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INCONTRI
tratto dal n. 10 - 1998

Metti una sera a cena con Gorbaciov



di Giulio Andreotti


Il presidente Gorbaciov ha fatto una brevissima visita a Roma, per dar lustro alla sezione italiana di una organizzazione internazionale da lui patrocinata – Green Cross – che ha lo scopo di diffondere la cultura e la sensibilità ambientalista. Sono molto lieto che nelle poche ore di soggiorno abbia accettato di rilasciare al nostro Giovanni Cubeddu l’intervista che qui pubblichiamo. A mia volta, ho avuto il privilegio di trascorrere con lui la serata, rievocando momenti incisivi della sua storica esperienza e valutando qualche aspetto di attualità.
Gli ho chiesto se effettivamente – come io ritengo – il mancato risultato positivo della sua partecipazione al Summit dei sette Paesi industrializzati di Londra (15-17 luglio 1991) abbia avuto una importanza rilevante nel declino del suo disegno politico. Lo ha pienamente confermato.
Con grande lucidità, Gorbaciov ci illustrò allora la situazione, dicendo che, se urgentissimo si poneva il sostegno finanziario, più importante era la comprensione e l’appoggio internazionale al gradualismo delle riforme. In particolare, essendo molto diverse le condizioni delle varie repubbliche dell’Urss, gli schemi di autonomia andavano modellati uno ad uno, sia pure in tempi non lunghi. Solo alla fine doveva essere restituita la sovranità ai Paesi baltici; pretendere che questa fosse invece una indifferibile priorità comportava la crisi di tutto il progetto di costruzione di un accettabile “nuovo”.
Altro aspetto su cui ci intrattenne, con toni appassionati, fu l’impossibilità di una accettazione immediata e incondizionata dell’economia di mercato. Mancavano le premesse strutturali, le attitudini e la preparazione degli uomini; la possibilità di rifarsi a esperienze precedenti (come, ad esempio, in Cecoslovacchia). Il termine gradualità anche qui fu da lui usato più volte, senza che molti dei presenti avvertissero che non era indice di immaturità democratica o di residui della lunga stagione del cosiddetto socialismo reale. Gorbaciov mi ha ricordato che a dargli una mano in quella giornata per lui memorabile fummo solo Mitterrand ed io. Per esattezza anche Delors fu comprensivo, senza peraltro arrivare alla proposta che a Varsavia aveva lanciato Walesa, di tenere provvisoriamente in piedi il Comecon, smantellando per tappe le economie e le produzioni integrate.
Strana posizione quella degli inglesi. La signora Thatcher aveva ricevuto per prima a Londra Gorbaciov con tutti gli onori quando era alle prime battute della sua autorevolezza. Ma ora che veniva a chiedere un appoggio motivato allo sviluppo “post sovietico”, John Major con il suo disco rosso non dava luogo alla minima apertura.
Gorbaciov ottenne solo il piccolissimo risultato di un dichiarato favore perché fossero ammessi come osservatori al Fondo monetario internazionale. A parte la poca consistenza oggettiva, questa “raccomandazione” non era certo tale da essere apprezzata come segno di effettiva solidarietà esterna al nuovo corso.
Viceversa il ritorno a mani vuote dava ali all’offensiva di quanti non perdonavano a Gorbaciov l’affondamento della potente Unione Sovietica. Lo scioglimento del Partito comunista, centrale e periferico, pesava duramente sul riformatore.
Meglio non ricordare – ma Gorbaciov non può dimenticarlo – che a Londra dovette prendersi persino un rimprovero (non dagli Usa) per la lentezza con cui si concedevano a Mosca permessi di apertura dei McDonald’s.
Dove invece ora Gorbaciov sorvola è sul tentativo di golpe con cui cercarono di defenestrarlo. Lo ha rammentato Raissa con mia moglie, citando un incontro che avemmo subito dopo, ascoltando una cronaca terrificante.
E oggi? Gli ho chiesto quali siano le possibilità di Primakov, che conobbi proprio come suo inviato quando si lavorava per convincere Saddam Hussein a retrocedere dalla folle invasione del Kuwait. Mentre parlavamo, Primakov non aveva potuto ancora mettere in piedi la sua squadra; e forti manovre erano in corso per farlo fallire.
L’opinione di Gorbaciov è che lo stesso Eltsin dovrebbe prendere l’iniziativa di anticipare sia le elezioni presidenziali che quelle del Parlamento. La situazione politica è troppo tesa e le condizioni di vita della popolazione sono al livello più basso in assoluto. Anche le Forze armate sono demotivate e, come per gli altri pubblici dipendenti, vi è grande ritardo nel pagamento dei salari.
Senza insistervi, ho accennato all’elezione del generale Lebed a governatore della Siberia. L’anno scorso proprio da Gorbaciov avevo ascoltato un giudizio negativo sul modo con cui il governo aveva rimosso il generale dal suo incarico militare. Può pensarsi ad un ruolo politico di questo o di altro esponente dei militari? Potrebbe accadere solo se i meccanismi rappresentativi si inceppassero. Ma un rinnovo a tempi brevi delle strutture elettive dovrebbe far riprendere respiro alla costruzione della nuova Russia.
Gorbaciov ha parlato di un giro di conferenze negli Stati Uniti, che si sta ora svolgendo.
L’ho trovato in buona forma fisica e per nulla nostalgico del potere governativo. È solo preoccupatissimo per la crisi in cui si dibatte la sua patria.
Spero di avere occasione di rivederlo tra non molto per continuare un discorso appena iniziato, sul potenziamento dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), nel quale io vedo una possibile via d’uscita per tante situazioni altrimenti degradanti.


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