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CRISTIANESIMO
tratto dal n. 04 - 2007

La visita pastorale di Benedetto XVI a Vigevano e a Pavia

«Gesù, il Risorto, vive anche oggi»


La visita pastorale di Benedetto XVI a Vigevano e a Pavia il 21 e il 22 aprile 2007


di don Giacomo Tantardini


Benedetto XVI durante la santa messa nella Piazza Ducale di Vigevano, sabato 21 aprile 2007

Benedetto XVI durante la santa messa nella Piazza Ducale di Vigevano, sabato 21 aprile 2007

Rileggendo le parole che papa Benedetto XVI ha pronunciato nella sua visita pastorale a Vigevano e a Pavia, visita che ha avuto come «momento conclusivo»* la preghiera davanti alle «spoglie mortali di sant’Agostino», immediatamente colpisce questo fatto: come Agostino – prima da sacerdote poi da vescovo «nel linguaggio della gente semplice della sua città» – così anche il Papa, seguendo la liturgia del giorno, ha parlato semplicemente di Gesù, di quello che Gesù ha compiuto e di quello che Gesù compie oggi: «Poiché Gesù, il Risorto, vive anche oggi». Se non fosse così, se non fosse vero e reale il fatto che Gesù è risorto, “vana sarebbe la fede” di Agostino e la nostra, “vana la predicazione” del Papa oggi come quella di Agostino allora. Anzi “noi risulteremmo falsi testimoni di Dio” (1Cor 15, 14-15).
Per questo Benedetto XVI, anche durante quello che aveva concepito «come pellegrinaggio» di preghiera «presso il sepolcro del Doctor gratiae», ha ripetuto semplicemente e fedelmente «l’annuncio antico e sempre nuovo: Cristo è risorto».
Grato al Papa per la testimonianza di Gesù Cristo data anche in questa occasione, in questo articolo non intendo fare altro che evidenziare le parole di Benedetto XVI che più immediatamente hanno reso lieto il mio cuore e hanno confortato la fede.

* (Tutte le parole tra virgolette angolari [«...»] sono del Santo Padre. Rimandiamo all’Osservatore Romano del 23-24 aprile 2007 per vedere da quali discorsi le singole frasi sono tratte).


Benedetto XVI durante l’incontro con il mondo della cultura, Cortile Teresiano, Università di Pavia, domenica 22 aprile 2007

Benedetto XVI durante l’incontro con il mondo della cultura, Cortile Teresiano, Università di Pavia, domenica 22 aprile 2007

«Cristo è risorto, Cristo è vivo»

