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SANTUARI LOMBARDI
tratto dal n. 05 - 2002

Nostra Signora dei miracoli


La Madonna della Caravina si affaccia sul lago di Lugano, al confine con la Svizzera, ma ha da sempre un legame particolare con la diocesi di Milano. È uno dei santuari più belli della provincia di Como e la sua storia non è da meno...


di Stefania Falasca




A sinistra, il santuario 
di Nostra Signora dei miracoli 
della Caravina, a Cressogno, che si affaccia sul lago di Lugano

A sinistra, il santuario di Nostra Signora dei miracoli della Caravina, a Cressogno, che si affaccia sul lago di Lugano

«Soffiava sul lago una breva fredda, infuriata di voler cacciare le nubi grigie, pesanti sui cucuzzoli scuri delle montagne... Ma qui a ponente, in fondo al lago, si vedeva un chiaro, un principio di calma...». È l’inizio di Piccolo mondo antico. Si apre così lo scenario del celebre romanzo di Fogazzaro. Il lago è quello di Lugano, visto dalle sponde montane del Ceresio, proprio al limitare della Valsolda. Ad un passo dal confine svizzero. Non si possono davvero guardare queste rive senza la suggestione poetica di quel romanzo. Qui sono le pagine di Piccolo mondo antico a far da guida, e dalla strada stretta e tortuosa che costeggia il lago ti vengono incontro uno ad uno i paesini descritti da Fogazzaro, appollaiati come nidi tra il verde. Ecco Oria, San Mamete, Cima... più in là Cressogno, proprio in fondo al lago, e lì tra i cipressi e gli ulivi un candido campanile si riflette nell’acqua. Proprio lì, in quel chiaro... È questo uno dei santuari mariani più belli della provincia di Como: Nostra Signora dei miracoli della Caravina. Già, senza dubbio, uno dei più belli. E la sua storia non è da meno.
«Correva il secolo decimosesto, l’eresia dei protestanti aveva spezzata l’unità della religione cattolica svellendo dal tronco secolare della Chiesa madre le più belle regioni del nord d’Europa, e minacciava anche la nostra terra, dove principalmente nelle valli che la dividono dalla Svizzera, la lotta di pensiero, e non solo di pensiero, tra cattolici e protestanti era accanita, continua, e la vittoria incerta...». Così le memorie del santuario scritte alla fine dell’Ottocento iniziano a raccontarne la storia. «La Valsolda» si legge ancora «non ospitò mai eretici, ma non lontano l’eresia trovava aderenti e protezione. A custodia della fede cattolica nel popolo, Iddio volle allora donare anche a questa valle un nuovo trono della Sua misericordia dal quale Maria Vergine si deliziasse di spargere conforto e grazie». Le circostanze e i fatti sono puntalmente riportati dai documenti dell’epoca.
Proprio agli inizi del Cinquecento, nel punto esatto dove oggi sorge il santuario, un anonimo devoto aveva fatto erigere una cappellina nella quale era dipinta una Madonna Addolorata con in grembo Gesù deposto dalla croce. La località su cui sorgeva questa piccola cappella campestre con l’immagine della Pietà era comunemente chiamata dalla gente “Caravina”. Nel 1530 un miracolo. Il primo. Riguarda un valsoldese. Un fuoriscito valsoldese che, condannato a morte dalla giustizia di un lontano paese, aveva cercato scampo ritornando in patria. Le cronache del tempo raccontano che il profugo arrivato alla Caravina, posta allora sulla linea di confine, venne fermato dalle autorità della Valsolda per essere sottoposto ad una quarantena, in quanto sospetto portatore di peste. I segni della terribile malattia non tardarono a manifestarsi e il poveretto, consunto dall’inedia e abbandonato da tutti, trascorreva le sue giornate all’interno della cappellina a domandare conforto a Colei che la devozione della Chiesa chiama “pubblico ospedale dei poveri peccatori”. Una notte vide in sogno la Madonna che era lì dipinta avvicinarsi a lui e curargli le piaghe. Svegliatosi si trovò guarito. Da quel momento la devozione verso la sacra immagine della Caravina andò diffondendosi sempre più. E trent’anni più tardi ecco documentato un altro miracolo. Fu proprio questo a dare origine alla costruzione del santuario.
Anno di grazia 1562, addì 11 maggio. È il lunedì dopo l’Ascensione. Il primo giorno delle litanie, secondo il rito ambrosiano. Verso mezzogiorno, terminata a Cima la processione di penitenza, i fedeli facevano ritorno alla spicciolata alle loro case. Due donne, Pedrina di Cortivo e Beltramina Mazzucchi, arrivate alla Caravina, si fermarono a salutare la Madonna. Entrate nella cappelletta, con loro grande meraviglia, videro il volto dipinto di Maria rigarsi di lacrime. La Madonna piangeva davanti ai loro occhi. Sorpresa e confusa, una delle donne, in un gesto di filiale pietà, cercò col fazzolletto di asciugarle, ma le lacrime scendevano giù da quel volto ancora più copiose. Ben presto la notizia del fatto si sparse nella valle e altri miracoli confermarono, il giorno stesso, il pianto miracoloso della Vergine. Una donna di Oria, gravemente malata da parecchi anni, saputo dai parenti di ritorno dalle litanie di quel prodigio, volle farsi portare in barca alla Caravina. Era già sera quando vi giunse. Completamente guarita fece ritorno a casa. Tre giorni dopo, anche due sacerdoti malati celebrando la messa davanti a quella Pietà si ritrovarono improvvisamente guariti. Guarigioni improvvise si verificarono ancora nei giorni seguenti. Questi fatti non tardarono a giungere all’orecchio dell’arcivescovo di Milano, che era allora Carlo Borromeo. Il santo arcivescovo ordinò subito l’apertura di un processo canonico. Appurata la veridicità dei prodigi, l’autorità ecclesiastica dichiarò miracolosa l’immagine della Caravina. San Carlo Borromeo volle che quel sacro dipinto fosse custodito in un santuario. Ed egli stesso, a sue spese, si occupò della costruzione, facendo poi trasportare il dipinto della Madonna sull’altare maggiore. Nel 1570, a conclusione dei lavori, vi celebrò la messa solenne e vi tornò poi pellegrino più volte. All’interno del santuario un’iscrizione a lato dell’altare maggiore ricorda san Carlo Borromeo col titolo di “signore della Valsolda”. «È un titolo che l’arcivescovo di Milano tuttora mantiene» spiega uno dei padri custodi del santuario. «Quello della Valsolda con la diocesi di Milano è un legame particolare. Un legame» spiega ancora «che di certo ha segnato la storia di questa valle: da sempre quassù crebbe una fedele comunità ambrosiana. Da Carlo Magno, infatti, questa terra di confine, ha respinto per nove secoli ogni invasore e si resse sempre a libero comune, invocando come unica autorità riconosciuta proprio quella dell’arcivescovo di Milano». Paolo VI, quando era arcivescovo di Milano, venne più volte pellegrino alla Madonna della Caravina. Nel 1962, in occasione del quarto centenario del miracolo del pianto di Maria, celebrò la messa solenne e consegnò le chiavi della casa della Madonna ai padri del Sacro Cuore di Gesù. Anche il santo cardinal Schuster soleva raccogliersi in preghiera davanti a questa venerata immagine di Maria che aveva sgorgato lacrime.
Panorama della Valsolda vista dal lago di  Lugano

