custodia confacente. Fu però Alessandro VII a stabilire che fosse collocata definitivamente nell’abside tra i monumenti funerari di Paolo III e Urbano VIII: lì il Bernini progettò e fece realizzare il monumento reliquiario, che esaltava la Cathedra Petri, simbolo dei poteri papali, riconosciuti dai suoi massimi dottori dell’Oriente e dell’Occidente cristiani. La cattedra lignea scomparve così nel grande monumento berniniano e perse il suo fascino popolare di antica reliquia per cedere il posto alla sua esaltazione simbolica. Ci fu un improvviso e imprevisto crollo del culto: si continuò ad estrarla nelle solennità omonime, ma l’impresa non era né facile né agevole. Fu anche proposto di apportare modifiche al monumento berniniano, ma non se ne fece nulla, finché nel 1681 si decise di non esporla più. Un’ostensione straordinaria fu quella del 1705, quando Clemente XI ne fece eseguire, sotto la direzione dell’architetto Carlo Fontana, una riproduzione fedele, oggi visibile nel Museo storico artistico del Capitolo vaticano. Altra estrazione della cattedra dalla custodia bronzea è avvenuta alla fine del XVIII secolo per iniziativa di Pio VI.
Un particolare della monumentale custodia realizzata da Gian Lorenzo Bernini nell’abside della Basilica di 
San Pietro per custodire la cattedra lignea

Un particolare della monumentale custodia realizzata da Gian Lorenzo Bernini nell’abside della Basilica di San Pietro per custodire la cattedra lignea

L’ultima esposizione della cattedra vaticana è avvenuta nel 1867, dal 28 giugno al 9 luglio, in occasione delle feste centenarie di san Pietro, volute da Pio IX: essa fu traslata dal monumento berniniano sull’altare della Madonna gregoriana e richiamò un flusso notevole di fedeli. Ma al di là di un certo interesse culturale oltre che devozionale, nulla si poté approfondire dal punto di vista archeologico nei riguardi della reliquia petrina. Solo un secolo dopo, nel 1968, la richiesta degli studiosi di procedere ad esami più approfonditi in considerazione dell’alto valore storico e artistico dell’oggetto, fu accolta da Paolo VI. Estratta nuovamente dal monumento berniniano il 26 novembre e portata nel locale attiguo alla sacrestia dei canonici, il 30 dicembre si poté procedere ad un esame strutturale delle parti lignee, distinguendo la sedia interna, di acacia nerastra, da quella esterna di sostegno e protezione, di quercia giallastra, e da essa facilmente sfilabile. Inoltre si poterono constatare i danni arrecati dall’usura del tempo e le varie riparazioni apprestate nei secoli, sia prima che dopo l’ingabbiatura della cattedra nel rivestimento ligneo di quercia. E furono anche rilevate le misure esatte: larghezza di cm 85,50 sia della faccia anteriore che posteriore e cm 65 di quelle laterali, l’altezza di cm 75,60 dei montanti anteriori e di cm 107,50 di quelli posteriori, ai quali si aggiunge il timpano alto cm 29,50.
Furono anche effettuati in seguito due tipi di analisi per una probabile datazione: la prima di carattere dendrocronologico, l’altra con il metodo del carbonio 14. Nel primo caso, limitatamente a una tavoletta facente parte del timpano e presupponendo che fosse stata lavorata quercia caducifoglia, verosimilmente rovere o farnia, ancora fresca, si giunse a fissare l’età del reperto tra l’870 e l’880 d.C.; mentre dal secondo tipo di analisi, alcuni tipi di legni (quelli di sostegno delle formelle, di cui una fu provvisoriamente distaccata il 30 ottobre 1969 per procedere a tale analisi) sono risultati di alcuni secoli più antichi e quelli ritenuti invece propri della struttura originaria della sedia di un’età più tarda rispetto a quella del supposto trono carolingio. L’intervallo di tempo indicato dalle diverse datazioni è risultato comunque troppo ampio per procedere ad una corretta e concorde indicazione cronologica.
La decorazione in avorio che abbellisce la cattedra è costituita da fregi, che ornano i montanti, le traverse e lo schienale, e da dodici formelle. Queste ultime, lavorate con differente tecnica e sensibilità rispetto ai fregi, sono da considerarsi un’aggiunta posteriore. I fregi delle traverse e dei montanti, in campo traforato e racchiusi da fasce o strette cornici lisce, sono costituiti da figurazioni di esseri mostruosi semiumani e semibestiali che combattono tra loro. I fregi della traversa orizzontale del timpano invece mostrano nella parte centrale il busto di un sovrano con corona regale, che nella mano sinistra tiene un globo e nella destra un piccolo scettro. Non c’è dubbio, anche per un raffronto con analoghe rappresentazioni, che si tratti del re Carlo il Calvo, contornato da due angeli alati in tunica lunga fino ai piedi, che recano ciascuno nelle mani una corona simile a quella che porta il sovrano. Questo gruppo centrale è contornato da scene di combattimenti e da simboli cosmici. La decorazione in girali di acanto è di tradizione classica mentre la rappresentazione di animali ed esseri fantastici è tipica dell’epoca carolingia: gli artisti (più di uno, data la diversità delle tecniche dell’esecuzione), appartenenti tutti probabilmente alla scuola di Metz, città dove Carlo il Calvo ricevette la corona di Lorena, hanno comunque realizzato i fregi ripensandoli concettualmente e stilisticamente con spirito lontano da quello classico.
Le dodici formelle in avorio, che decorano la fronte del sedile, applicate su una tavoletta di legno di quercia di cm 68 per 38, non sono tutte della stessa grandezza: sei sono più grandi, di formato di circa cm 23 per 11, in doppio riquadro, e sei più piccole, di circa cm 14 per 10. Appaiono disposte senza ordine e alcune addirittura capovolte: tutte e dodici rappresentano le fatiche di Ercole, ma nel secondo riquadro di quelle più grandi, che costituiscono la parte inferiore del complesso, sono rappresentati cinque esseri mostruosi fantastici e uno scorpione. La figura di Ercole è sempre leggermente incavata, riempita forse in origine di laminette auree che ne disegnavano la figura, che ora risulta solo dal contorno senza particolari anatomici, mentre gli avversari di Ercole, sia esseri umani che animali con gli elementi decorativi accessori, e i mostri sono minutamente e finemente incisi nei particolari. La tecnica dell’incisione e del ravvivamento dell’avorio con altro materiale di colore era tipica dell’Egitto e della Nubia, ma il modo di rendere gli elementi paesistici trova facile confronto con le miniature di alcuni manoscritti del periodo carolingio. L’origine quindi delle formelle, ma anche la loro primitiva destinazione rimangono incerte: probabilmente ornavano un mobile o una cassa e solo posteriormente sono state applicate alla cattedra.
La tarda antichità e l’alto Medioevo ci hanno lasciato nella cattedra lignea di san Pietro un documento di grande valore artistico e storico, che ha assunto col tempo anche valore di reliquia divenendo oggetto di culto e che, pur senza porre una stretta connessione concettuale con l’oggetto materiale in sé, rimane il simbolo del magistero papale.


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