I rapporti diplomatici Brasile-Santa Sede
Note per un accordo
di Stefania Falasca
«L’atmosfera positiva tra la Santa Sede e
il grande Stato brasiliano sta favorendo anche la redazione di un accordo,
che si spera possa essere concluso certamente in questo anno». Questo
aveva rivelato il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone alla
vigilia dell’incontro tra Benedetto XVI e Lula. Sempre in quella
vigilia, articoli usciti sulla stampa brasiliana riferivano però che
la proposta di un’intesa da parte della Santa Sede non era piaciuta
al governo di Brasilia, tanto che la firma dell’accordo, prevista
originariamente in occasione della visita del Papa, era saltata proprio per
il rifiuto dovuto alle riserve di natura politica espresse dal governo.
«No. Questo non è assolutamente vero, non c’è e
non c’è stato nessun rifiuto», risponde senza esitare
Gilberto Carvalho, capo del gabinetto della presidenza della Repubblica,
che neppure esita a liquidare come «speculazioni che esulano dalla
natura della trattativa» quei paventati timori di un’ingerenza
clericale negli affari dello Stato e per i quali l’accordo avrebbe il
significato di una sorta di gemellaggio con il Vaticano; così come
definisce «pure fantasie» le voci secondo le quali sarebbero
stati introdotti nei punti della proposta anche riferimenti a materie come
l’aborto e il divorzio. E chiarisce: «Non c’è
niente di tutto questo. Si tratta di un accordo di carattere giuridico di
diritto internazionale e come tale viene e deve essere considerato».
Cinquantacinquenne di origini e cittadinanza italiane,
Gilberto Carvalho è il più stretto collaboratore di Lula,
l’uomo di fiducia del presidente. Fin da principio ha seguito le fasi
dell’accordo. Lo incontriamo a San Paolo, davanti a un cafezinho, in un momento di calma,
e spiega così il cammino fin qui intrapreso. «Il primo
incontro è stato a settembre. All’inizio dello scorso
settembre, il nunzio, monsignor Lorenzo Baldisseri, aveva chiesto un
appuntamento con il presidente e disse anche che avrebbe parlato volentieri
con i suoi assistenti prima dell’incontro. Insieme al ministro Luiz
Dulci, della Segreteria generale della Presidenza», racconta,
«siamo così andati alla Nunziatura e abbiamo avuto una prima
conversazione sull’argomento, nella quale il nunzio ci ha esposto i
punti principali della proposta. Abbiamo quindi fatto subito una copia del
documento e lo abbiamo mandato all’Itamaraty, il Ministero degli
Esteri. Poi ci siamo incontrati col presidente». La riunione, appunta
Carvalho, è avvenuta il 12 settembre, prima delle elezioni
presidenziali. Alla riunione hanno partecipato il nunzio e i membri
della direzione della Conferenza episcopale brasiliana, mentre da parte del
governo, oltre al presidente e al capo della Presidenza, erano presenti il
ministro degli Esteri Celso Amorim e il ministro Dulci. «A partire da
questa riunione», racconta ancora, «nella quale sono stati
fissati i termini della trattativa, il ministro degli Esteri ha preso in
consegna la proposta per poterla poi rinviare alla Nunziatura, dopo avere
raccolto il parere dei diversi ministeri interessati. Nel frattempo ho
mantenuto i contatti sia con il nunzio sia con il direttore del
Dipartimento per l’Europa del Ministero degli Esteri, Maria Edileuza
Fontenele Reis, incaricata di raccogliere i pareri dei sette ministeri
interessati. Ho sempre avuto conferma che tutto procedeva bene».
Dunque non ci sono stati intoppi da parte degli organismi governativi:
«Se si considera che in ottobre e in novembre si sono svolte le
elezioni presidenziali, sono cambiati alcuni ministri e poi ci sono state
le vacanze di fine d’anno», afferma, «direi che siamo
riusciti in tempi veramente rapidi a riconsegnare con le nostre
osservazioni la proposta, che è stata presentata alla Nunziatura il
30 marzo». E, fa osservare, l’andamento spedito dimostra la
buona disposizione del governo. Non solo: «Dimostra anche che non ci
sono state, da parte della nostra compagine governativa, obiezioni radicali
in merito alla sostanza della proposta presentata dalla Santa Sede. Per un
motivo molto semplice…». Quale? «Il punto sostanziale,
fondamentale di questa proposta, è il riconoscimento giuridico della
Chiesa cattolica, lo statuto giuridico civile della Chiesa e di tutte le
sue istituzioni. E questo», spiega, «non costituisce un
problema in quanto è previsto dalla nostra legislazione».
