Home > Archivio > 12 - 1998 > Potenti e prepotenti
DOCUMENTO
tratto dal n. 12 - 1998

Potenti e prepotenti


Le critiche per l’ultimo intervento angloamericano in Iraq. Una nuova puntata della raccolta della rubrica “Piazza Colonna” (fino al 31 dicembre) che il nostro direttore tiene sul quotidiano Il Tempo. Inoltre anticipiamo l’intervista concessa al mensile Tracce sulla crisi nel Golfo


Gli articoli di Giulio Andreotti apparsi su Il Tempo a dicembre


2 dicembre
Più partiti meno elettori

L’abbassamento del numero di italiani che si recano alle urne è preoccupante. Non voglio sopravvalutare il fatto che a Roma domenica scorsa quasi la metà degli aventi diritto sono rimasti a casa. Né attribuisco particolare rilievo ad alcuni comuni dove le assenze sono state ancora più rilevanti. È la tendenza che preoccupa.
Né mi conforta il rilievo che altrove è normale la grande diserzione, fino a far avanzare, come in America, la teoria che la metà dei cittadini delega stabilmente le scelte elettorali all’altra metà. In una recente consultazione inglese ha partecipato al voto solo il 24 per cento, cosicché con un 14 per cento si potevano conquistare tutti i mandati. Male comune mezzo gaudio? Rifiuto questa consolazione; e rilevo anzi un assurdo: il numero dei partiti e dei candidati aumenta, mentre decresce l’interesse concreto dei cittadini.
Darsi carico tempestivamente di questa involuzione è doveroso. Non credo a sanzioni per chi, senza giustificati motivi, non vota. Se ne era parlato anche alla Costituente (multe, diniego di licenza di caccia, ecc.), ma si vide che, nella cosiddetta Prima Repubblica, l’afflusso era fortissimo e non se ne parlò più. È azzardato parlare di incentivi? Dato che oggi lo Stato è il grande biscazziere potrebbe dare ai cittadini osservanti una schedina gratuita per il Superenalotto. O qualcosa di simile.


6 dicembre
Un barbaro omicidio non può cancellare le virtù della Ciociaria

La notizia della barbara uccisione di un ragazzo in un piccolo centro della Ciociaria è tanto sconvolgente se si considerano le caratteristiche della zona. C’è chi ritiene che l’industrializzazione abbia cancellato quelle “virtù” religiose e contadine che fecero sì che, appena terminata la guerra, prima ancora di chiedere lo sminamento dei campi si invocò da tutti la ricostruzione dell’abbazia di Montecassino. Se è vero che si sarebbe sviluppato in zona un giro di droga, c’è da chiedersi cosa sia lo sviluppo e che significhino davvero modernità e progresso. Chi ha lavorato per quasi cinquant’anni per far recuperare al Basso Lazio terribili ritardi storici si domanda se siano stati buoni gli indirizzi seguiti da quando il governo estese al circondario di Cassino le agevolazioni per il Mezzogiorno. Non mi sento però di avere pentimenti al riguardo. In caso diverso dovremmo non rallegrarci degli odierni indirizzi di ripresa di una politica per il Sud.


8 dicembre
Ringraziamo Renzo Arbore per la serenità che ci regala

Quando ho letto l’intervista di Renzo Arbore con l’annuncio della sua tournée al Sistina, mi sono rallegrato. Gli dobbiamo infatti essere tutti riconoscenti. Lo si ammetta o no, siamo umoralmente dipendenti dalla televisione; e purtroppo spesso come aperitivo e come contorno della cena recepiamo notizie terribili e messaggi rattristanti. Arbore è stato ed è spesso un disintossicante. Non gli dispiaccia se, accanto a sue prestazioni di eccezionale livello artistico, accenno alle immagini del suo giro di autentica propaganda nazionale Oltreoceano.
Di Arbore piace anche un sottofondo lievemente meridionale della voce che, quasi quaranta anni dopo la sua venuta a Roma e con tutte le trasferte all’estero, è rimasto intatto. Può sembrare strano che sia io a ritenere che tra notiziari politici e cronaca nera si oltrepassi spesso il limite di saturazione. Certo non sarà lui a trovare la soluzione per uscire senza traumi dalla “grana” del compagno Ocalan. Ma può sanamente distrarci in questo complesso Natale 1998. E non è poco.


