Il carcere è cambiato, cambiate il carcere
Parla il segretario del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria
Intervista con Giovanni Conso di Davide Malacaria
Gli agenti di polizia
penitenziaria sono circa 40.000. Abbiamo chiesto a Donato Capece,
segretario del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria), il
sindacato con più iscritti, quali sono i problemi che si trovano ad
affrontare gli agenti di custodia e le loro aspettative.
Il personale di polizia penitenziaria lamenta carenza di organico…
Donato Capece: È vero, tanto che in alcuni istituti di pena del Nord si arriva al rapporto di un agente per cento detenuti. Ciò comporta turni massacranti, fino a otto o nove ore al giorno. E questo per uno stipendio che va da 1.500.000 lire a 1.800.000 lire al mese. Ma si potrebbe aumentare l’organico senza eccessivi investimenti. L’Amministrazione penitenziaria spende ogni anno 210 miliardi in straordinari: si potrebbero usare questi soldi per nuove assunzioni. E ancora: il 30% degli agenti è impiegato in compiti burocratici, di ufficio, che potrebbero essere svolti anche da altre figure professionali, magari assorbendo personale dai lavori socialmente utili. Infine occorre investire in tecnologia: ancora oggi, ad esempio, abbiamo un uomo ad ogni cancello, quando basterebbe un cancello automatizzato…
I giornali riportano casi di violenze sui detenuti…
Capece: In carcere non ci sono certo angioletti… spesso i nostri ragazzi subiscono insulti e violenze e se in qualche circostanza si è avuta una reazione esagerata, che è giusto sia punita, non si può certo criminalizzare un intero corpo di polizia. Inoltre difficilmente sono pubblicizzati episodi in cui gli agenti tengono un comportamento esemplare: è il caso recente di un agente di Latina che, malgrado i rischi di infezione, ha soccorso un detenuto sieropositivo che si era autolesionato con il rischio di una emorragia…
Come fare a ridurre le tensioni all’interno del carcere?
Capece: Anzitutto combattendo l’ozio e l’inutilità del tempo passato in carcere. Bisogna ripristinare il lavoro nei penitenziari e favorire il reinserimento dei detenuti nella società. Ma anche risolvere il problema dei sieropositivi e dei tossicodipendenti: trovare risposte diverse ai problemi di queste persone. Inoltre bisogna differenziare i circuiti penitenziari e dare una formazione nuova agli agenti di polizia. Il carcere è cambiato: ci troviamo, ad esempio, ad avere a che fare con extracomunitari che non parlano l’italiano. Agli agenti deve essere data una formazione professionale nuova, adeguata ai problemi che questo cambiamento comporta.
Il personale di polizia penitenziaria lamenta carenza di organico…
Donato Capece: È vero, tanto che in alcuni istituti di pena del Nord si arriva al rapporto di un agente per cento detenuti. Ciò comporta turni massacranti, fino a otto o nove ore al giorno. E questo per uno stipendio che va da 1.500.000 lire a 1.800.000 lire al mese. Ma si potrebbe aumentare l’organico senza eccessivi investimenti. L’Amministrazione penitenziaria spende ogni anno 210 miliardi in straordinari: si potrebbero usare questi soldi per nuove assunzioni. E ancora: il 30% degli agenti è impiegato in compiti burocratici, di ufficio, che potrebbero essere svolti anche da altre figure professionali, magari assorbendo personale dai lavori socialmente utili. Infine occorre investire in tecnologia: ancora oggi, ad esempio, abbiamo un uomo ad ogni cancello, quando basterebbe un cancello automatizzato…
I giornali riportano casi di violenze sui detenuti…
Capece: In carcere non ci sono certo angioletti… spesso i nostri ragazzi subiscono insulti e violenze e se in qualche circostanza si è avuta una reazione esagerata, che è giusto sia punita, non si può certo criminalizzare un intero corpo di polizia. Inoltre difficilmente sono pubblicizzati episodi in cui gli agenti tengono un comportamento esemplare: è il caso recente di un agente di Latina che, malgrado i rischi di infezione, ha soccorso un detenuto sieropositivo che si era autolesionato con il rischio di una emorragia…
Come fare a ridurre le tensioni all’interno del carcere?
Capece: Anzitutto combattendo l’ozio e l’inutilità del tempo passato in carcere. Bisogna ripristinare il lavoro nei penitenziari e favorire il reinserimento dei detenuti nella società. Ma anche risolvere il problema dei sieropositivi e dei tossicodipendenti: trovare risposte diverse ai problemi di queste persone. Inoltre bisogna differenziare i circuiti penitenziari e dare una formazione nuova agli agenti di polizia. Il carcere è cambiato: ci troviamo, ad esempio, ad avere a che fare con extracomunitari che non parlano l’italiano. Agli agenti deve essere data una formazione professionale nuova, adeguata ai problemi che questo cambiamento comporta.