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ITALIA
tratto dal n. 10 - 1999

SOCIETÀ. L’istituto dell’“avvocato del popolo”

Il difensore che viene dal Nord


Sul modello dell’ombudsman scandinavo, anche in molte regioni e comuni del nostro Paese c’è il difensore civico: controlla che sia rispettata la legalità e la giustizia nella pubblica amministrazione. Ma sono in pochi a conoscerne l’esistenza e le potenzialità


di Maria Elena Andreotti


Attualmente è in prima lettura alla Camera dei deputati un disegno di legge1 per l’istituzione di un “difensore civico nazionale”, che coordini la propria attività con quella dei già esistenti difensori civici regionali e intervenga sulle questioni che abbiano un rilievo e una possibilità di soluzione in sede centrale.
Difensore civico, ombudsman, avocat du peuple, defensor del pueblo, médiateur de la république, tanti nomi per un istituto (una persona o un ufficio), la cui funzione primaria è il controllo del rispetto della legalità e della giustizia nella pubblica amministrazione e che esiste in oltre novanta nazioni, delle quali trentadue europee.
In ogni Paese moderno, qualunque sia il suo assetto costituzionale, le competenze e le attività dello Stato si sono moltiplicate oltre misura, e si sono moltiplicate, così, le occasioni di frizione fra il cittadino e i funzionari pubblici. In tutto il mondo si cercano soluzioni per assolvere efficacemente i compiti di grandi e complesse istituzioni senza calpestare i diritti, i bisogni e i desideri dei singoli individui. In molti Stati ci si affida a un difensore civico che protegge chi ritiene di avere subito torti da parte di funzionari, e agisce come un mediatore imparziale fra cittadini scontenti e pubblica amministrazione. A differenza dei tribunali, che hanno competenza esclusivamente sulle infrazioni della legge, i difensori civici possono condurre indagini in seguito a reclami contro funzionari dal comportamento scortese, brutale, disattento, o semplicemente incompetenti.
Il difensore civico è, quindi, una figura con una grandissima carica simbolica, anche se i suoi poteri di controllo e d’applicazione delle proprie decisioni sono, per lo più, alquanto limitati. C’è da chiedersi quanto si sappia, in Italia, su quest’istituto e quanto se ne sfruttino, oggi a livello locale, domani anche a livello nazionale, le potenzialità.
Quando, nel 1713, il re di Svezia Carlo XII, coinvolto in estenuanti campagne militari contro la Russia, nominò un suo rappresentante per controllare gli esattori delle tasse, i giudici e gli altri funzionari, egli cercava solo un rimedio contingente alle prolungate assenze. L’espediente temporaneo divenne, però, nel secolo successivo, una carica permanente, con il titolo di cancelliere di giustizia. All’inizio dell’Ottocento, con l’instaurarsi della democrazia rappresentativa, tesa a limitare l’assolutismo regale e garantire i diritti fondamentali dei cittadini, anche il Parlamento volle un proprio uomo per controllare la condotta dei funzionari reali durante gli intervalli fra le sessioni dell’assemblea. Così la Costituzione svedese del 1809 – oggi totalmente superata e dimenticata – creò la figura dello Justitieombudsman2 di nomina parlamentare, che sarebbe sopravvissuta e cresciuta, ispirando, nel XX secolo, istituzioni simili in gran parte del mondo.
Gli storici, sempre desiderosi di dimostrare che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, hanno trovato somiglianze fra l’ombudsman e il tribuno della plebe romano, i “censori” delle colonie americane nel XVIII secolo, o il Controllo Yuan della dinastia Han in Cina3. Appare, tuttavia, alquanto improbabile che i costituzionalisti svedesi o i loro emuli fossero degli archeologi e che la loro fonte d’ispirazione fosse anteriore a Carlo XII.
L’ombudsman è stato ripreso dapprima in tutta la Scandinavia – in Finlandia nel 1919, in Danimarca nel 1955 e in Norvegia nel 1962 –, e successivamente negli anni Sessanta molti Paesi europei e del Commonwealth britannico istituirono uffici analoghi.
Al modello “parlamentare” svedese, si aggiunse quello dell’ombudsman “amministrativo”, come il commissario parlamentare per l’amministrazione, istituito in Gran Bretagna nel 1967, o il mediatore francese, creato nel 1973. In questo caso la nomina non spetta più all’assemblea legislativa, ma allo stesso potere esecutivo, cui fa capo l’amministrazione che il difensore è chiamato a controllare.