Se tutte le parole di Benedetto XVI riecheggiano l’annuncio degli apostoli («Cristo è risorto, è vivo tra noi. Anche oggi»), è soprattutto nell’omelia della santa messa a Vigevano – in cui il Papa ha commentato il racconto della pesca miracolosa, quando Gesù risorto appare per la terza volta ai discepoli sulla riva del lago di Tiberiade – che vi sono gli accenni descrittivi più commoventi del manifestarsi del Risorto. «Dopo lo “scandalo” della Croce essi erano tornati alla loro terra e al loro lavoro di pescatori, cioè a quelle attività che svolgevano prima di incontrare Gesù. Erano tornati alla vita di prima e questo fa intendere il clima di dispersione e di smarrimento che regnava nella loro comunità (cfr. Mc 14, 27; Mt 26, 31). Era difficile per i discepoli comprendere ciò che era avvenuto. Ma, mentre tutto sembrava finito, di nuovo, come sulla via di Emmaus, è ancora Gesù a venire verso i suoi amici. Stavolta li incontra sul mare, luogo che richiama alla mente le difficoltà e le tribolazioni della vita; li incontra sul far del mattino, dopo un’inutile fatica durata l’intera nottata. La loro rete è vuota. In certo modo, ciò appare come il bilancio della loro esperienza con Gesù: lo avevano conosciuto, gli erano stati accanto, ed Egli aveva loro promesso tante cose. Eppure ora si ritrovavano con la rete vuota di pesci. Ma ecco che all’alba Gesù va loro incontro…».
Come è bello quel «di nuovo è ancora Gesù a venire verso i suoi amici… li incontra… li incontra… va loro incontro»! Come tre anni prima, sulla riva dello stesso lago, quando, guardandoli, li chiamò, così ora è ancora Lui che prende l’iniziativa. Quell’«è ancora Gesù» richiama il “resurrexi et adhuc tecum sum / sono risorto e sono ancora con te” con cui inizia la messa di Pasqua. L’iniziativa è ancora e sempre di Gesù. Per questo uno può essere – come preghiamo nel salmo – “sereno e tranquillo come un bambino in braccio a sua madre” (Sal 131, 2). Se l’iniziativa fosse nostra saremmo finiti. Vale sempre l’affermazione del discepolo prediletto: “per primo ci ha amati” (1Gv 4, 19). Come commenta il Papa nell’esortazione apostolica Sacramentum caritatis, quel “per primo” non riguarda solo il momento del tempo – ogni volta che noi Gli vogliamo bene, è sempre Lui “per primo” che ci ama –, ma riguarda la stessa possibilità di volerGli bene: la possibilità stessa di riconoscerLo e volerGli bene nasce dall’attrattiva amorosa del Suo farsi presente, del Suo venirci incontro. Così «Giovanni, illuminato dall’amore, si rivolge a Pietro e dice: “È il Signore”». Così anche noi, «abbracciati dall’amore», Lo possiamo «riconoscere» e «fedelmente seguire».
Se l’iniziativa è Sua, può capitare anche oggi quello che, con parole di speranza, il Papa descrive: «Quando il lavoro nella vigna del Signore sembra risultare vano, come la fatica notturna degli Apostoli, non bisogna dimenticare che Gesù è in grado di ribaltare tutto in un momento. […] Nei misteriosi disegni della sua sapienza, Dio sa quando è il tempo di intervenire».
Se l’iniziativa è Sua, diventano possibilità di abbandono e di conforto in ogni momento le parole conclusive dell’omelia del Papa: «La faticosa ma sterile pesca notturna dei discepoli è ammonimento perenne per la Chiesa di tutti i tempi: da soli, senza Gesù, non possiamo fare nulla! Nell’impegno apostolico non bastano le nostre forze: senza la Grazia divina il nostro lavoro, pur ben organizzato, risulta inefficace. Preghiamo insieme…».


Benedetto XVI durante la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, davanti all’urna di sant’Agostino, Pavia, domenica 22 aprile 2007

Benedetto XVI durante la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, davanti all’urna di sant’Agostino, Pavia, domenica 22 aprile 2007

«Gesù opera ora»