È una legislazione in vigore in Brasile da più di un secolo quella a cui si fa riferimento. Subito dopo la proclamazione della Repubblica, infatti, che sancì la netta separazione tra Stato e Chiesa, il Brasile, nel 1893, introdusse nella propria Carta magna, fatto inedito per l’epoca, un articolo che riconobbe la personalità giuridica delle Chiese e che assicurò loro il diritto di proprietà. Da allora, quindi, le relazioni tra Stato, Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose vengono regolate nello stesso ambito costituzionale e molte delle leggi vigenti sono loro favorevoli. La proposta d’Oltretevere, fondandosi su queste basi, intende così disciplinare e tutelare il modus vivendi, i diritti e gli istituti propri della Chiesa registrando in un unico documento tutte quelle garanzie di cui già beneficia. In questa prospettiva sono da inquadrare i singoli punti della trattativa. Dal riconoscimento delle opere sociali della Chiesa e le esenzioni fiscali che ne derivano, alla tutela del patrimonio storico, artistico e culturale, dal riconoscimento dei seminari e degli effetti civili del matrimonio canonico all’insegnamento religioso. Non si tratta di guadagnare terreno, di ricevere concessioni e nuovi privilegi dallo Stato brasiliano, quanto piuttosto di «fissare», a garanzia di continuità nel tempo, «una situazione pregressa già ampiamente soddisfacente e favorevole alla Chiesa», afferma pertanto Carvalho. Nel testo dell’accordo dovranno quindi essere riproposti i medesimi contenuti delle leggi già approvate dal Parlamento brasiliano e, al momento della firma, questi stessi contenuti legali assumeranno un valore giuridico di rango internazionale, così che in futuro la loro eventuale revisione potrà essere fatta solo in modo concordatario, cioè in accordo tra lo Stato e la Santa Sede. Tutto secondo una prassi consolidata. Accordi di questo tipo, infatti, sono del tutto di routine per la Santa Sede, per la quale oggi, com’è noto, essi rappresentano il modo ordinario di intrattenere rapporti istituzionali con gli Stati, indipendentemente sia dalla confessione religiosa maggioritaria in quei Paesi (è il caso, tra gli altri, di Israele, della Tunisia, del Kazakistan e di diversi Paesi dell’Est) quanto dai loro rispettivi governi. Il Venezuela e l’Argentina, ad esempio, hanno già accordi con la Santa Sede. Siglati dal Venezuela nel 1964 dall’Argentina e nel 1966. E non sono i soli in America Latina. Anche la Colombia, il Perù, l’Ecuador, la Repubblica Dominicana e Haiti hanno siglato concordati simili; con la Bolivia esiste invece una convenzione sulle missioni. In tutti questi accordi il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni, la tutela del patrimonio storico, le eventuali esenzioni fiscali. In molti di questi accordi è fissata la regolamentazione dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche; in altri, come quello con la Colombia, articolata è la collaborazione comune per la promozione delle condizioni umane e sociali degli indigeni.
Nulla di nuovo, quindi, per il Brasile. Quello che lo riguarda è una sorta di accordo globale, fondamentale, nella diffusa tipologia degli accordi-quadro, che non esclude cioè la possibilità di riprendere e specificare alcune materie in ulteriori accordi successivi. Non è ancora stato stabilito quando potrà essere firmato, ma certamente non si prevedono tempi lunghi. I negoziati, infatti, attualmente sono avanzati e giunti a buon punto. La Nunziatura e la Segreteria di Stato vaticano hanno preso atto della controproposta mandata dal Ministero degli Esteri brasiliano e hanno lavorato sulla base di questa. Una ventina gli articoli contenuti. «Non vedo grosse difficoltà» afferma Carvalho. E conclude: «Se dovessero sorgere controversie in merito a qualche singolo articolo, fatto questo del tutto normale nell’iter dei negoziati di un accordo, certamente potranno essere appianate in modo da arrivare a una soluzione soddisfacente per entrambe le parti, ai fini di una rispettosa e sana collaborazione». Chiarire, insomma, a volte non guasta.
