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CUBA
tratto dal n. 10 - 1998

CATTOLICI. Parla l’arcivescovo dell’Avana

Indizi positivi di apertura


Il cardinale Ortega y Alamino non è d’accordo con chi dice che la visita del Papa non ha avuto effetti concreti e che il governo non ha fatto concessioni significative per la vita della Chiesa: «Sono letture apocalittiche degli avvenimenti». Intervista


Intervista con Jaime Lucas Ortega y Alamino di Gianni Cardinale


Si svolgerà a L’Avana, dal 14 al 17 febbraio del prossimo anno, il previsto vertice degli episcopati del continente americano per celebrare il primo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Cuba. Le date di questo importante incontro le fornisce lo stesso cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo di San Cristóbal de la Habana, in un’intervista concessa a 30Giorni durante una sua breve permanenza a Roma. Il porporato cubano traccia il bilancio della storica visita del Papa nella Perla dei Caraibi, afferma che dopo il viaggio non ci sono stati passi indietro nei rapporti tra Chiesa e governo e non manca di lanciare alcune frecciatine sul linguaggio «apocalittico» usato dall’agenzia Fides, collegata a Propaganda Fide, nelle sue corrispondenze da Cuba.
Il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino nasce a Jagüey Grande, diocesi di Matanzas, nel 1936. Suo padre è stato prima lavoratore nello zuccherificio sito nei pressi del suo villaggio natale e poi piccolo commerciante, mentre sua madre si è dedicata ai lavori domestici e ha collaborato all’attività commerciale della famiglia. A Matanzas, dopo un anno di studi universitari, entra nel Seminario diocesano di San Alberto Magno, diretto dai Padri delle Missioni straniere del Québec. Dopo quattro anni di studi umanistici e filosofici viene inviato dal vescovo nel Seminario delle Missioni straniere del Québec, in Canada, dove studia teologia. Per questo motivo il cardinale dell’Avana parla come seconda lingua il francese. Tornato a Cuba, nel ’64 è ordinato sacerdote. Nel ’66 viene internato in campi di lavoro conosciuti con la sigla Umap. Un anno dopo, al termine dell’internamento, è nominato parroco di Jagüey Grande, suo villaggio natale, e poi della Cattedrale di Matanzas. Per diversi anni è anche professore del Seminario interdiocesano San Carlos y San Ambrosio all’Avana, dove insegna teologia morale. Nel dicembre ’78 viene nominato vescovo di Pinar del Río, nell’81 è promosso arcivescovo di San Cristóbal de la Habana, nel ’94 è creato cardinale. Nello stesso anno inizia il suo terzo periodo come presidente della Conferenza episcopale cubana. Dal ’95 è, inoltre, secondo vicepresidente del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano).