Come ci si accorge che una persona è viva dal fatto che agisce, così anche Gesù risorto Lo si riconosce vivo dal Suo agire oggi. Tante volte, con semplicità, il Papa accenna all’agire presente di Gesù: «Cristo risorto rinnova a ciascuno di voi l’invito a seguirlo»; «È Lui stesso cheattende il nostro amore»; «Preghiamo perché il Signore faccia sì che…».
E nell’omelia della santa messa a Pavia, Benedetto XVI, commentando il brano degli Atti degli apostoli, parla di chi «non poteva tollerare che questo Gesù, mediante la predicazione degli Apostoli, ora cominciasse ad operare nuovamente; non poteva tollerare che la sua forza risanatrice si facesse di nuovo presente e intorno a questo nome si raccogliessero persone che credevano in Lui come nel Redentore promesso».
Proprio perché è «Gesù che conduce alla conversione», proprio perché è «Egli che crea lo spazio e la possibilità di ravvedersi, di ricominciare», il Papa, parlando della conversione di Agostino, parla, anche in questo caso, semplicemente di quello che ha fatto Gesù.
«Nel suo libro Le Confessioni, Agostino ha illustrato in modo toccante il cammino della sua conversione, che col Battesimo amministratogli dal Vescovo Ambrogio nel duomo di Milano aveva raggiunto la sua meta. [...] Seguendo attentamente il corso della vita di sant’Agostino, si può vedere che la conversione non fu un evento di un unico momento, ma appunto un cammino. E si può vedere che al fonte battesimale questo cammino non era ancora terminato. Come prima del Battesimo, così anche dopo di esso la vita di Agostino è rimasta, pur in modo diverso, un cammino di conversione – fin nella sua ultima malattia, quando fece applicare alla parete i Salmi penitenziali per averli sempre davanti agli occhi; quando si autoescluse dal ricevere l’Eucaristia per ripercorrere ancora una volta la via della penitenza e ricevere la salvezza dalle mani di Cristo come dono della misericordia di Dio. Così possiamo giustamente parlare delle “conversioni” di Agostino che, di fatto, sono state un’unica grande conversione nella ricerca del Volto di Cristo e poi nel camminare insieme con Lui».
Se «la prima conversione», che lo conduce al fonte battesimale nella notte di Pasqua del 387, viene descritta dal Papa come il passaggio dalla scoperta di Dio «lontano e intangibile», possibile alla ragione dell’uomo, all’«umiltà della fede che si china entrando a far parte della comunità del corpo di Cristo», «la seconda conversione» viene descritta dal Papa come l’accettazione «nelle lacrime» della fatica del lavoro prima di sacerdote e poi di vescovo. Nell’accennare al lavoro pastorale di Agostino, confortano soprattutto queste parole: «Doveva vivere con Cristo per tutti»; «Sempre di nuovo insieme con Cristo donare la propria vita affinché gli altri potessero trovare Lui, la vera vita». Infatti «solo chi vive nell’esperienza personale dell’amore del Signore è in grado di esercitare il compito di guidare e accompagnare altri nel cammino della sequela di Cristo».
Ma è «la terza conversione» descritta dal Papa quella che più sorprende, commuove e conforta. Quando, «vent’anni dopo la sua ordinazione», Agostino è condotto dall’esperienza della grazia del Signore a correggere il suo ideale «di vita perfetta». Citando le Ritrattazioni il Papa dice: «“Nel frattempo ho compreso che uno solo è veramente perfetto e che le parole del Discorso della montagna sono totalmente realizzate in uno solo: in Gesù Cristo stesso. Tutta la Chiesa invece – tutti noi, inclusi gli Apostoli – dobbiamo pregare ogni giorno: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (cfr. Retractationes I, 19, 1-3). Agostino aveva appreso un ultimo grado di umiltà – non soltanto l’umiltà di inserire il suo grande pensiero nella fede umile della Chiesa, non solo l’umiltà di tradurre le sue grandi conoscenze nella semplicità dell’annuncio, ma anche l’umiltà di riconoscere che a lui stesso e all’intera Chiesa peregrinante era ed è continuamente necessaria la bontà misericordiosa di un Dio che perdona ogni giorno. E noi – aggiungeva – ci rendiamo simili a Cristo, l’unico Perfetto, nella misura più grande possibile, quando diventiamo come Lui persone di misericordia».


Benedetto XVI durante la santa messa nella Piazza Ducale di Vigevano, sabato 21 aprile 2007

Benedetto XVI durante la santa messa nella Piazza Ducale di Vigevano, sabato 21 aprile 2007

«L’amore del Signore»

Durante la preghiera davanti alle spoglie mortali di Agostino «innamorato dell’amore di Dio», il Papa così riassume quanto ha detto nella sua visita pastorale: «Gesù Cristo è la rivelazione del volto di Dio Amore». «“Deus caritas est, Dio è amore” (1Gv 4, 8.16)». E con le parole dell’apostolo prediletto descrive in che cosa consista l’amore: «“In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4, 10)».
Benedetto XVI conclude la sua prima enciclica Deus caritas est, che davanti alla tomba di sant’Agostino «riconsegna idealmente alla Chiesa e al mondo», parlando di Maria, la madre del Signore. E dice che «la devozione dei fedeli» alla Madonna «mostra l’intuizione infallibile» che è possibile volere bene veramente grazie all’intima unione col Signore: “perché l’amore è da Dio” (1Gv 4, 7). È molto bello che il Papa, al termine della sua prima enciclica, accennando a ciò che è verità infallibile circa l’amore di Dio e del prossimo, non richiami l’infallibilità propria del Magistero, ma l’infallibilità propria di tutta la Chiesa.
Anche per questo le parole che il Papa, all’uscita della Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dopo aver pregato sant’Agostino, rivolge ai numerosi bambini che gli fanno festa, rimangono nel nostro cuore come preghiera, cioè come speranza. «Cari bambini, [...] voi siete particolarmente vicini al Signore. Il suo amore è particolarmente per voi. Andiamo avanti nell’amore del Signore! Pregate per me, io prego per voi. Arrivederci!».


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