Home > Archivio > 07/08 - 2000 > Lo spazio cristiano
MOSTRE
tratto dal n. 07/08 - 2000

Lo spazio cristiano


I luoghi di Pietro e di Paolo ma anche di Agnese e di Lorenzo ebbero un ruolo non secondario nella trasformazione dell’Urbe. Come spiega il responsabile scientifico della mostra “Christiana Loca”


di Letizia Ermini Pani


La dizione “spazio cristiano” trae motivo e significato da ogni presenza materiale riferibile ad una comunità cristiana intimamente legata al proprio habitat, sia esso un centro urbano che il territorio in genere. Presenza che vale qui nella sua accezione più ampia: nel senso di documento temporale della missione della Chiesa, come incidenza del nuovo sull’esistente e del ruolo avuto dalla medesima comunità in ogni attività di progetto e di realizzazione.
Di fatto, concetti quali la cristianizzazione del tempo e la cristianizzazione dello spazio, da un piano eminentemente storico hanno coinvolto il processo di lettura dei dati archeologici e monumentali riconoscendo il ruolo da questi espletato nella trasformazione dei relativi paesaggi.
Roma, Catacombe di Callisto. Cripta-santuario di papa Cornelio, morto nel 253 
a Centumcellae e sepolto qui nel 258. L’assetto attuale dello spazio  è quello voluto 
da  papa Damaso (366-384)

Roma, Catacombe di Callisto. Cripta-santuario di papa Cornelio, morto nel 253 a Centumcellae e sepolto qui nel 258. L’assetto attuale dello spazio è quello voluto da papa Damaso (366-384)

Il concetto stesso di “spazio cristiano” è stato codificato agli inizi degli anni Ottanta per merito di un gruppo di studiosi, maestri o colleghi di molti degli archeologi e studiosi oggi operanti nella ricerca sull’antichità cristiana. Da Pasquale Testini a Charles Pietri, da Paul Albert Février a Louis Reekmans le testimonianze monumentali del cristianesimo primitivo sono state lette non solo nella loro valenza storico-artistica, architettonica o funzionale, bensì anche in quella spaziale vuoi nelle città che nelle campagne.
Così inteso lo “spazio cristiano”, come ebbe a scrivere Pasquale Testini, assume valore di prezioso strumento materiale per l’accertamento dei modi, dei tempi e degli effetti dell’innestarsi, nel ceppo del mondo antico, di un evento come il cristianesimo, portatore di radicali potenzialità; un evento che finì per permeare di sé tutta la società e le strutture politiche ed ideologiche, con il conseguente riflesso sul piano materiale e direi plastico della topografia urbana.
A Roma, più che in ogni altro centro dell’orbis christianus antiquus, è possibile individuare e seguire il processo di occupazione fisica dello spazio urbano e suburbano, giungendo così a riconoscere nel secolo VI l’avvenuta trasformazione dell’Urbs in città a forte e incisiva presenza cristiana. Segni di acquisito possesso ideale e simbolico della città saranno le croci incise o scolpite sulle porte e sulle mura del circuito aureliano, sarà l’intitolazione delle porte urbiche ai martiri eponimi delle vie consolari.
La mostra “Christiana Loca” intende illustrare questo processo attraverso la presentazione dei luoghi più significativi tra quelli ove la comunità cristiana del primo millennio ha lasciato i segni del suo credo e della sua testimonianza di fede. Il visitatore sarà guidato in un viaggio ideale attraverso la città seguendo le tappe di questa particolare e unica occupazione dello spazio, un’occupazione che ha inizio nell’area suburbana e in chiave funeraria: il sancito diritto di ogni uomo ad avere una propria sepoltura indipendentemente dalla sua condizione sociale, una rivoluzionaria affermazione nella prassi del mondo antico, portò come immediata conseguenza la necessità di avere a disposizione spazi sempre più ampi e debitamente organizzati.
Sul finire del II secolo la comunità cristiana romana comincia a disporre di aree funerarie proprie gestite direttamente dalla Chiesa, spazi nella maggior parte ipogei, anche se non dovevano mancare cimiteri sub divo, quantunque meno documentati sul piano archeologico. Chilometri di gallerie si snodano nel sottosuolo all’esterno del circuito delle Mura Aureliane, ai lati delle vie consolari, e accolgono inizialmente migliaia di sepolture a loculo aperte nelle pareti tufacee e spesso anonime, più tardi in connessione a spazi più riservati, a cubicoli appartenenti ai ceti più abbienti.
Con la deposizione in questi cimiteri dei corpi dei martiri e con l’inizio del culto a loro tributato si assiste ad un’opera di monumentalizzazione delle sepolture venerate, con complessi edilizi anche di grande impatto visivo, che incisero profondamente sull’assetto del paesaggio agrario e residenziale dell’antichità. I luoghi di Pietro e di Paolo, ma anche di Agnese e di Lorenzo, per ricordare i santuari più frequentati, avranno un ruolo certamente non secondario nella trasformazione materiale del territorio suburbano.
All’interno della città, a partire dalla pace costantiniana, l’organizzazione ecclesiastica articolata nella sede episcopale del Laterano e nelle istituzioni titolari, con funzione di moderne parrocchie, occupa gradatamente tutti i quartieri della città. A questi si aggiungono le chiese devozionali, a cominciare dal grande santuario mariano dell’Esquilino, Santa Maria Maggiore, seguito da edifici di culto dedicati sempre più frequentemente a martiri e santi non romani.
L’affermarsi dello “spazio cristiano” nei secoli dell’alto Medioevo si arricchisce con l’istituzione dei centri assistenziali delle diaconie, degli xenodochia, degli ospedali, con l’insediarsi di un numero sempre crescente di monasteri sia maschili che femminili, di rito latino e di rito greco, con la creazione di strutture atte all’accoglienza di gruppi etnici non romani. Spazi funerari, spazi martiriali, spazi liturgici, spazi cultuali, spazi assistenziali, spazi dell’accoglienza e spazi della meditazione mutano dunque profondamente, nel volgere di pochi secoli, il volto di Roma.
Questi sono i diversi aspetti dello “spazio cristiano” in rapporto allo spazio urbano e suburbano; in rapporto cioè a uno spazio osservato nella sua dimensione esterna. Ma lo “spazio cristiano” ha un’ulteriore valenza: è lo spazio interno, chiuso entro le strutture funzionali ai diversi momenti della vita comunitaria, che, nell’ottica della mostra, sarà inteso come luogo deputato all’accoglienza della Parola. Accoglienza realizzata attraverso due veicoli preferenziali: il linguaggio delle immagini in ambito funerario, con i temi augurali dell’opera salvifica di Cristo, e, in ambito urbano, con i programmi figurativi delle absidi e delle pareti basilicali, il linguaggio dei testi scritti sul marmo, sugli intonaci, nei mosaici.


Español English Français Deutsch Português