Anche i sistemi d’accesso al difensore civico variano: in Francia, in Gran Bretagna e nella maggioranza dei Paesi del Commonwealth, i ricorsi vanno presentati a un membro del Parlamento, che funziona da tramite con l’ombudsman. Altrove, il cittadino può rivolgersi direttamente all’ufficio del difensore civico, senza troppi impacci burocratici; in Israele, denunce e reclami possono essere addirittura presentati per telefono. Il requisito indispensabile per garantirne l’imparzialità e l’integrità delle funzioni è, in ogni caso, la totale indipendenza dal potere esecutivo e dalla pubblica amministrazione.
Nel 1983 ventuno Paesi avevano un difensore civico nazionale e in altri sei esistevano quantomeno uffici a livello regionale/statale o provinciale. Una raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1985 invitava tutti gli Stati membri a «nominare un ombudsman a livello nazionale, regionale o locale, o per specifici settori della pubblica amministrazione» incaricato, in particolare, della tutela dei diritti dell’uomo4.
Nell’ultimo ventennio, la transizione di molti Paesi verso la democrazia ha fatto sì che gli ombudsman si siano diffusi in tutti i continenti, soprattutto in America latina e nell’Europa centrale ed orientale, e nel 1998 il loro numero risultava più che quadruplicato (Figura 1). Dal 1978, i difensori civici sono collegati a livello mondiale tramite un’associazione, l’Istituto internazionale dell’ombudsman.
Nei Paesi democratici, il Parlamento esercita, o dovrebbe esercitare, il controllo politico sul governo, e le istituzioni con potere giurisdizionale sorvegliano, o dovrebbero sorvegliare, la legalità dell’azione amministrativa. L’ombudsman deve, quindi, proteggere i diritti del cittadino, migliorando nel quotidiano le relazioni fra la pubblica amministrazione e gli utenti, e aiutando questi ultimi quando si trovano in difficoltà.
L’ombudsman ha normalmente il potere di condurre un’indagine obiettiva sui reclami ricevuti e, in molti casi, anche quello d’iniziare autonomamente un’indagine su una disfunzione amministrativa. In pratica, può:
• indagare se la pubblica amministrazione agisce in modo scorretto o contrario alla legge;
• se la sua indagine accerta una disfunzione amministrativa, fare raccomandazioni per correggerla; e
• sottoporre il suo rapporto all’autorità governativa e al ricorrente, e, se le sue raccomandazioni non sono accettate dalla prima, al potere legislativo.
L’ombudsman non ha, invece, quasi mai il potere di prendere decisioni vincolanti per il governo e l’amministrazione, anche se, in alcuni Paesi, può inoltrare i suoi rapporti agli inquirenti per iniziare un procedimento giudiziario.
L’ombudsman ha diritto d’intervento in quasi tutti i settori della pubblica amministrazione, con l’esclusione, a volte, dell’apparato giudiziario, di quello militare e delle forze di polizia. In molti Paesi questi settori sono affidati al controllo di difensori civici “specializzati” (in Germania, l’ombudsman militare esiste dal 1956). Ci sono anche difensori con mandati specifici sulle carceri, la sanità, la protezione dei diritti dei minori, delle donne, degli anziani e delle minoranze, l’ambiente o la corruzione.
Anche il settore privato (università, aziende sanitarie, istituti finanziari, multinazionali, ecc.) ha adottato questo modello per risolvere dispute interne o gestire i reclami della clientela.
Alcuni esempi di casi reali chiariscono, meglio di tutti gli assunti teorici, la funzione e l’azione del difensore civico.




Il 14 marzo 1996, la Gazzetta ufficiale francese ha pubblicato un bando di un concorso per agenti tecnici dell’Ufficio nazionale per le foreste (Onf), secondo il quale le domande di partecipazione dovevano essere presentate entro il 29 marzo. M. F., quando ha inoltrato la sua domanda il 16 marzo, ha scoperto dall’ufficio del personale dell’Onf di essere in ritardo, perché i termini erano scaduti il 10: la data pubblicata nella Gazzetta era sbagliata.
M. F. si è appellato al mediatore della Repubblica, che è intervenuto sull’Onf, ottenendo il riconoscimento dell’errore e l’accettazione della domanda.




