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CHIESA
tratto dal n. 02 - 2000

Da Véronique. Dialogue de l’histoire et de l’âme charnelle

Come un nuovo inizio



Un brano da Véronique… di Charles Péguy


«Bisognava sempre ricominciare. Una fondazione eterna, d’origine eterna, non impediva affatto, una fondazione, una captazione della fonte eterna, captatio aeterni fontis non esonerava affatto da dover sempre ricominciare temporalmente. Una eternità di fondazione, ab ordine aeterne condito, non impediva affatto, non esonerava affatto che nel tempo e in un certo senso nel secolo bisognasse sempre ricominciare. Nessuna eternità di fondazione impedisce che la fondazione sia in un certo senso nel secolo, che l’eternità sia in un certo senso nel tempo; ecco il mio valore [è la storia a parlare], ecco la mia potenza, ecco la mia virtù; io sono, io costituisco un pezzo indispensabile nel meccanismo, nell’organismo stesso dell’eternità stessa; un pezzo complementare; certo, non un pezzo, il pezzo essenziale, ma neanche un pezzo solo accidentale; un pezzo di istituzione, di creazione nel gioco, del meccanismo, nel funzionamento, dell’organismo stesso dell’eternità stessa. Non solo il rovescio del dritto, una storia effimera di cui non bisogna affatto parlare; non c’è bisogno di parlarne, non ne vale la pena, tanto dura poco. Ma un pezzo complementare indispensabile, un pezzo di istituzione e di creazione stessa, come il resto, tanto quanto il resto, eterno quanto il resto in un certo senso, un pezzo non solo inevitabile, ma indispensabile, senza il quale niente funzionerebbe più, senza il quale il meccanismo stesso, della creazione, non funzionerebbe più, non camminerebbe più, sarebbe tutt’altro, non sarebbe più, senza il quale questo organismo non fungerebbe più; non vivrebbe più questa vita; vivrebbe una vita tutta diversa; non vivrebbe più. In questo senso tutto questo invecchiamento, – perché tu lo riconosci, – tutta questa età fa parte integrante della creazione. […] Ecco ciò che dimenticano troppo, ciò che perdono generalmente di vista i nostri chierici, e quelli che vivono nella regola, e anche quelli che vivono nel secolo. Vi è molta empietà nella loro ignoranza del secolo (temporale); in questa ignoranza, più o meno volontaria, più o meno involontaria; più o meno incosciente, ma generalmente molto cosciente; in questo disprezzo più o meno affettato; molto orgoglio certamente e molta pigrizia; che sono due peccati capitali; ma ciò che è (molto) più grave, in un certo senso infinitamente più grave, molta empietà; forse in un certo senso un’infinita empietà; molto misconoscimento di una parte non essenziale, ma contro-essenziale, giust’essenziale, indispensabile, complementare indispensabile, niente affatto supplementare; così infinito misconoscimento di ciò che è la creazione, di ciò che fa la creazione stessa, di quel gusto che essa ha, di quel gusto caratteristico, di quel sapore sulla lingua. Diversamente allora non ne varrebbe la pena. Sarebbe, sarebbe stata l’eternità subito. E allora io la storia non esisterei. Io l’invecchiamento. Io la temporalità. Io lo so bene, io, che non esisterei. Tu capisci se ciò mi interessa. Io non sarei stata affatto, creata».


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