«La speranza ha vinto la paura»
IL NEOREALISMO DI LULA
«La speranza ha vinto la paura» Così l’ex operaio sindacalista Lula aveva commentato i cinquantatré milioni di voti che lo hanno portato alla presidenza della Repubblica. Con il nuovo anno si insedia alla Casa Bianca brasiliana e non sarà solo un cambio di poltrona. Un viaggio per capire cosa farà per ridurre le condizioni di povertà in cui vivono milioni di brasiliani
di Stefania Falasca
Lula e la moglie salutano la folla subito dopo la cerimonia di insediamento a Palazzo del Planalto, Brasilia, il 1º gennaio 2003
Che non si è trattato di un semplice cambio di poltrona lo hanno già detto lo scorso 27 ottobre quei 53 milioni di voti che al tenace pedrero sono piovuti addosso come una benedizione. È stato il primo presidente dellOccidente ad essere democraticamente eletto con un tale plebiscito. Ma tutti ora sanno che chi è al timone di questa meganazione, grande molto più dellintera Europa, non avrà tanto tempo per accomodarsi a godere il sole nella piscina olimpionica della lussuosa residenza presidenziale firmata dallarchitetto Nyemere, lasciata in eredità dalluscente presidente Fernando Henrique Cardoso. Soprattutto sanno che non potrà permettersi il lusso di distrarsi dallimpegno di far quadrare i conti. Questi davvero dovrà dimostrare di saperli fare, e anche bene. Non fosse per i 235 miliardi di dollari di debito estero che pendono come una spada di Damocle sul vivo della nazione.
Dicono che Lula sia abile nellaccorciare distanze. Ne hanno preso atto per la maestria con cui finora ha saputo negoziare, stringendo alleanze iperboliche e gettando ponti a imprenditori e finanzieri. Negoziare, in fondo, è sempre stato il suo motto. Dicono anche che non sia un avventuriero, che sappia avanzare con estrema prudenza, tastando il terreno, e che il Brasile lui lo conosca come le sue tasche, in lungo e in largo. Anche a questo cè da crederci. Di strada ne ha fatta tanta davvero. Del resto ha cominciato presto a macinare chilometri. Quando ancora bambino, dalla sperduta provincia pernambucana del nordest brasiliano, insieme alla madre e a otto fratelli, ha cominciato il suo lunghissimo esodo verso lo sconosciuto sud per ritrovarsi a vendere noccioline sulle spiagge di Santos. Abitava allora nel retrobottega di un bar dividendo i servizi igienici con i clienti del locale, ma da lì il passo sulle piazze sindacali del polo industriale di San Paolo è stato breve. Operaio doc con la stoffa del leader. Anche con i campus universitari ha tagliato corto. Ma sono tanti gli intellettuali pronti a giurare che la sua è una formazione perfettamente riuscita sul campo: da quando ha cominciato ad emergere come sindacalista, fondando poi il Partido dos trabalhadores (Pt), il suo corso di specializzazione è durato più di trentanni. Non cè da stupirsi allora se pure le sconfitte incassate sembrano avergli giovato. Inanellandone una dietro laltra è riuscito a bruciare allultimo le tappe di una rischiosa corsa ad ostacoli in salita che lo separava dalla presidenza. E se la sua vittoria ha segnato la svolta di un Paese, visto che per la prima volta non uno dei tanti "Orléans e Bragança", come qui chiamano la serie dei blasonati presidenti, ma uno che viene dal basso è alla guida della nazione, Lula sa che solo adesso le sue spalle di ex metallurgico devono dar prova di saper affrontare limpresa delle imprese: accorciare una buona volta la distanza esistente tra la vetta di unestrema ricchezza e il fondo di unabissale povertà. E sa anche che traghettare speranze può essere molto pericoloso. Perché le speranze non sono solo quelle di 46 milioni di persone strozzate dalla povertà e di quei 16 milioni che vivono sotto la soglia minima di sopravvivenza, ma anche di quella classe, non certo esigua, che non ha intenzione di mollare il benessere e i privilegi raggiunti e che, terrorizzata dal vedere polverizzarsi in un istante i propri capitali, sente soffiare sul collo lalito gelido della catastrofe argentina.
Lula durante i festeggiamenti nella notte del 27 ottobre 2002 al termine dello scrutinio elettorale che lo ha proclamato vincitore
«Per risolvere i gravi problemi sociali e la disuguaglianza non esiste altra ricetta», ha più volte
ribadito il presidente: «Noi vogliamo uno Stato forte e socialmente giusto; non uno Stato imprenditore,
ma uno Stato capace di pianificare
e favorire lo sviluppo»
"Lula ha già dato prova del suo realismo politico ed ha già cominciato a muoversi nella prospettiva di una nuova via", sottolinea la sociologa Maria Victoria Benavides, fondatrice della Escola de Governo dellUniversità di San Paolo, mirata alla preparazione della liderança politica. "Basta guardare", gli fa eco Carlos Tiburzio, responsabile per il Pt delle comunicazioni sociali, "anche solo a come ha saputo gestire sia la transizione che la costituzione del nuovo governo e ai viaggi intrapresi alla vigilia del suo insediamento. Prima di tutto in Argentina, poi in Cile e in Messico". E si tratta di mete che hanno certamente testimoniato un impegno politico preciso nel tentativo di risollevare le sorti economiche dellarea latinoamericana: rilanciare il Mercosur (Mercato comune del sud) e rafforzare i legami tra il Brasile e gli altri Paesi dellAmerica Latina. Lula pretende che il Brasile eserciti il suo ruolo naturale di leader latinoamericano e spinge perché lAmerica Latina negozi come blocco unito con gli Usa e lUnione europea. Ed è stato a questo fine che durante la visita del 2 dicembre al presidente argentino Eduardo Duhalde ha lanciato la proposta di creare una moneta unica per i Paesi aderenti al Mercosur. Ma lincontro più importante alla vigilia del suo insediamento è stato col presidente George Bush. Un incontro atteso. Anche dopo le parole forti pronunciate in passato da Lula contro lAlca (Area di libero commercio delle Americhe) e la politica annessionistica statunitense. A stringere la mano al presidente nordamericano è andato con tre suoi fidati: leconomista Aloizio Mercadante, il sindaco petista di San Paolo Marta Suplicy, il neoministro delle Finanze Antonio Palocci. Alla fine dellincontro alla Casa Bianca di Washington si era mostrato soddisfatto, "è andato oltre le aspettative", ha detto. Unaltra meta raggiunta nellorizzonte aperto dal suo neorealismo. Ancora una volta unaltra distanza accorciata.Prima di partire per Washington aveva incontrato a Brasilia anche il direttore del Fondo monetario internazionale, il tedesco Horst Kohler. Kohler si era detto "impressionato" da Lula. Ma lui forse, come ormai pochi altri, credeva ancora di incontrare un vecchio e rozzo esquerdista.