Home > Archivio > 12 - 1999 > Pensieri sull’usura
SOCIETÀ
tratto dal n. 12 - 1999

Pensieri sull’usura


Tre storie tratte dal giornalino Il barbone vagabondo. I motivi per i quali si ricorre all’usuraio sono diversi, ma le conseguenze sono sempre le stesse


Tre storie tratte dal giornalino Il barbone vagabondo


In quel bellissimo giornalino che è Il barbone vagabondo si leggono considerazioni molto puntuali sul flagello dell’usura, che articola i suoi tentacoli anche tra i più poveri.
Il servizio, che si intitola Er cravattaro fra i barboni, è così presentato:
«Una delle cause per cui un individuo ‘normale’ arriva a stravolgere completamente la propria vita fino ad essere costretto a privarsi di tutto, anche della vita stessa, è l’usura.
I motivi per i quali si ricorre all’usura, pur conoscendone i pericoli, sono diversi, ma le conseguenze sono quasi sempre le stesse.
Queste sono le testimonianze di tre nostri collaboratori che, direttamente o indirettamente, hanno conosciuto questa terribile esperienza.
Ecco le tre testimonianze.

Raffaele Armando Califano Mundo, Monte di pietà, opera di datazione incerta conservata al Comune di Napoli

Raffaele Armando Califano Mundo, Monte di pietà, opera di datazione incerta conservata al Comune di Napoli

Guido:
“Un mio conoscente – lo chiamerò Andrea – è stato ridotto sul lastrico proprio dagli usurai. La sua storia non differisce dalle tante che ormai periodicamente si leggono sui quotidiani.
Andrea, circa quattro anni fa, aveva avviato un piccolo commercio, ma le cose non erano andate bene e presto si era trovato in gravi difficoltà. Non mi dilungo qui a raccontarvi tutte le sue traversie; vi dirò solo che – come avrete già capito – è finito nelle mani di usurai privi di scrupoli che lo hanno letteralmente strangolato con l’esosità delle loro richieste.
Le continue minacce lo hanno costretto a cedere anche quel poco che gli era rimasto e così è finito in mezzo alla strada a peregrinare da un centro di assistenza all’altro.
È stato proprio in uno di questi centri che l’ho conosciuto e mi ha confidato le sue disavventure. Quando gli ho chiesto perché non aveva denunciato i suoi persecutori, mi ha spiegato che era stato trattenuto dal timore delle loro ritorsioni: per questo aveva preferito scegliere quello che in fondo gli sembrava fosse il male minore. Purtroppo quando era venuto a conoscenza dell’esistenza di un ‘fondo antiusura’ a cui poter fare ricorso in caso di bisogno era ormai troppo tardi”.

Silvana:
“Quando sento nominare i cosiddetti ‘cravattari’ il sangue mi ribolle nelle vene, perché io ci sono capitata ed è una cosa che non auguro nemmeno al mio peggior nemico.
È stato molto tempo fa, in occasione della prima comunione di uno dei miei figli. Allora in casa soldi ce n’erano pochi e, d’altra parte, per orgoglio, non volevamo chiedere aiuto ai nostri parenti. Abbiamo perciò preferito rivolgerci, tramite un… ‘amico’, ad una società che prestava soldi, anche se gli interessi ci sembravano eccessivi. Ci accordammo per un prestito di 200mila lire, delle quali però ricevemmo solo 180mila. La restituzione doveva avvenire col versamento di 25mila lire ogni 15 giorni perché il mio compagno, Vittorio, veniva pagato a quindicina.
Finito di restituire tutte le 200mila lire eravamo convinti di avere completamente estinto il nostro debito, ma ci sbagliavamo di grosso. Infatti, trascorsi 15 giorni dall’ultimo pagamento, quegli avvoltoi si ripresentarono a pretendere un ulteriore interesse e la cosa si ripetè dopo altri 15 giorni. A quel punto Vittorio si rifiutò di continuare a pagare per un debito che avevamo già saldato da tempo. Quando il sabato successivo andai a scuola a riprendere i miei figli trovai che ne mancava uno ed al suo posto era stata lasciata una lettera con la quale si richiedeva il pagamento di 50mila lire e ci si invitava a non farne parola ad alcuno altrimenti non avremmo più rivisto il nostro bambino.
Che dovevamo fare? Naturalmente la paura ci obbligò a cedere al ricatto. Avevamo pagato un prezzo ben al di sopra delle nostre possibilità, ma la vita di nostro figlio valeva molto di più”.

Rosina:
“Anch’io ho un’amica che ha vissuto questa tragica esperienza dell’usura e, con il suo consenso, vi parlerò della triste odissea che le ha sconvolto la vita. La sua era una famiglia felice; aveva tre bei bambini ed un marito che, insieme al fratello, gestiva un’attività di falegnameria che consentiva loro una certa agiatezza. Questo fino a sei anni fa quando, all’improvviso, nel termine di tre mesi il marito è morto a causa di un tumore.
Rimasta sola con i tre figli ancora adolescenti, si è fatta coraggio ed è subentrata nell’attività del marito. Ma non aveva fatto i conti con il cognato – ragioniere della piccola azienda – il quale, alla prima occasione, sparì con tutto il denaro in cassa, lasciandola in un mare di debiti.
Così, per l’ennesima volta, si è replicato il dramma dell’usura che, come sempre, ha come finale una famiglia ridotta sul lastrico.
Dopo essere finita a dormire con i suoi figli alla stazione, è riuscita finalmente a entrare in un residence del Comune, dove alloggia tuttora. Ma la vita è completamente cambiata. Lei si è ammalata di cuore e riesce a malapena a svolgere piccoli lavori presso qualche famiglia; i figli, ormai cresciuti, cercano lavoro... ma pregano Dio di non trovarlo. Questa povera donna veramente non ce la fa più”.

Noi tutti ci chiediamo: “Quando riusciremo a mettere fine al massacro da parte degli usurai?”».


Español English Français Deutsch Português