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ECUMENISMO
tratto dal n. 12 - 1998

Uniti nella fede e nella difesa del povero


Le basi del dialogo tra la Chiesa caldea e la Chiesa assira d’Oriente secondo le direttive del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium


di Philip B. Najim


La Dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira d’Oriente dell’11 novembre 1994 tra sua santità Giovanni Paolo II, vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica e sua santità Mar Dinkha IV, Catholicos-Patriarca della Chiesa assira d’Oriente è un passo fondamentale verso la riconciliazione e la piena unità.
In particolare, si è provveduto alla creazione di una Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira d’Oriente, al fine di «dissipare gli ostacoli del passato che ancora impediscono il raggiungimento della piena comunione» tra le due Chiese.
La prima sessione dei lavori della Commissione si è svolta a Roma dal 22 al 24 novembre 1995. Ulteriori sessioni si sono avute ad Adma, in Libano, il 12 ottobre 1996 e a Roma dal 23 al 28 ottobre 1997.
La Chiesa assira d’Oriente, unitamente alla Chiesa caldea cattolica, ha origine nella “Chiesa d’Oriente”, risalente al tempo della predicazione apostolica, che aveva sede in Seleucia-Ctesifonte e che fu detta anche “Chiesa di Persia”, includendo la regione assira e quella babilonese dell’antica Mesopotamia.
L’origine della Chiesa d’Oriente è attestata in antichi documenti, nelle liturgie e negli usi ecclesiali.
Verso la fine del secolo V, dopo i Concili di Efeso e di Calcedonia, con l’apparizione del nestorianesimo e del monofisismo, la Chiesa assira d’Oriente ha adottato la terminologia detta «nestoriana, conservando nel contempo la venerazione di Teodoro di Mopsuestia e di Nestorio». Per questo motivo fu chiamata dagli oppositori “nestoriana”.
Nel 1553 una parte di questa Chiesa entrò in comunione ecclesiale con Roma prendendo il nome di Chiesa caldea, mentre la Chiesa rimasta indipendente fu denominata Chiesa assira d’Oriente.
La firma dell’atto della dichiarazione cristologica tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira, formalizzato nella Dichiarazione cristologica comune, esprime la loro fede comune nel mistero dell’incarnazione e proietta ampi orizzonti per la ricerca della promozione dell’unità dei cristiani.
La Chiesa caldea in comunione con Roma e la Chiesa assira, parti dell’antica Chiesa d’Oriente, eredi della comune tradizione siriaca, che adottano la stessa liturgia e sono caratterizzate da una comune genesi storica contrassegnata da lunghi periodi di oppressione, hanno iniziato un dialogo ed un avvicinamento nella carità e nella verità.
Considerato che ai sensi del can. 1, il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (CCEO) «riguarda tutte e sole le Chiese orientali cattoliche» e non vincola le Chiese orientali che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica (Sede apostolica di Roma), il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira d’Oriente si inserisce in quella dinamica di impegno ecumenico nella promozione dell’unità dei cristiani tracciata dal Concilio Vaticano II e confermata nel CCEO al titolo XVIII, intitolato: L’ecumenismo cioè la promozione dell’unità dei cristiani e composto dai cann. 902-908.
Il can. 902 con la sua sollicitudo unitatis instaurandae stabilisce il principio fondamentale secondo cui la realizzazione dell’unità dei cristiani è una funzione prioritaria della Chiesa.
Per questa ragione, tutti i christifideles, in special modo i Pastori della Chiesa, devono pregare il Signore per la pienezza di unità della Chiesa, partecipando con zelo all’attività ecumenica ispirata dalla grazia dello Spirito Santo.
Sul punto, il can. 902 riflette il richiamo del n. 9 del Nuovo Direttorio Ecumenico (NDE, direttorio per l’applicazione dei principi delle norme sull’ecumenismo).
