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DOCUMENTI
tratto dal n. 04 - 1999

Uomini irrequieti


Lettera scritta nell’anno 380 da papa Damaso ai vescovi della Macedonia.Dopo aver condannato l’ordinazione di Massimo Cinico, Damaso esorta i vescovi macedoni affinché nel concilio che sarà di lì a poco celebrato a Costantinopoli venga affidata la guida di quella città a un vescovo degno; e affinché vengano osservati i decreti dei padri contro il trasferimento dei vescovi


La lettera di papa Damaso ai vescovi della Macedonia


Il papa accoglie l’appello contro un vescovo intruso, Ms. lat. 3898, 
f.142 v., Biblioteca Nazionale, Parigi

Il papa accoglie l’appello contro un vescovo intruso, Ms. lat. 3898, f.142 v., Biblioteca Nazionale, Parigi

Dopo aver letto ciò che la vostra carità mi ha scritto, fratelli carissimi, sono rimasto veramente rattristato; proprio nel momento in cui, con l’aiuto di Dio, gli eretici, colpiti da infamia, si erano allontanati, alcuni – non so chi – venuti su richiesta dall’Egitto, contro la regola della disciplina ecclesiastica, vollero chiamare all’episcopato nella città di Costantinopoli un [filosofo] cinico, estraneo alla nostra fede. Ebbene, se questo sia stato dovuto a impeto sincero piuttosto che a vergognosa presunzione, non possiamo saperlo. Comunque appare evidente che gli uomini irrequieti, mentre presumono molto, non sanno affatto quel che devono fare. Non avevano letto l’Apostolo che scrive: «È una vergogna per un uomo prendersi cura dei capelli»? Non sapevano che il modo di essere dei filosofi non conviene a quello cristiano? Non avevano udito l’Apostolo che ammonisce di non abbandonare il vestito della sana fede per la seduzione vuota di quella filosofia che a lungo avevano professato? Perché così tanta fretta – visto che il modo di essere dei filosofi non piace per nulla ai cristiani – nel fare senza pudore ciò che era del tutto sconveniente? Ma la perversità di questi uomini così meschini ha fatto dell’altro. Espulsi dalla chiesa, ordinarono tra muri altrui quell’uomo irrequieto e, per quanto è dato di capire, ambizioso. Ma è chiaro che queste sono macchinazioni del diavolo, che procura agli eretici materia per accusarci.
Si è compiuto quello che dice il Vangelo: «Ogni pianta che non avrà piantato il Padre mio celeste, sarà sradicata». Questo l’ho ricordato spesso alla vostra carità perché non si faccia nulla sconsideratamente. Ignora forse la vostra sincerità che nelle guerre mondane i soldati stanno maggiormente all’erta lì dove il nemico attacca con insistenza? Se dunque sempre con le armi episcopali dobbiamo resistere, sollecitamente dobbiamo agire per non lasciare, Dio non voglia, il gregge di Cristo a lupi rapaci. La filosofia, amica della sapienza mondana, è nemica della fede, veleno per la speranza, in lotta acerrima contro la carità. Che accordo può esserci tra il tempio di Dio e gli idoli? Che hanno da spartire Cristo e Belial?
Forse alcuni diranno: era cristiano. Ma a un uomo che incede con atteggiamento profano non va mai riconosciuto il nome di cristiano, perché non può essere che chi in questa maniera cerca di piacere ai pagani possa essere partecipe con noi della fede integra. D’altra parte, non senza ragione, quelli che erano venuti dall’Egitto, biasimati da tutti, se ne andarono ammettendo il proprio errore. E a colui che era stato ordinato per motivi non buoni vennero tagliati i capelli, in modo che fosse disonorato e nello stesso tempo non potesse essere ciò cui ambiva. Fu giusto che quel che ingiustamente era stato intrapreso venisse cancellato dalla pubblica autorità [dall’imperatore che in quel momento risiedeva a Tessalonica in Macedonia].
Per il resto faccio appello alla vostra santità. Dal momento che ho saputo che è stato stabilito debba tenersi un concilio a Costantinopoli, la vostra sincerità si adoperi perché sia scelto un vescovo, per la predetta città, che non abbia nessun motivo di biasimo: affinché, con la benevolenza di Dio, essendo stata confermata integralmente la pace dei vescovi cattolici, non nasca in seguito nessun dissenso nella Chiesa; cosicché, con l’aiuto di Dio, che già prima abbiamo invocato, la pace fra i vescovi cattolici possa durare sempre.
Inoltre richiamo la vostra carità. Non permettete che qualcuno, contro quello che è stato stabilito dai nostri padri, sia trasferito da una città a un’altra, e abbandoni il popolo a lui affidato passando per ambizione a un’altra Chiesa. Ne sorgono infatti ora contese, ora le divisioni più pericolose; dal momento che quelli che hanno perso il vescovo non possono non essere addolorati, e quelli che ricevono il vescovo da un’altra città, anche se immediatamente sono contenti, si renderanno conto che va a loro discredito stare sotto un vescovo che viene da altrove.


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