Benedetto XVI durante l’incontro con il presidente Lula e con la moglie nel Palácio dos Bandeirantes, a San Paolo, il 10 maggio 2007
È una legislazione in vigore in Brasile da più di un secolo quella a cui si fa riferimento. Subito dopo la proclamazione della Repubblica, infatti, che sancì la netta separazione tra Stato e Chiesa, il Brasile, nel 1893, introdusse nella propria Carta magna, fatto inedito per l’epoca, un articolo che riconobbe la personalità giuridica delle Chiese e che assicurò loro il diritto di proprietà. Da allora, quindi, le relazioni tra Stato, Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose vengono regolate nello stesso ambito costituzionale e molte delle leggi vigenti sono loro favorevoli. La proposta d’Oltretevere, fondandosi su queste basi, intende così disciplinare e tutelare il modus vivendi, i diritti e gli istituti propri della Chiesa registrando in un unico documento tutte quelle garanzie di cui già beneficia. In questa prospettiva sono da inquadrare i singoli punti della trattativa. Dal riconoscimento delle opere sociali della Chiesa e le esenzioni fiscali che ne derivano, alla tutela del patrimonio storico, artistico e culturale, dal riconoscimento dei seminari e degli effetti civili del matrimonio canonico all’insegnamento religioso. Non si tratta di guadagnare terreno, di ricevere concessioni e nuovi privilegi dallo Stato brasiliano, quanto piuttosto di «fissare», a garanzia di continuità nel tempo, «una situazione pregressa già ampiamente soddisfacente e favorevole alla Chiesa», afferma pertanto Carvalho. Nel testo dell’accordo dovranno quindi essere riproposti i medesimi contenuti delle leggi già approvate dal Parlamento brasiliano e, al momento della firma, questi stessi contenuti legali assumeranno un valore giuridico di rango internazionale, così che in futuro la loro eventuale revisione potrà essere fatta solo in modo concordatario, cioè in accordo tra lo Stato e la Santa Sede. Tutto secondo una prassi consolidata. Accordi di questo tipo, infatti, sono del tutto di routine per la Santa Sede, per la quale oggi, com’è noto, essi rappresentano il modo ordinario di intrattenere rapporti istituzionali con gli Stati, indipendentemente sia dalla confessione religiosa maggioritaria in quei Paesi (è il caso, tra gli altri, di Israele, della Tunisia, del Kazakistan e di diversi Paesi dell’Est) quanto dai loro rispettivi governi. Il Venezuela e l’Argentina, ad esempio, hanno già accordi con la Santa Sede. Siglati dal Venezuela nel 1964 dall’Argentina e nel 1966. E non sono i soli in America Latina. Anche la Colombia, il Perù, l’Ecuador, la Repubblica Dominicana e Haiti hanno siglato concordati simili; con la Bolivia esiste invece una convenzione sulle missioni. In tutti questi accordi il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni, la tutela del patrimonio storico, le eventuali esenzioni fiscali. In molti di questi accordi è fissata la regolamentazione dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche; in altri, come quello con la Colombia, articolata è la collaborazione comune per la promozione delle condizioni umane e sociali degli indigeni.
Nulla di nuovo, quindi, per il Brasile. Quello che lo riguarda è una sorta di accordo globale, fondamentale, nella diffusa tipologia degli accordi-quadro, che non esclude cioè la possibilità di riprendere e specificare alcune materie in ulteriori accordi successivi. Non è ancora stato stabilito quando potrà essere firmato, ma certamente non si prevedono tempi lunghi. I negoziati, infatti, attualmente sono avanzati e giunti a buon punto. La Nunziatura e la Segreteria di Stato vaticano hanno preso atto della controproposta mandata dal Ministero degli Esteri brasiliano e hanno lavorato sulla base di questa. Una ventina gli articoli contenuti. «Non vedo grosse difficoltà» afferma Carvalho. E conclude: «Se dovessero sorgere controversie in merito a qualche singolo articolo, fatto questo del tutto normale nell’iter dei negoziati di un accordo, certamente potranno essere appianate in modo da arrivare a una soluzione soddisfacente per entrambe le parti, ai fini di una rispettosa e sana collaborazione». Chiarire, insomma, a volte non guasta.