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REPORTAGE DAL BRASILE
tratto dal n. 01 - 2003

Laboratorio San Paolo


In questa megalopoli di venti milioni di abitanti, tra grattacieli e immense favelas, si è costruito il successo di Lula. È amministrata dal sindaco Marta Suplicy, che in questa intervista spiega perché, se la ricetta del Pt ha funzionato qui, funzionerà anche nel resto del Paese


di Stefania Falasca e Davide Malacaria


Marta Suplicy, sindaco di San Paolo

Marta Suplicy, sindaco di San Paolo

La chiamano "l’amazzone del Pt". E di sicuro le sue battaglie le ha tutte combattute sul campo. Anche quella che ha portato alla presidenza il suo compagno di partito Lula. Durante tutta la campagna elettorale la sua elegante figura di donna di classe non si è mai staccata da quella più popolare dell’ex metallurgico. Quasi a smussare i connotati più rudi dell’ex operaio, poco digeribili da certi ambienti altolocati, e a sintetizzare così in un’unica immagine la doppia anima del nuovo corso politico brasiliano. Ma Marta Suplicy, cinquantasei anni, sociologa, non è solo la signora in rosso del nuovo governo petista. È il sindaco dei venti milioni di abitanti della capitale finanziaria del Brasile: la megalopoli di San Paolo. Alla guida della metropoli siede da tre anni. Dal 1� gennaio 2000. Anche se non è stata questa la prima volta che San Paolo ha avuto un sindaco del Partido dos trabalhadores. Dal 1989 al ’92 un’altra donna del Pt ha assunto il governo della città: Luiza Erundina. È stato il preludio di una vittoria e non solo della vittoria di un simbolo. La guida di una megalopoli come San Paolo, che racchiude in sé tutte le contraddizioni del Paese, ha rappresentato un test importante per il partito di Lula. Ed ora è un banco di prova del nuovo governo. Che la prefeita attuale ha già dimostrato di saper gestire. Ne abbiamo parlato con lei incontrandola al palazzo municipale nell’antico parco Dom Pedro II.

