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PRESIDENZIALI USA
tratto dal n. 09 - 2000

De civitate Dei XIX, 26

Il benessere della città del mondo interessa anche la città di Dio



Un brano del De civitate Dei di sant’Agostino di Gianni Cardinale


Quocirca ut vita carnis anima est, ita beata vita hominis Deus est, de quo dicunt sacrae litterae Hebraeorum: «Beatus populus, cuius est Dominus Deus ipsius». Miser igitur populus ab isto alienatus Deo. Diligit tamen etiam ipse quandam pacem suam non inprobandam, quam quidem non habebit in fine, quia non ea bene utitur ante finem. Hanc autem ut interim habeat in hac vita, etiam nostri interest; quoniam, quamdiu permixtae sunt ambae civitates, utimur et nos pace Babylonis; ex qua ita per fidem populus Dei liberatur, ut apud hanc interim peregrinetur. Propter quod et apostolus admonuit Ecclesiam, ut oraret pro regibus eius atque sublimibus, addens et dicens: «Ut quietam et tranquillam vitam agamus cum omni pietate et caritate», et propheta Hieremias, cum populo Dei veteri praenuntiaret captivitatem et divinitus imperaret, ut oboedienter irent in Babyloniam Deo suo etiam ista patientia servientes, monuit et ipse ut oraretur pro illa dicens: «Quia in eius est pace pax vestra», utique interim temporalis, quae bonis malisque communis est.


Come l’anima è la vita della carne, così Dio è la felicità dell’uomo; e a tale proposito così dicono le sacre scritture degli ebrei: «Felice è il popolo il cui Dio è il Signore» (Sal 143, 15). Dunque è infelice il popolo che è lontano da questo Dio. Tuttavia anche la città del mondo ama una sua pace e questa pace non è da disprezzare, anche se non l’avrà alla fine perché non ne usa bene qui prima della fine. Che però la città del mondo nel frattempo abbia questa pace in questa vita, questo interessa anche noi; perché, finché le due città sono mescolate insieme, anche noi usiamo della pace di Babilonia, dalla cui condizione attraverso la fede il popolo di Dio viene liberato rimanendo nel frattempo pellegrino presso di essa. Per questo anche l’apostolo [cioè Paolo] ha ammonito la Chiesa perché preghi per i re di questo mondo e per coloro che hanno potere, aggiungendo: «Affinché possiamo condurre una vita quieta e tranquilla con tutta pietà e carità» (1Tm 2, 2). E per questo anche il profeta Geremia, nel preannunciare all’antico popolo di Dio la schiavitù e nell’ordinare loro, per ispirazione divina, di andare obbedientemente a Babilonia servendo il proprio Dio anche con questa sofferenza, li esortò a pregare per quella città dicendo: «Perché nella sua pace è la vostra pace» (Ger 29, 7): cioè la pace temporale, provvisoria, comune ai buoni e ai cattivi.


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