15 dicembre
Di Ocalan parleremo a lungo

Del caso Ocalan, anche se con ovvia minore passionalità dei primi giorni, sentiremo parlare a lungo. Mi sembra però giusto notare che, rifiutando l’estradizione, l’Italia ha evitato anche la brutta figura di vedersela contestata dalla Corte di Strasburgo.
Almeno in tre casi, proprio di turchi curdi, l’estradizione concessa dalla Francia è stata bloccata dalla giustizia europea. E tutte e tre le volte la Francia ha chiuso la controversia concedendo il permesso di residenza.
Non comprendo perché non si studi meglio la giurisprudenza relativa. Non solo per le questioni che fanno tanto chiasso esterno.


18 dicembre
Un passo indietro nello sviluppo civile

Oggi non si tratta di stare a dire se Saddam Hussein è buono o è cattivo; si tratta di dire se è legittimo che un Paese possa assumere delle iniziative militari, e di questo tipo, rispetto a una decisione che invece deve spettare all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Si tratta di capire se questo noi lo accettiamo. Qui non si tratta di essere alleati o non alleati: si tratta di essere legati o no a dei principi su cui nessuno di noi ha il diritto di fare delle transazioni.
Noi dobbiamo, io credo, non solo prendere le distanze ma cercare di attivare un’azione politica. Certamente è necessario rafforzare l’obiettivo di fare in modo che le Nazioni Unite possano riprendere con maggiore efficacia o con altri strumenti il controllo delle situazioni interne all’Iraq, questo non è assolutamente in discussione. Come europeo mi sento avvilito per il fatto che, quasi si tratti di un accadimento normale, si dice che gli Stati Uniti e l’Inghilterra possono assumere queste iniziative. Ma dov’è la politica estera e di sicurezza comune? Io ho creduto veramente in Maastricht.
L’altra mattina abbiamo vissuto un senso di grande tristezza per un evento terribile accaduto qui a Roma, che ha portato la morte a un certo numero di famiglie, salvo verificare eventuali responsabilità. Tuttavia quello è un evento che non sappiamo attribuire e che dobbiamo attribuire, come tante disgrazie, a una serie di fatalità. In questo caso, invece, ascoltando questa notte alla televisione americana la notizia che il presidente degli Stati Uniti, informato il Congresso, aveva deciso, insieme al primo ministro inglese, di bombardare l’Iraq, io mi sono sentito profondamente ferito e temo che stiamo tornando molto indietro nello sviluppo civile della nostra società.


20 dicembre
Siamo amici degli Usa ma critichiamo l’intervento

Mi tornano alla mente in queste ore due insegnamenti ricevuti dagli Stati Uniti. Il primo dal presidente Nixon che andai a trovare a San Clemente dove viveva l’amaro isolamento dello sconfitto da una spietata macchina distruttiva. «Le vere difficoltà per noi americani» mi disse «verranno quando crollerà l’Urss. Avremo allora tutte le tentazioni del potere e rischieremo di adottare le decisioni sbagliate». Nixon fu l’illuminato statista che ruppe la incomunicabilità con la Cina mantenendo rapporti molto costruttivi con il governo di Mosca. I suoi non lo capirono.
L’altro messaggio mi venne dal cardinale Spellman. Le sorti nel Vietnam erano perdenti per gli Stati Uniti che avevano ritenuto di andare a combattere una guerra di libertà. È un colpo gravissimo per il popolo americano che era convinto di essere il braccio di Dio ed ha sopportato sacrifici enormi per impedire due volte in questo secolo il crollo dell’Europa. «Perdere nel Vietnam vorrà dire che non siamo questi generosi garanti della libertà universale. Cambierà tutto».
In questi giorni l’America si è assunta un ruolo egemonico mettendo all’angolo le Nazioni Unite e ritenendosi legittimata a punire Saddam Hussein di cui certamente nessuno si sente di tessere gli elogi. Convinti della preziosità e della bontà della politica atlantica, noi soffriamo più di altri che con squallido opportunismo anelano al ruolo di primi della classe per applaudire.
Che si metta in crisi oltre l’Onu anche la compattezza dell’Unione europea e la difficile situazione della Russia sembra a costoro un fatto irrilevante. Il Dio onnipotente e misericordioso – per usare la terminologia comune agli islamici – illumini i potenti e i prepotenti.



Español English Français Deutsch Português