Inoltre, il can. 903 attribuisce per tabulas alle Chiese orientali cattoliche uno speciale munus oecumenicum, consistente nella promozione dell’unità tra tutte le Chiese orientali, «con la preghiera, l’esempio di vita, la religiosa fedeltà verso le antiche tradizioni ecclesiali, con la migliore conoscenza vicendevole, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e dei cuori».
La ratio del can. 903 è che la fedeltà alle tradizioni antiche, la collaborazione e la conoscenza vicendevole, aiutano a far vivere e crescere il patrimonio liturgico, teologico, spirituale, disciplinare e storico-culturale, in unione con le forze spirituali per il bene dell’uomo e della società.
Il can. 904 § 1 esprime il sacro dovere di assidua promozione dell’unità ecclesiale.
Il piano di azione riguarda ciascuna Chiesa sui iuris che, secondo il dettato del CCEO can. 27, consiste in un raggruppamento di fedeli congiunto dalla gerarchia, a norma del diritto, che la suprema autorità della Chiesa riconosce espressamente o tacitamente (attraverso norme speciali di diritto particolare, can. 1493 § 2). Il Concilio Vaticano II ha stabilito il diritto ed il dovere delle Chiese d’Occidente e d’Oriente di reggersi secondo le proprie discipline particolari (Orientalium Ecclesiarum, n. 5). Il CCEO can. 28 § 1, ha recepito l’insegnamento conciliare, precisando che il rito costituisce un patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare, distinto per culture e storie dei popoli, espresso in un modus vivendi particolare della fede, proprio di ciascuna Chiesa sui iuris. In ordine al diritto particolare, le Chiese caldea e assira hanno tradizione e fonti canonico-giuridiche comuni. Lo stesso diritto può così divenire espressione di fedeltà perseverante, laddove l’unità diventa un segno visibile.
La guida dello stesso movimento ecumenico vede un riferimento dialogico particolare con la Sede apostolica romana per la Chiesa universale: in merito, il NDE n. 53 riconosce la competenza al Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Nel can. 904 § 2 si richiede la costituzione di una speciale commissione di esperti in ecumenismo, mentre il § 3 richiede l’attivazione di un apposito Consiglio o almeno la nomina di un fedele cristiano a ciò incaricato (cfr. NDE n. 22). La Chiesa caldea ha adempiuto agli obblighi imposti dalla norma creando tali strutture con carattere ecumenico, sentendo profondamente la gravità dell’impegno per l’unità e il ruolo stesso delle Chiese orientali. Tanto più che con la Chiesa assira d’Oriente vi sono forti elementi di congiunzione spirituale, non solo tradizionali, ma pure per la comune linfa che proviene da medesime radici.
Sotto tale aspetto, anche il NDE nn. 37-40 prevede l’organizzazione nella Chiesa cattolica del servizio dell’unità dei cristiani.
La Commissione episcopale paritetica, denominata “Commissione mista per l’unità”, composta da dodici membri, sei per ciascuna Chiesa, è già stata istituita.
In conformità con il can. 905 del CCEO, il dialogo aperto e fiducioso mediante l’adozione di iniziative comuni ha avuto, il 29 novembre 1996, la sua realizzazione. Infatti, in occasione della dedicazione della Chiesa caldea a Troy (Michigan, Usa) nella eparchia caldea, si sono formalizzati questi sforzi di riunificazione, ritrovandosi nella celebrazione liturgica entrambi i patriarchi, sua beatitudine Raphaël I Bidawid, Patriarca della Chiesa caldea e sua santità Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa assira. A seguito di una riunione ufficiale, la prima dopo 444 anni, i presuli hanno firmato un progetto comune di ristabilimento della piena comunione, chiamando i loro fedeli a sostenerli nel perseguire questo fine.
Il 15 agosto 1997 si è svolta la consacrazione dell’altare della chiesa di Mart Maryam a Roselle (Illinois, Usa), sede patriarcale della Chiesa assira d’Oriente, da parte di Mar Dinkha IV, con la partecipazione di Raphaël I Bidawid. Tale atto liturgico, con l’adozione di un Decreto sinodale comune, in vista dell’attuazione dell’unità, ha confermato il lavoro precedente dei sinodi delle due Chiese suddette.
