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GUERRA IN IUGOSLAVIA
tratto dal n. 04 - 1999

MERCATO DELLE ARMI. Gli studi dell’Archivio Disarmo

Aerei invisibili, affari reali


L’euforia della Borsa Usa. Le commesse del Pentagono e della Nasa. Le armi troppo sofisticate per l’Europa. Intervista con un esperto


Intervista con Fabrizio Battistelli di Giovanni Cubeddu


Citando un discorso di Winston Churchill del 1948, il segretario alla Difesa statunitense William Cohen ha recentemente affermato – in un editoriale che meriterebbe ampio approfondimento – di credere in «una Europa unita la cui forza fisica sarà tale che nessuno vorrà avventurarsi a molestare la sua tranquilla autorità». Ha suggerito poi che, secondo quanto la guerra del Kosovo insegna, l’Europa si deve attrezzare per saper far fronte alle «nuove sfide» del XXI secolo in campo tecnologico-militare, e ha sottolineato maliziosamente il fatto che in Iugoslavia «alcuni aspetti delle operazioni sono stati esclusivamente americani». Sarebbero perciò indilazionabili, secondo Cohen, investimenti dei Paesi europei nel settore degli armamenti, in un quadro atlantico dove «un’Europa più forte significa una Nato più forte». A un esperto, Fabrizio Battistelli, docente dell’Università La Sapienza di Roma e segretario generale dell’Archivio Disarmo, chiediamo lumi su quei fenomeni economici, legati al “complesso militare-industriale”, dai quali ogni guerra nasce e che a loro volta da ogni guerra sono alimentati. «Non è possibile stabilire rapporti rigidi di causa ed effetto. La teoria che le guerre sono create dai “mercanti di cannoni” appartiene all’Ottocento…» precisa Battistelli. Però «è vero che ogni guerra mette in moto una domanda specifica di nuovi sistemi d’arma, sia dal punto di vista della ricerca tecnologica che dal punto di vista di nuove commesse degli strumenti già esistenti. Esempio: a causa della guerra in Kosovo i missili Cruise residui nei magazzini statunitensi sono ormai meno di cento, e le grandi compagnie americane – in questo caso la Boeing – lavorano già a pieno ritmo per riciclare i Cruise a testata nucleare armandoli con testate convenzionali».

L’aereo invisibile Stealth. Un’arma pensata ai tempi della guerra fredda

L’aereo invisibile Stealth. Un’arma pensata ai tempi della guerra fredda

Il settore pubblico non è estraneo all’economia di guerra. Gli analisti ricordano ad esempio che il Pentagono e la Nasa comandano commesse fortissime…
FABRIZIO BATTISTELLI: La guerra suscita anche una domanda allargata. Già Keynes aveva descritto come il settore pubblico sia in grado di creare nel mercato una domanda aggiuntiva per scopi civili o bellici. E alcuni sintomi suggeriscono che la guerra fa sentire i suoi effetti psicologici, se non già economici: la Borsa, in particolare negli States, è euforica, l’indice Dow Jones ha superato quota diecimila punti, con la crescita più poderosa degli ultimi anni. Il dollaro si è rafforzato sull’euro del 10 per cento, tornando ad essere un bene rifugio. Non dico che la Borsa americana sia euforica solo per la guerra, ma certo non ne sente il peso, a differenza di quelle europee, dove gli operatori sentono la guerra vicina – più in Italia e Germania che non a Londra – e temono per i loro affari.
Il conflitto balcanico, e nell’editoriale di Cohen se ne trova ampia traccia, richiama il vecchio continente al suo dramma di potenza diplomatica e di nano militare.
BATTISTELLI: L’Europa si trova in una competizione che non può e non vuole vincere: gli Stati Uniti nel settore armamenti sono avanti di due generazioni, mentre da noi esiste un rapporto di scambio tra spesa pubblica per obbiettivi militari e spese civili e sociali. Gli Stati Uniti invece sfruttano la funzione di moltiplicatore economico generale che hanno le spese militari e la produzione di armamenti. Insomma, non c’è il dilemma burro o cannoni, bensì l’accoppiata burro e cannoni.
Ciò si connette al surplus nel bilancio statale federale – calcolato in circa 111 miliardi di dollari – che hanno oggi gli Stati Uniti. Fondi sui quali è aperto il dibattito su quale destinazione debbano avere. Vi sono due tendenze che paradossalmente rovesciano un’antica tradizione: i repubblicani non vogliono impegnare queste somme per la spesa militare preferendo la spesa sociale, e contemporaneamente hanno promesso al loro elettorato che non aumenteranno le tasse. I democratici, scambiandosi le parti con i falchi repubblicani, sono invece intenzionati a coprire i costi per gli armamenti. Se è vero che la Banca Lehmann ha stimato in cinquanta miliardi di dollari i costi per tre mesi di guerra nel Kosovo… ecco che gran parte del surplus di bilancio ha già trovato la sua destinazione finale.
Per l’Unione europea è una gara perduta in partenza.
BATTISTELLI: Attenzione. Qui entra “l’imbarocchimento” dei sistemi d’arma, un fenomeno parossistico particolarmente evidente negli Stati Uniti. È il processo per cui le armi assicurano prestazioni tecnologicamente sempre più avanzate, che però entrano in contraddizione con le altre prestazioni fornite dalla stessa arma. L’esempio più noto è l’aereo Stealth, caduto nella guerra del Kosovo. Non è stato abbattuto da un missile di generazione avanzata a guida intelligente, ma probabilmente da un semplice cannone tipico della seconda guerra mondiale. Questo aereo “invisibile” ai radar è costruito con un materiale poroso costosissimo ma delicatissimo, incapace di resistere ad un proiettile balistico; ed è altresì un aereo incapace di viaggiare oltre i mille chilometri orari nel caso debba sfuggire ai caccia nemici, che lo intercettano a vista, o ad un qualunque missile a guida inerte. È un’arma “barocca”, pensata ai tempi della guerra fredda per contrastare le difese hi-tech dei sovietici.
E ciò che cosa significa?
BATTISTELLI: Che dietro le parole di Cohen si cela l’ipotesi di una “divisione del lavoro” tra Europa e Stati Uniti in caso di conflitti regionali. L’Europa dovrebbe fornire le truppe di terra e potenziare gli armamenti convenzionali più classici, mentre agli Stati Uniti resterebbe il settore della ricerca avanzata. Questo è lo scenario progettato, in qualche misura già attuale. Bisogna però vedere se, nel momento in cui decida di mettere a punto una politica estera e di difesa comune, l’Europa trovi conveniente tale schema: non è scritto da nessuna parte che essa abbia bisogno di sistemi d’arma estremamente futuristici e barocchi, e che invece non debba puntare su un’industria militare europea effettivamente integrata. Che sarà più “rustica” di quella che gli americani vogliono proporre, ma altrettanto e più efficiente per risolvere i conflitti regionali. Ricordiamoci che lo stesso William Cohen, quando non era ancora segretario alla Difesa, ironizzò sul volo dello Stealth in uno scenario di guerra reale. Disse che impiegarlo era come «viaggiare in Rolls Royce su una strada sterrata». Aveva ragione.


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