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IL PAPA IN TERRA SANTA
tratto dal n. 02 - 2000

Come quella sera


Il vescovo di Verona racconta la sua esperienza a Gerusalemme dove ha vissuto per alcuni anni: «Un segno della mutata situazione è proprio il Cenacolo: vi si può accedere liberamente e sostare in preghiera. Lì pregherà il Papa e – grande novità – dopo secoli di silenzio e lacrime, celebrerà il mistero dell’ultima cena: l’Eucaristia»


di Flavio Roberto Carraro


6 Gennaio, Betlemme: Paolo VI all’altare del Presepio nella Grotta della Natività

6 Gennaio, Betlemme: Paolo VI all’altare del Presepio nella Grotta della Natività

L’11 ottobre dell’anno 1962 è stato per me un giorno di grazie straordinarie: ho partecipato all’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, mentre tenevo in tasca l’Obbedienza del mio ministro provinciale per andare in Palestina; destinazione: Studium biblicum franciscanum dei frati minori a Gerusalemme-Old City.
Gerusalemme riempie le pagine della Bibbia e alimenta la fiamma del mio giovane cuore.
Continuare gli studi biblici in Terra Santa era una grazia grande e immeritata.
Presto, però, mi dovetti rendere conto della reale situazione di Gerusalemme. Mi sarebbe stato possibile raggiungerla via mare approdando ad Haifa, ma proprio in quell’11 ottobre mi pervenne un telegramma del direttore dello Studium che mi avvertiva dell’impossibilità di raggiungere la meta provenendo dallo Stato di Israele; bisognava prendere l’itinerario marino: Venezia-Cairo-Beirut; da qui con un taxi a Damasco e Gerusalemme. Non potei fare che così.
Giunsi a Gerusalemme con il cuore in tumulto per due contrastanti situazioni: la bellezza della Città santa al tramonto del sole e la situazione di stato di guerra in cui la gente e le cose vivevano. Mi si snodavano nella mente e si adagiavano nel cuore le consolanti parole di tanti salmi.
L’anno accademico era iniziato da poco e mi immersi nello studio, uno studio che i docenti aiutavano con uno spirito bonaventuriano: la rigorosità scientifica accompagnata dall’“unzione del cuore”.
Di particolare utilità trovavo la commistione fra tempi di studio e partecipazione alla vita della fraternità francescana del Convento della Flagellazione.
Il programma di studi prevedeva – oltre all’orario scolastico quotidiano – una visita guidata ogni settimana alla città di Gerusalemme e periferia, un’escursione mensile di un giorno ai luoghi storico-biblici della regione, tre escursioni di 7-10 giorni nell’anno. Queste comprendevano tempi di preghiera, conferenze, visite ai luoghi biblici con particolare attenzione alla geografia e all’archeologia. L’insieme comportava molta dedizione e non poco sacrificio, ma produceva anche una soddisfazione, una gioia e una sofferenza difficilmente descrivibili. La sofferenza proveniva soprattutto da due fonti: la situazione sociopolitica-militare e le divisioni profonde tra cristiani che per la prima volta, per così dire, toccavo con mano. Mi sembrava letteralmente impossibile che la storia avesse dovuto essere spettatrice di uno scandalo così grave procurato da discepoli di quel Gesù che aveva pregato il Padre chiedendo che i suoi fossero una cosa sola.
Nel corso dell’anno, ovviamente, successero molte cose. Ricordo con piacere la situazione che vivevo con stupore e letizia, il dire a me stesso: faccio quattro passi e vado al Getsemani, al Santo Sepolcro, al Cenacolo… Impensabile! Ma era così.
6 Gennaio, Roma: Paolo VI all’aeroporto di Ciampino con il presidente della Repubblica Italiana Antonio Segni e Giulio Andreotti

6 Gennaio, Roma: Paolo VI all’aeroporto di Ciampino con il presidente della Repubblica Italiana Antonio Segni e Giulio Andreotti

Ai frati francescani era permesso di recarsi in gruppo al Cenacolo il giovedì santo e il giorno di Pentecoste, ma solo per leggere i rispettivi brani biblici, alla presenza di un rappresentante del governo israeliano. Cristiani, sacerdoti, religiosi nel Cenacolo, in quella situazione: immaginate quale tumulto di pensieri e sentimenti.
Quel tempo “unico” terminò alla fine del luglio 1963, dopo aver vissuto la notizia della morte del santo padre Giovanni XXIII e l’elezione di Paolo VI. I mezzi di comunicazione diedero uno spazio rilevante alla notizia, e abbiamo vissuto giorni di “cattolicità” anche fra non cattolici e non cristiani.
Rientrai in Italia e negli anni successivi al Concilio ebbi ancora occasione di recarmi, pellegrino fra pellegrini, in Terra Santa.
Ebbi ancora la grazia di un anno sabbatico dall’autunno 1994 all’autunno del 1995. Allora potei abitare a Gerusalemme in una piccola casa dell’Ordine, nel quartiere di Talbiye. Ripresi i contatti con lo Studium biblicum franciscanum per dei corsi di aggiornamento e potei ancora dedicare tempo alla preghiera, alle visite ai luoghi santi e allo studio.
La situazione era molto cambiata da quella degli anni Sessanta. C’erano state le guerre, e il movimento diplomatico mondiale, non ultimi quello italiano e quello vaticano, urgevano per un cammino di pace.
Vennero ministri del nostro governo, fra i quali ricordo l’onorevole Oscar Luigi Scalfaro e l’onorevole Giulio Andreotti, che ebbi il piacere di ricevere nella piccola cappella di casa, assieme ad alcune personalità del consolato italiano, per la celebrazione di una santa messa da loro richiesta.
Ho vissuto quell’anno con molta speranza, una speranza nella maturazione di una pace che nel ’63 era impensabile.
Fu l’allora delegato apostolico sua eccellenza monsignor Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, che avemmo ospite in casa nostra, a rinfocolare questa speranza, dopo che egli ci raccontò quel tanto che era possibile raccontare del cammino che portò alla instaurazione di rapporti diplomatici fra la Santa Sede e lo Stato di Israele.
Un segno della mutata situazione è proprio il Cenacolo: vi si può accedere liberamente e sostare in preghiera. Lì ora si trova un ulivo dorato, dal tronco del quale si staccano tre robusti rami a ricordare l’unica radice ispiratrice delle tre religioni che chiamano il patriarca Abramo “padre nella fede”. Lì pregherà il Papa e – grande novità – dopo secoli di silenzio e lacrime, celebrerà il mistero dell’ultima cena: l’Eucaristia. Sarà un’ulteriore pietra che questo straordinario Papa porrà nel cammino della pace fra i popoli e dell’unità tra i cristiani; un cammino doloroso e difficile come il camminare di Giovanni Paolo II, che però non si arresta mai.


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