Inoltre, a seguito dell’approvazione del Decreto sinodale comune, è stata realizzata un’importante iniziativa programmatica, tendente al pieno ristabilimento dell’unità ecclesiale: nomina di due commissioni che proseguano il lavoro intrapreso in vista dell’Anno Santo giubilare del 2000.
Una lettera comune a sua santità Giovanni Paolo II, sottoscritta il 28 agosto 1997 dai Patriarchi delle due Chiese, rende conto dell’attività svoltasi congiuntamente dal 13 al 15 agosto al fine dello studio della missione delle due Chiese. La missiva rimarca e ripropone le sofferenze e le difficoltà del popolo iracheno a causa dell’embargo decretato dall’Onu, con l’auspicio per tutti i capi delle nazioni dell’impegno costante per la ricerca di una rapida soluzione di pace. Il documento, oltre all’aspetto ecumenico in senso stretto, in applicazione del can. 908 del CCEO, ha un profondo senso umanitario, auspicando la collaborazione e la solidarietà internazionale, coinvolgendo tutti i christifideles di entrambe le Chiese, caldea e assira, per il raggiungimento della pace.
I cann. 906, 907, 908 del CCEO (cfr. NDE nn. 48-49) vengono in considerazione relativamente all’attività ecumenica effettuata a livello di Chiese locali, laddove attualmente, seppure ancora in fase di studio, ci si propone l’attuazione di quel “dialogo diretto” che può nascere dall’istituzione di iniziative comuni, per un aiuto spirituale e materiale.
Il “progetto comune” riguarda la collaborazione pastorale decisa in materia di catechesi, preparazione e pubblicazione di libri liturgici con la promozione della lingua aramaica, la formazione dei futuri presbiteri, diaconi e catechisti nella diaspora.
In fase di studio sono l’attuazione delle opere di carità e giustizia sociale, soprattutto a favore di chi soffre, con particolare riguardo all’embargo ed alla situazione mediorientale.
Per quanto riguarda la difesa della dignità della persona umana e dei diritti fondamentali, nonché la promozione della pace, le date commemorative della patria e le feste nazionali diverranno ulteriori elementi di attuazione di una vera unità.
Il 12 settembre 1997 sua eminenza il cardinale Edward Idris Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha inviato una lettera riconoscente a sua beatitudine Raphaël I Bidawid, per le iniziative che hanno favorito l’insieme delle relazioni tra la Chiesa cattolica e le antiche Chiese d’Oriente secondo il pensiero del santo padre Giovanni Paolo II, espresso nell’enciclica Ut unum sint n. 63. La missiva ha inteso incoraggiare, contribuire e realizzare ulteriormente il cammino ecumenico intrapreso. L’esperienza spirituale di riunione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira d’Oriente, implica la mediazione della Chiesa sorella caldea.
Occorre ricordare che l’antica Chiesa d’Oriente nella sua tradizione canonica ha sempre riconosciuto che Roma è la prima sede (cfr. Caldei – Diritto antico II: Ordo judiciorum ecclesiasticorum collectus, dispositus, ordinatum et compositum a Mar “Abdiso” Metropolita Nisibis et Armeniae, in Fonti, I, fasc. XV, Città del Vaticano 1940).
Il cammino ecumenico dell’unità, preparato magistralmente dalla normativa giuridica del CCEO, apporta spiritualità e sacralità (si pensi ai Sacri Canones), frutto della preghiera.
Noi speriamo sinceramente che la Chiesa d’Oriente, restaurata nella sua pienezza storica nella sua fedeltà al Signore, possa divenire uno strumento di rinnovamento spirituale e morale, di armonia sociale, di equità e di rinascita culturale tra i fedeli, come impulso a portare la «Buona Novella del Vangelo ai quattro angoli del mondo per la gloria del nome di Dio» (cfr. Decreto sinodale comune n. 10: “Joint Synodical Decree for promoting unity” tra la Chiesa assira d’Oriente e la Chiesa caldea cattolica).


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