Panorama della Valsolda vista dal lago di Lugano

A maggio numerosi sono i pellegrini della diocesi di Milano che vengono al santuario in occasione della ricorrenza del miracolo. Ma vengono anche dalle diocesi vicine. Oggi è una bella giornata primaverile. E dal piazzale davanti al santuario la vista spazia lontano. Un gruppo di pellegrini comaschi è appena arrivato qui in pullman e s’affretta ad entrare per assistere alla messa. All’uscita tutti s’affollano in una macchia d’ombra a ridosso della ringhiera che s’affaccia sul lago. Una breve sosta prima di ripartire fatta di panini e bevande nei thermos. Alcuni bambini si rincorrono sul piazzale. Un ragazzino lì davanti corre finalmente dietro al suo aeroplanino di carta. Improvvisa una folata di vento rigira quelle ali di carta e le scaraventa giù, nello specchio d’acqua liscio e lucente. Il ragazzino si piega sul parapetto e segue dall’alto il destino del suo aeroplanino. Quell’improvvisa folata ha scompaginato più in là anche il nostro Piccolo mondo anticoI Ecco di nuovo aprirsi un campo di affetti, di memorie care, schiette e limpide. Anche l’autore di quelle pagine, da bambino veniva qui. Vicentino di nascita, si considerava tuttavia un figlio adottivo della Valsolda. La sua casa è proprio qui a due passi e i personaggi, tutti reali, che popolano il suo romanzo, ci parlano anch’essi di una devozione semplice e filiale alla Madonna: «Un suono di campane veniva dall’isola dei pescatori. “Mi raccomando alla Madonna della Caravina!” diss’ella salendo sulla barca, mentre altre decine di barchette imbandierate già versano all’approdo, dove comincia la bella strada del Tencalla. Ma ecco le funzioni incominciano. Risuona l’organo maestoso e la processione lenta, solenne s’allunga. Ciascuno porta il suo canestro ricolmo di doni. È la festa della Madonna della Caravina. Uno ad uno entrano nel santuario per prostarsi ai piedi della venerata immagine... Franco, impetuoso com’era, aveva tuttavia la semplice tranquilla fede d’un bambino... vi raccomandava la sua Luisa e vi esprimeva una fiducia in Dio così candida e piena che avrebbe toccato il cuore più incredulo...».


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