In Inghilterra, H. L., una signora divorziata a Taiwan, ha deciso di risposarsi e ha fissato la data, prenotando anche il locale per il ricevimento e versando l’anticipo richiesto. Al momento di rilasciare i documenti necessari, l’ufficio dell’anagrafe (Opcs) ha espresso il parere, poi rivelatosi errato, che il divorzio non era valido per la legge inglese; perciò H. L. ha dovuto rimandare il matrimonio e ha perso l’anticipo.
L’intervento dell’ombudsman, cui H. L. è ricorsa attraverso il membro della Camera dei comuni del suo distretto, ha fatto sì che l’Opcs le rifondesse le cinquecento sterline perdute.




L. M. è ricorso all’ombudsman irlandese contro l’ospedale generale della città di Castlebar e l’amministrazione sanitaria locale perché la cartella clinica di sua madre era stata scambiata con quella di un’altra paziente e, quindi, le erano state somministrate insulina e morfina per un diabete di cui non soffriva. Durante l’indagine condotta in loco, l’ombudsman ha accertato che inizialmente il personale ospedaliero aveva scambiato le cartelle. Dopo avere eseguito le analisi necessarie per accertare il livello di zucchero nel sangue, i dottori avevano, però, rilevato l’errore e non avevano somministrato nessun medicinale improprio. Nel frattempo, anche in conseguenza di quest’episodio, l’ospedale ha riorganizzato il sistema di gestione dell’archivio sanitario. L’ombudsman ha quindi ritenuto che non vi fosse motivo per il risarcimento richiesto.




A causa di un’omonimia, M. B. si è ritrovato con un procedimento per evasione fiscale e il conto in banca bloccato dal fisco francese, che doveva recuperare un’ingente somma. Malgrado avesse immediatamente segnalato l’errore all’ufficio competente, ha ricevuto poco tempo dopo un avviso di pagamento per l’ammontare di due milioni di franchi.
M. B. è ricorso, allora, al mediatore della Repubblica, segnalando il cattivo funzionamento del fisco e i pregiudizi morali e finanziari che gliene sono venuti.
Il mediatore ha ottenuto che il fisco si facesse carico delle spese sostenute da M. B. per sbloccare il conto bancario, e gli presentasse delle scuse formali.


In Val d’Aosta, un cittadino, in possesso di patente di tipo speciale, si è rivolto al difensore civico per il ritardo nell’effettuazione delle visite specialistiche per il rinnovo, che gli procuravano notevoli disagi, fra i quali la mancata erogazione dei buoni di benzina. Il difensore ha richiesto l’intervento del direttore generale delle Usl di Aosta, che ha predisposto che le visite avvenissero entro dieci giorni. Inoltre, il responsabile della Commissione medica per le patenti ha chiesto chiarimenti al Ministero della Sanità circa l’applicazione degli articoli di legge sui requisiti psicofisici per il conseguimento e il rinnovo della patente, in modo da elaborare una normativa regionale più snella e veloce.


