«Grazie a loro il frate di Pietrelcina non è solo un devoto ricordo»
Così disse alcuni anni fa il cardinale Agostino Casaroli a proposito dei Gruppi di preghiera voluti da Padre Pio. Oggi sono centinaia, nascono spontaneamente in tutto il mondo. Intervista con il responsabile del Centro internazionale Gruppi di preghiera
di Stefano Maria Paci
È una vera
task-force spirituale. In questi anni si è sviluppata
sorprendentemente, e continua a crescere. I Gruppi di preghiera voluti da
Padre Pio erano qualche decina nel 1960, alcune centinaia nel 1980,
migliaia oggi. Attualmente, sono 1820 in Italia e 400 all’estero, e
sono diffusi in 34 Stati, dal Cile all’Australia, dal Benin alle
Filippine. Ogni gruppo conta dai trenta ai trecento membri: centinaia di
migliaia di persone diffuse nei cinque continenti. «Non siamo in
grado di dire il numero dei partecipanti ai Gruppi, perché non
abbiamo tessere né vincoli associativi. La fede, per sua natura,
è libera», dice Fabio Comparato, responsabile del Centro
internazionale Gruppi di preghiera, l’organismo che li coordina.
Gli Statuti sono stati approvati, dopo anni di
gestazione, il 3 maggio 1986. Il giorno dopo sono entrati in vigore: a
portarli a San Giovanni Rotondo, dove si svolgeva il Congresso
internazionale dei Gruppi, fu proprio l’allora segretario di Stato
vaticano, il cardinale Agostino Casaroli. È grazie ai Gruppi di
preghiera, disse, che il frate di Pietrelcina non rimane solo un devoto
ricordo ma «è reso presente nelle diocesi, nelle parrocchie,
nelle famiglie con la sua fede profonda, con il suo esempio e la sua
spiritualità». Ricorda monsignor Riccardo Ruotolo, presidente
dell’Opera Padre Pio: «Quando il 4 maggio 1986 annunciai ai
presenti l’approvazione pontificia del nuovo Statuto, la folla
accolse la notizia con un lungo applauso. Venivano riconfermati i
princìpi base e le finalità assegnate da Padre Pio ai suoi
Gruppi sin dall’inizio. Secondo le sue indicazioni, i Gruppi di
preghiera devono distinguersi per la loro fedeltà alla Chiesa, al
Papa e ai vescovi, per la formazione cristiana integrale, per la vita di
preghiera, per la carità generosa verso i sofferenti».
I Gruppi di preghiera possono nascere spontaneamente, ma hanno una regola inderogabile: devono essere guidati da un sacerdote, e ricevere l’approvazione del vescovo locale. «Niente benestare senza il sacerdote, niente benestare senza il vescovo: erano queste le direttive che ci aveva dato Padre Pio. Voleva evitare degenerazioni e un culto esagerato nei suoi confronti», rammenta Fabio Comparato. Che sin dall’inizio partecipa a questa avventura. «Già negli anni Quaranta Padre Pio incitava i suoi “figli spirituali” a pregare assieme», ricorda. «E, a un certo punto, ci siamo accorti che erano sorti dei gruppi, in forma semiufficiale. Nel 1947 si formò un gruppo a Roma, nel ’49 uno a Udine. Nel 1951 ce ne erano in Inghilterra, in Svizzera, negli Stati Uniti. Così, venne creata una struttura provvisoria di coordinamento». I Gruppi crebbero di pari passo con l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Ma non servivano, come erroneamente si ripete spesso, per raccogliere fondi per esso. «Padre Pio ha voluto che l’opera sociale, l’ospedale, che serve per alleviare le sofferenze fisiche, fosse affiancata dai Gruppi di preghiera, che “lavorano” sul piano spirituale. I due aspetti si completano a vicenda: è difficile dire chi svolga il lavoro più proficuo. Sono le due braccia con cui Padre Pio continua ancora oggi ad esercitare il suo ministero».
I Gruppi godono di notevole indipendenza: la responsabilità è del sacerdote che li segue. Il Centro internazionale, di cui fanno parte 30 persone, e che in seduta plenaria si riunisce una volta all’anno, prepara però dei sussidi che aiutano la catechesi. E i Gruppi rendono periodicamente conto al Centro dell’attività svolta. Talvolta, esiste anche la figura del coordinatore diocesano. Messa, meditazione, preghiera e catechesi sono le attività dei Gruppi. L’incontro si svolge una volta al mese. «Questa è l’indicazione che diamo, anche se poi i Gruppi possono decidere diversamente. Ma è bene non fare cose troppo stressanti» spiega con realismo Comparato «perché la gente non ha tempo. Io stesso avrei difficoltà a fare più di un incontro al mese».
Il momento in cui si sono più sviluppati i Gruppi di preghiera? Subito dopo la morte di Padre Pio. E anche loro hanno contribuito ad innalzarlo alla gloria degli altari. Negli atti del processo canonico, l’esistenza dei Gruppi di preghiera è indicata come «indubbia prova della fama di santità del Servo di Dio».
Padre Pio con i bambini della prima comunione
I Gruppi di preghiera possono nascere spontaneamente, ma hanno una regola inderogabile: devono essere guidati da un sacerdote, e ricevere l’approvazione del vescovo locale. «Niente benestare senza il sacerdote, niente benestare senza il vescovo: erano queste le direttive che ci aveva dato Padre Pio. Voleva evitare degenerazioni e un culto esagerato nei suoi confronti», rammenta Fabio Comparato. Che sin dall’inizio partecipa a questa avventura. «Già negli anni Quaranta Padre Pio incitava i suoi “figli spirituali” a pregare assieme», ricorda. «E, a un certo punto, ci siamo accorti che erano sorti dei gruppi, in forma semiufficiale. Nel 1947 si formò un gruppo a Roma, nel ’49 uno a Udine. Nel 1951 ce ne erano in Inghilterra, in Svizzera, negli Stati Uniti. Così, venne creata una struttura provvisoria di coordinamento». I Gruppi crebbero di pari passo con l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Ma non servivano, come erroneamente si ripete spesso, per raccogliere fondi per esso. «Padre Pio ha voluto che l’opera sociale, l’ospedale, che serve per alleviare le sofferenze fisiche, fosse affiancata dai Gruppi di preghiera, che “lavorano” sul piano spirituale. I due aspetti si completano a vicenda: è difficile dire chi svolga il lavoro più proficuo. Sono le due braccia con cui Padre Pio continua ancora oggi ad esercitare il suo ministero».
I Gruppi godono di notevole indipendenza: la responsabilità è del sacerdote che li segue. Il Centro internazionale, di cui fanno parte 30 persone, e che in seduta plenaria si riunisce una volta all’anno, prepara però dei sussidi che aiutano la catechesi. E i Gruppi rendono periodicamente conto al Centro dell’attività svolta. Talvolta, esiste anche la figura del coordinatore diocesano. Messa, meditazione, preghiera e catechesi sono le attività dei Gruppi. L’incontro si svolge una volta al mese. «Questa è l’indicazione che diamo, anche se poi i Gruppi possono decidere diversamente. Ma è bene non fare cose troppo stressanti» spiega con realismo Comparato «perché la gente non ha tempo. Io stesso avrei difficoltà a fare più di un incontro al mese».
Il momento in cui si sono più sviluppati i Gruppi di preghiera? Subito dopo la morte di Padre Pio. E anche loro hanno contribuito ad innalzarlo alla gloria degli altari. Negli atti del processo canonico, l’esistenza dei Gruppi di preghiera è indicata come «indubbia prova della fama di santità del Servo di Dio».