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PIAZZA COLONNA
tratto dal n. 05 - 1999

Intervista trasmessa dal Giornale Radio Rai Gr3 delle ore 8.45

Chi non sa accettare la normalità di vita


Il senatore Giulio Andreotti a proposito dell’omicidio del professore Massimo D’Antona


di Licia Conte


Presidente Andreotti, Cossiga sostiene che, di fronte a una sinistra che fa la guerra a uno degli ultimi regimi postcomunisti del pianeta, era inevitabile che si staccasse dal suo corpo una frangia violenta, nostalgica degli anni Settanta. Condivide questa analisi?
GIULIO ANDREOTTI: Questo può essere, perché già l’altra volta uno dei motivi che fu alla base del terrorismo delle “brigate” fu l’accusa ai comunisti di abbandonare la via rivoluzionaria, quando votarono il governo monocolore democristiano da noi presieduto e passarono, dall’opposizione, prima all’astensione, poi al voto. Oggi sarebbe ancora più difficile fare accettare a questo tipo di persone una guerra che non si ha nemmeno il coraggio di chiamare guerra; si chiama solo “operazione militare”.
Presidente, ci sono differenze, e quali, tra l’attuale situazione politica e socioeconomica e quella della fine degli anni Settanta?
ANDREOTTI: Sotto alcuni aspetti, direi di no. In questo senso: proprio agli inizi del ’76, cioè del triennio cosiddetto di solidarietà nazionale, le condizioni finanziarie erano terribili. Oggi, forse, la situazione è peggiorata in materia di occupazione: in alcune zone, in modo speciale del Centro e del Sud, trovare lavoro è molto arduo. In questo periodo, si stanno appunto predisponendo dei piani e il povero professor D’Antona era uno di quelli che ha aiutato il governo a predisporre queste misure correttive: non so se questa è un’altra spiegazione più che possibile, cioè che si sia voluto colpire, come fu fatto con Tarantelli, Ruffilli, quelli che aiutano i governanti a predisporre misure in questo caso sindacali, nell’altro di riforma costituzionale.
In questo drammatico momento, quali consigli si sente di dare alla Jervolino, a D’Alema, ai responsabili dei servizi segreti?
ANDREOTTI: Il consiglio è di cercare di accelerare al massimo i tempi per chiudere la vicenda del Kosovo. Credo che rappresenti un forte stimolo anche alla fantasia di chi non si ritrova, o non sa accettare la normalità di vita. E (siccome vedo che, nonostante gli sforzi che il governo fa – ieri D’Alema è andato anche a Bruxelles per questo – ci sono ancora voci durissime: anche ieri un ospedale è stato colpito) questo è un clima in cui veramente possono venire fuori le tentazioni peggiori nelle persone più spietate o anche più deboli.
Negli anni Settanta si parlò sulla stampa e nell’opinione pubblica di un fantomatico “grande vecchio” dietro gli episodi di terrorismo.
ANDREOTTI: Anche quella è stata un’interpretazione, però nessuno ha mai individuato questa centrale unica. Comunque, questo vecchio del ’70 adesso sarebbe morto.


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