Le raccomandazioni dell’ombudsman possono assumere un particolare valore come ispirazione di successive normative o comportamenti, anche quando non è possibile porre rimedio al caso che ne ha provocato l’indagine. Per esempio, durante il summit europeo ad Amsterdam nel giugno 1997, la polizia arrestò, su un treno, un gruppo di 150 viaggiatori italiani che furono poi espulsi con un ordine verbale collettivo. A seguito del reclamo sporto da un’associazione per la protezione dei diritti umani, l’ombudsman ha condotto un’indagine e ha riscontrato che, nonostante le ragioni sostanziali addotte dalle autorità per il loro comportamento, polizia, borgomastro di Amsterdam, pubblico ministero e servizio dell’immigrazione avevano agito in modo scorretto, contravvenendo, fra l’altro, al diritto comunitario sulla libera circolazione. Ha quindi presentato al Ministero dell’Interno e a quello della Giustizia una raccomandazione, perché tengano conto delle conclusioni del suo rapporto sulla gestione dell’ordine pubblico durante il summit, nel decidere le strategie d’azione durante eventi speciali, come i campionati europei di calcio nel 2000.
Il Trattato di Maastricht ha istituito l’ufficio del mediatore europeo5, la cui missione è «ricevere i reclami di un qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede sociale in uno Stato membro» riguardanti casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni e degli organi comunitari, fatta eccezione per la Corte di giustizia e per il Tribunale di primo grado nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. È un mandato limitato rispetto alla proposta iniziale spagnola, secondo la quale il mediatore avrebbe dovuto vigilare sui diritti dei cittadini europei, ai sensi della normativa comunitaria, a tutti i livelli, anche nazionale, regionale o comunale. Le denunce possono essere presentate direttamente oppure tramite un deputato del Parlamento europeo e sono trattate pubblicamente, a meno che l’autore della denuncia non richieda la riservatezza. Il mediatore ha inoltre la facoltà di eseguire indagini di propria iniziativa.
L’elevato numero delle denunce che non rientrano nel mandato del mediatore, quasi il 70% nel 1998, dimostra che i cittadini europei ignorano che possono ricorrere solo contro le istituzioni e gli organi comunitari. Siccome molte di queste denunce riguardano la libera circolazione all’interno dell’Unione, il mediatore ha suggerito al Parlamento di estendere la sua competenza a questa materia.
Resta fondamentale, tuttavia, il principio della sussidiarietà e, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, i difensori civici nazionali devono essere sempre più incoraggiati e coadiuvati nel trattare i reclami riguardanti il diritto comunitario6, soprattutto visti, asilo e diritti degli stranieri.
Sarebbe utile precisare, nel Trattato, tutte le procedure di ricorso possibili, in modo da informare adeguatamente i cittadini europei. Al momento, tuttavia, non esiste alcuna disposizione che illustri il ruolo degli organi nazionali nel garantire l’osservanza del diritto comunitario da parte delle amministrazioni pubbliche e la loro idoneità a ricevere reclami a tale riguardo. Resta, inoltre, non definita la procedura per inoltrare alla Commissione europea una denuncia per eventuali violazioni del diritto comunitario da parte di uno Stato.
Da questo rapido panorama, si può constatare che l’Italia è in ritardo rispetto alla maggioranza dei Paesi europei. Una ragione per l’indifferenza verso l’introduzione del difensore civico nazionale potrebbe essere l’esistenza, nel nostro diritto amministrativo, di un complesso sistema di tutela giudiziaria (si pensi per esempio ai Tar), tale da fare sembrare superfluo un altro organo di controllo sull’amministrazione pubblica.
Dall’inizio degli anni Novanta, il Parlamento ha preso molti provvedimenti per modernizzare le istituzioni, e allinearsi con gli altri Paesi dell’Unione europea. La legge n. 241 del 1990 ha fissato le regole per il procedimento amministrativo, improntate ai princìpi della partecipazione e della trasparenza; sono state emanate carte dei servizi pubblici e aperti uffici per le relazioni con il pubblico. Si è venuto a configurare un nuovo rapporto paritario fra cittadino e amministrazione; ma resta l’esigenza di una parte terza che funga da mediatore e protegga soprattutto i più deboli. Permangono ambiti significativi d’istanze e d’esigenze meritevoli di tutela non giurisdizionale, per i quali il difensore civico può rappresentare una risposta adeguata, moderna, colloquiale e attenta ai diritti umani.
A partire dagli anni Settanta, come accennato, il difensore civico è diventato progressivamente una realtà operativa a livello regionale (il primo in Toscana, nel 1974), con il compito di verificare la regolarità dell’azione dell’amministrazione e degli enti delegati di funzioni regionali. Oggi esistono difensori civici7 in quattordici regioni su quindici a statuto ordinario, in tre su cinque a statuto speciale, nelle province autonome di Trento e di Bolzano, in tredici province a statuto ordinario, in 297 comuni e in sei comunità montane.
Anche se gli ordinamenti differiscono da regione a regione, si è prescelto dovunque il modello scandinavo, con il ruolo di individuare i casi di ritardi, disfunzioni, o irregolarità amministrative, ma senza competenze sulla valutazione di legittimità o merito di un provvedimento, che spetta al giudice o all’amministrazione.
I poteri previsti per il difensore civico nazionale sono quelli consueti (forti poteri istruttori, limitati poteri di decisione), così come finora si sono venuti evolvendo nella legislazione e nella prassi regionale.
Un ufficio nazionale, con sede in Roma, non potrebbe svolgere bene e tempestivamente i suoi compiti in periferia: per questo, l’attuale proposta di legge prevede una convenzione con i difensori civici regionali per l’esercizio delle sue funzioni nei confronti degli uffici periferici. Così, questa attività, che oggi è svolta in via di fatto8, potrebbe proseguire con pienezza di poteri in forza della “delega” del difensore civico nazionale.
Non è dato oggi sapere quando il Parlamento approverà la legge, ma bisogna augurarsi che, a quel momento, al difensore civico siano dati i mezzi per rendere efficace la propria azione. Di certo, se la sua esistenza e il suo ruolo resteranno pressoché sconosciuti, se l’accesso non sarà facilitato (in Olanda l’ufficio dell’ombudsman riceve ogni anno una media di ventimila telefonate da parte di cittadini che richiedono informazioni sui loro diritti; in Gran Bretagna, il formulario per inoltrare un reclamo è su Internet), se, soprattutto, non ci sarà la volontà da parte dell’amministrazione e dell’esecutivo di rispettarne l’indipendenza e di accettarne le raccomandazioni, sarà soltanto un’altra figurina aggiunta all’ampia raccolta dei dignitari.