Lei ha partecipato in prima persona alla campagna elettorale. Quali crede siano stati i fattori decisivi della vittoria di Lula?
MARTA SUPLICY: È stata una campagna elettorale ben pianificata, senza errori, che ha toccato le corde dei settori popolari, i quali si sono identificati con Lula, con la sua origine operaia. Abbiamo lavorato su questo. L’estrema abilità del candidato e il suo carisma hanno fatto il resto. Allo stesso tempo sono state importanti le catastrofiche conseguenze delle politiche adottate da Fernando Henrique Cardoso. Forse si è percepito poco all’estero, ma ormai si era creata una situazione di rigetto verso qualsiasi candidato che simbolizzasse la continuità della sua linea politica neoliberista. José Serra, il candidato appoggiato da Cardoso e, di fatto, unico antagonista di Lula, non poteva appropriarsi di possibili conquiste positive del precedente governo, perché così si sarebbe identificato con il passato, né poteva sperare di passare come uomo d’opposizione, perché l’opposizione eravamo noi. Mi preme sottolineare due aspetti della vittoria. Anzitutto il fatto che questo cambiamento storico è avvenuto in modo democratico e, in secondo luogo, che vari settori della società brasiliana che appoggiavano Serra hanno accettato di sedersi al tavolo delle trattative e hanno anche accettato il patto sociale proposto da Lula.
Quali saranno i più gravi problemi che Lula si troverà ad affrontare?
SUPLICY: Dovrà condurre il Paese in un cammino nuovo, pacifico, che non provochi il deterioramento della moneta nazionale, che conservi l’integrità della Banca centrale, che non produca inflazione, che riesca a creare occupazione e dimostri che il Brasile può crescere percorrendo altre strade, diverse da quelle indicate dal Fondo monetario internazionale...
Credo che la gravità della crisi che attraversa il Paese, la modalità eclatante della vittoria di Lula, e più in generale la situazione caotica che sta vivendo l’America Latina, siano tutti fattori che aprono delle possibilità per intrattenere negoziati con l’Fmi da una posizione diversa e più forte. E questo credo possa valere anche per quanto riguarda i rapporti con gli Stati Uniti
Ovvero?
SUPLICY: Il Brasile è sottomesso all’Fmi da troppo tempo. L’équipe di Lula ha il compito di capire perché, dal 1989 ad oggi, il Brasile ha fatto ricorso ogni tre anni all’Fmi, con il risultato di ampliare a dismisura il debito estero e interno. Allo stesso tempo occorre capire come agire diversamente, mantenendo il controllo finanziario e aumentando l’occupazione. È un compito estremamente difficile. Ma Lula gode della fiducia della gente. Oltre il 75% della popolazione crede adesso che lui possa fare qualcosa di concreto. Molti più di quelli che lo hanno votato. Occorre un nuovo modello, anche se la parola modello non mi piace, perché ogni nazione ha le sue particolarità e quello che funziona in una non è detto che vada bene per un’altra. Il Brasile ha la possibilità di non seguire le ricette economiche dettate dall’Fmi. D’altronde è già avvenuto che altri Paesi, respingendo le indicazioni dell’Fmi, hanno seguito vie proprie. L’Fmi deve imparare che non si possono imporre modelli per l’Africa ignorando che lì c’è la malaria...
Questa via nuova è un’ipotesi realistica?
SUPLICY: Credo che la gravità della crisi che attraversa il Paese, la modalità eclatante della vittoria di Lula, e più in generale la situazione caotica che sta vivendo l’America Latina, siano tutti fattori che aprono delle possibilità per intrattenere negoziati con l’Fmi da una posizione diversa e più forte. E questo credo possa valere anche per quanto riguarda i rapporti con gli Stati Uniti. Tra l’altro se si tiene presente quello che sta avvenendo nel mondo, in particolare le tensioni con l’Iraq, mi sembra improbabile che gli Usa vogliano avere altri problemi derivanti dai rapporti con i Paesi latinoamericani. È un momento favorevole per noi. Potrebbero esserci sorprese.
Il governo della città di San Paolo è ritenuto una sorta di banco di prova del futuro governo Lula...
SUPLICY: San Paolo è una sorta di laboratorio, principalmente per quel che riguarda il sociale. Abbiamo iniziato uno studio per individuare e registrare le famiglie povere e avviato diversi programmi sociali. Abbiamo realizzato un progetto che coinvolge 300mila famiglie, di cui 180mila ricevono un sussidio con lo scopo di far loro superare la soglia dell’indigenza. Questo progetto prevede un monitoraggio annuale che stabilisce l’uscita dal programma di famiglie i cui figli abbiano superato i sei anni di età o in caso di conseguimento di una qualsiasi occupazione dei genitori. La fuoriuscita da questo programma assistenziale consente ad altre famiglie di accedervi. La media delle uscite è del 30-40%, un dato che fa intravedere la positività del programma. Inoltre abbiamo realizzato un programma che si chiama "Começar de novo" (iniziare di nuovo) per persone ultraquarantenni disoccupate, per insegnare loro una nuova professione. Per la gioventù abbiamo invece creato una "Bolsa Trabalho" (Borsa lavoro) che si rivolge ai giovani studenti... Sono progetti che danno risultati. Le faccio un esempio: il quartiere Grajaú è una delle zone più povere di San Paolo, che aveva il 20% di disoccupazione. Grazie ai nostri progetti la violenza è diminuita del 12%, mentre nel resto della città è aumentata dell’1% e l’evasione scolastica è diminuita del 44% come anche la disoccupazione, sulla quale però ancora non abbiamo dati esatti. Un altro dato molto significativo riguarda la raccolta dell’Iva che è aumentata del 2%, mentre nel resto della città è calata del 9%. Ciò vuol dire che sono aumentati i consumi, quindi che, grazie ai programmi sociali avviati dal Comune, si è innescato un meccanismo virtuoso. Ma la povertà resta enorme...
Riguardo al progetto "Fome zero" si dibatte se sia più utile dare soldi oppure distribuire una carta abilitata al solo acquisto di cibo. Lei cosa pensa?
SUPLICY: Noi abbiamo distribuito soldi, non liquidi, ma attraverso una carta di credito. La preoccupazione di Lula è che in Brasile tantissime persone non mangiano per uno o due giorni, e moltissime sono sottoalimentate. Quindi ha paura che distribuendo soldi e non buoni-pasto, il contributo sia sperperato per acquisti non necessari come vestiti, alcool, riviste o altro. Invece la nostra esperienza, in particolare per quanto riguarda il quartiere di Grajaú, dice che, distribuendo soldi, l’88% di questi è stato utilizzato per acquistare cibo.
Una immagine della metropoli paulista

Una immagine della metropoli paulista

Ritiene che la Chiesa possa essere coinvolta nei programmi sociali?
SUPLICY: In genere tutte le Chiese sono impegnate nel sociale. Così, all’inizio del mio mandato avevamo pensato di affidare proprio a queste il censimento sulla povertà. Ma non è andata bene: ognuna aveva i suoi rapporti politici, aveva le sue visioni... Allora abbiamo svolto il lavoro con funzionari pubblici, e il risultato è stato eccellente. Io sono cattolica e ho molta stima della Chiesa cattolica. Ritengo però che la Chiesa debba rimanere nel suo ambito di lavoro, che tra l’altro svolge molto bene, ma non debba assumere competenze proprie dello Stato, che deve rimanere laico. Questo l’ho detto anche a Lula.
Qual è l’opera sociale la cui realizzazione le sta più a cuore?
SUPLICY: Abbiamo un grande livello di violenza soprattutto nelle periferie. Questo non solo per la grande povertà e la mancanza di aspettative, ma anche perché i ragazzi non hanno nulla da fare... insomma è anche una questione di adrenalina. Così è nata l’idea di creare dei grandi centri polivalenti formativi e culturali proprio nelle zone in cui il tasso di violenza, di disoccupazione e di analfabetismo risulta più alto. Tra marzo e aprile inaugureremo 21 di questi centri. Queste strutture prevedono scuole infantili, elementari e medie, cui verranno affiancati grandi centri sportivi, comprensivi di piscine; poi centri culturali, che metteranno a disposizione degli utenti biblioteche cartacee e di audiovisivi, oltre a diversi computer per poter utilizzare internet. Entro il 2004 contiamo di poter realizzare altre dieci strutture simili, in altrettante zone povere della città... Credo che queste strutture avranno un impatto molto grande sulla povertà cittadina.


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