Da Véronique. Dialogue de l’histoire et de l’âme charnelle
Come un nuovo inizio
Un brano da Véronique… di Charles Péguy
«Bisognava sempre ricominciare. Una fondazione
eterna, d’origine eterna, non impediva affatto, una fondazione, una
captazione della fonte eterna, captatio aeterni
fontis non esonerava affatto da dover sempre
ricominciare temporalmente. Una eternità di fondazione, ab ordine aeterne condito, non
impediva affatto, non esonerava affatto che nel tempo e in un certo senso
nel secolo bisognasse sempre ricominciare. Nessuna eternità di
fondazione impedisce che la fondazione sia in un certo senso nel secolo,
che l’eternità sia in un certo senso nel tempo; ecco il mio
valore [è la storia a parlare], ecco la mia potenza, ecco la mia
virtù; io sono, io costituisco un pezzo indispensabile nel
meccanismo, nell’organismo stesso dell’eternità stessa;
un pezzo complementare; certo, non un pezzo, il pezzo essenziale, ma
neanche un pezzo solo accidentale; un pezzo di istituzione, di creazione nel gioco, del
meccanismo, nel funzionamento, dell’organismo stesso
dell’eternità stessa. Non solo il rovescio del dritto, una
storia effimera di cui non bisogna affatto parlare; non c’è
bisogno di parlarne, non ne vale la pena, tanto dura poco. Ma un pezzo
complementare indispensabile, un pezzo di istituzione e di creazione
stessa, come il resto, tanto quanto il resto, eterno quanto il resto in un
certo senso, un pezzo non solo inevitabile, ma indispensabile, senza il
quale niente funzionerebbe più, senza il quale il meccanismo stesso,
della creazione, non funzionerebbe più, non camminerebbe più,
sarebbe tutt’altro, non sarebbe più, senza il quale questo
organismo non fungerebbe più; non vivrebbe più questa vita;
vivrebbe una vita tutta diversa; non vivrebbe più. In questo senso
tutto questo invecchiamento, – perché tu lo riconosci, –
tutta questa età fa parte integrante della creazione. […] Ecco
ciò che dimenticano troppo, ciò che perdono generalmente di
vista i nostri chierici, e quelli che vivono nella regola, e anche quelli
che vivono nel secolo. Vi è molta empietà nella loro
ignoranza del secolo (temporale); in questa ignoranza, più o meno
volontaria, più o meno involontaria; più o meno incosciente,
ma generalmente molto cosciente; in questo disprezzo più o meno
affettato; molto orgoglio certamente e molta pigrizia; che sono due peccati
capitali; ma ciò che è (molto) più grave, in un certo
senso infinitamente più grave, molta empietà; forse in un
certo senso un’infinita empietà; molto misconoscimento di una
parte non essenziale, ma contro-essenziale, giust’essenziale,
indispensabile, complementare indispensabile, niente affatto supplementare;
così infinito misconoscimento di ciò che è la
creazione, di ciò che fa la creazione stessa, di quel gusto che essa
ha, di quel gusto caratteristico, di quel sapore sulla lingua. Diversamente
allora non ne varrebbe la pena. Sarebbe, sarebbe stata
l’eternità subito. E allora io la storia non esisterei. Io
l’invecchiamento. Io la temporalità. Io lo so bene, io, che
non esisterei. Tu capisci se ciò mi interessa. Io non sarei stata
affatto, creata».