Note

1) T.U. delle proposte di legge 619 e abb. Norme in materia di difensore civico, licenziato il 15 settembre 1998 dalla 1a Commissione permanente Affari costituzionali.
2) Lo Justitieombudsman assunse in pratica tutte le funzioni del cancelliere di giustizia, che sopravvisse solo come una carica onorifica. La parola ombudsman significa, in svedese, “rappresentante”.
3) 206 a.C.-220 d.C.
4) Raccomandazione No. R (85) 13 del Comitato dei ministri degli Stati membri sull’istituzione dell’ombudsman (adottato il 23 settembre 1985).
5) Art. 138 E, del Trattato istitutivo della Comunità europea e Decisione 94/262 del Parlamento europeo del 9 marzo 1994 sullo Statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del mediatore, GU L 113 del 1994. Il primo mediatore, il danese Jacob Söderman, ha iniziato la sua attività nel settembre 1995.
6) Il Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull’Unione europea, i Trattati che costituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi (firmato il 2 ottobre 1997) stabilisce, riguardo alla libera circolazione all’interno dell’Unione, che, entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, gli Stati membri adottino misure miranti a garantire l’assenza di controlli sulle persone, cittadini sia dell’Unione sia di Paesi terzi. Vanno, inoltre, definite norme e procedure comuni relative ai controlli sulle persone per quanto riguarda l’attraversamento delle frontiere esterne, con un elenco comune dei Paesi terzi i cui cittadini devono avere il visto. Gli Stati membri devono altresì adottare procedure e condizioni comuni per il rilascio ed un modello uniforme dei visti.
Il Trattato stabilisce i criteri e i meccanismi per determinare quale Stato membro è competente per l’esame di una domanda d’asilo e le norme minime in materia di accoglienza dei richiedenti asilo, l’attribuzione della qualifica di rifugiato a cittadini di Paesi terzi e la protezione temporanea agli sfollati che non possano ritornare nel loro Paese di origine o per le persone che per altri motivi hanno bisogno di protezione internazionale.
Relativamente all’immigrazione, il Trattato stabilisce le condizioni d’ingresso e le procedure per il rilascio di visti e permessi di soggiorno a lungo termine, ed elenca i diritti dei cittadini di Paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro. Sono inoltre tracciate norme intese a lottare contro l’immigrazione clandestina, e norme relative al rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare.
7) La legge n. 142 del 1990 (articolo 8) ha concesso la facoltà di istituire il proprio difensore civico ai comuni e alle province a statuto ordinario.
8) La legge n. 127 del 1997 (modificata dalla legge n. 191 del 1998), la Bassanini bis, indica nei difensori civici regionali i supplenti quello nazionale, non ancora istituito, nel proprio ambito territoriale.


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