Eminenza, a dieci mesi dalla storica visita di Giovanni Paolo II a Cuba, qual è il bilancio provvisorio che può fare?
JAIME LUCAS ORTEGA Y ALAMINO: La preparazione della visita del Papa, che è durata un anno, ha creato nuove opportunità per la Chiesa, non solo in riferimento alla sua attività pastorale ma anche per quanto riguarda le relazioni necessarie da stabilire con le autorità del Paese per preparare la visita. Questo ha creato un tipo di relazioni più fluide. La Chiesa nella sua attività missionaria ha espletato un gran lavoro di visite casa per casa per informare sulla persona e sul messaggio del Papa. È stata una vera missione porta a porta che ha coperto tutto il Paese. Prima della visita ci sono state anche celebrazioni pubbliche dell’eucarestia a L’Avana e in altre città. Si è avuto pertanto un miglioramento della possibilità per la Chiesa di farsi presente tra il popolo, nella società. Dopo la visita, questo processo è continuato. Non ci sono stati, cioè, passi indietro, c’è lo stesso spirito missionario, la creazione sempre crescente di luoghi di preghiera, di incontro, in case dove si riceve la catechesi, si prega insieme e si ricevono i sacramenti. Ciò fa sì che molti luoghi dove non c’è una chiesa abbiamo la possibilità di costituire piccole comunità cristiane, di cinquanta-settanta persone, che si riuniscono e che conoscono la Parola di Dio. Questo spirito missionario è continuato, anzi si è ampliato dopo la visita. Ad agosto c’è stata la processione della patrona nella città di Santa Clara. A settembre, in occasione della festività della Vergine della Carità, ci sono state processioni a L’Avana e in altre città con una spontanea partecipazione popolare. In quella occasione mi è stata concessa anche l’opportunità di leggere un messaggio di un quarto d’ora a tutto il popolo cubano dalla radio di Stato.
I mass media sono rimasti colpiti dal fatto che lei ha pregato anche per gli attuali governanti dell’isola.
ORTEGA Y ALAMINO: Sì. E non era una novità. Nel corso delle messe domenicali e delle grandi celebrazioni nelle chiese cubane si prega sempre per i governanti. La Chiesa lo ha sempre fatto. La Chiesa prega per gli infermi, per coloro che stanno in prigione, per quelli che soffrono per mancanza di qualcosa, per tutti i cubani, per quelli che vivono a Cuba e per quelli che vivono fuori. Non credo che nel giorno della festa della Madre del popolo cubano, incoronata dal Papa, durante il viaggio, come regina di Cuba, qualcuno potesse essere escluso dalle preghiere.
È stata la prima volta che ha avuto accesso ai mezzi di comunicazione di Stato?
ORTEGA Y ALAMINO: No. Poco prima della visita del Papa ho parlato pubblicamente per mezz’ora al popolo cubano attraverso la televisione. È significativo che questa volta lo spazio radiofonico è stato concesso senza che ne avessimo fatto richiesta esplicita, e che sia accaduto in occasione della festa della Madonna della Carità, che è un simbolo per tutta Cuba, un simbolo patriottico. Tutti i cubani che lottarono per l’indipendenza di Cuba avevano una grande devozione per la Vergine della Carità.
Lei si è recato di recente a Parigi dove ha ritirato il premio dell’Unione cattolica internazionale della stampa per la sua rivista diocesana Palabra nueva. Di cosa si tratta?
ORTEGA Y ALAMINO: È una rivista che ha sei anni. È una piccola pubblicazione diocesana, molto modesta, in gran parte fotocopiata. È un mensile che non supera le quaranta pagine con una tiratura di ottomila esemplari. Comporta però un grande sforzo economico, perché la carta e la stampa costano. La rivista ha una opinione molto chiara di matrice cattolica umanista, a volte con elementi critici riguardo la società cubana. Questo ha mosso l’Unione internazionale cattolica della stampa a concederle la medaglia d’oro. A Parigi ho detto, e lo credo davvero, che la nascita e la durata di questa rivista indicano una possibilità nuova per la Chiesa e per l’espressione del pensiero nel nostro Paese. È un segno che deve essere tenuto in conto ed è un segno di speranza per il futuro immediato.
Il Papa durante il suo viaggio ha chiesto al mondo di aprirsi a Cuba e a Cuba di aprirsi al mondo. In questi mesi chi ha operato le maggiori aperture?
ORTEGA Y ALAMINO: Il mondo si è aperto molto a Cuba. In occasione della festività di Pentecoste i vescovi cubani hanno pubblicato una lettera pastorale nella quale si dice che l’apertura di Cuba al mondo deve essere accompagnata da un’apertura interna della quale vi sono alcuni indizi e alcuni segni. Credo che un’apertura interna a Cuba sia in qualche modo già una sua apertura al mondo. Il movimento deve essere sempre reciproco. Il fatto che molti Paesi si sono aperti a Cuba fa sì che, in un certo grado, anche Cuba si apra progressivamente a questi Paesi e poi al mondo. Noi vescovi abbiamo condannato, come abbiamo sempre fatto, l’isolamento di Cuba e tutti i mezzi che possono essere asfissianti per l’economia, come l’embargo o altri provvedimenti dello stesso genere.
L’amministrazione Clinton si è mostrata più aperta delle precedenti nei confronti del suo Paese. Le disavventure che stanno colpendo ora l’inquilino della Casa Bianca potranno influenzare la politica statunitense su Cuba?
ORTEGA Y ALAMINO: Da questa situazione tanto difficile che sta vivendo l’esecutivo nordamericano deriva un governo e un presidente debilitati che non possono prendere provvedimenti eccezionali e superare le pressioni economiche contro Cuba imposte dal Congresso. In questo momento non spero in alcun cambiamento straordinario. C’è stato qualche allentamento positivo nel recente passato, sono stati permessi, ad esempio, dei voli per il trasporto di medicinali. Non sono specialista in questioni politiche, ma non spero molto di più in questo momento.
Alcuni mesi fa è stato annunciato un incontro dei vertici degli episcopati di tutto il continente americano da svolgersi a Cuba in occasione dell’anniversario della visita papale. A che punto sono i preparativi?
ORTEGA Y ALAMINO: L’incontro si svolgerà dal 14 al 17 febbraio a L’Avana. Verranno vescovi rappresentativi di diverse zone dell’America Latina, la presidenza del Celam, e quella delle conferenze episcopali statunitense e canadese. Sarà un gruppo di trenta-trentacinque vescovi. Sarà l’occasione per analizzare l’esortazione postsinodale che il Papa avrà presentato in Messico a fine gennaio, proprio in corrispondenza del primo anniversario del suo viaggio a Cuba. Per questo motivo l’incontro a L’Avana non si svolgerà a fine gennaio, ma a febbraio. L’incontro dell’Avana costituirà l’occasione per la recezione ufficiale dell’esortazione postsinodale in America.
Il governo cubano ha fatto difficoltà per questo incontro?
ORTEGA Y ALAMINO: No, nessuna difficoltà. Già c’è stata una riunione preparatoria a L’Avana a riguardo. Da alcune parti è uscita fuori la notizia che di questo incontro non si sa nulla. Non se ne è parlato perché il momento non era ancora arrivato. Non c’è nulla di occulto. Al contrario. È una riunione che si fa a L’Avana che deve essere giustamente pubblicizzata affinché si conosca il suo contenuto e la sua irradiazione verso il continente americano.
L’agenzia Fides, collegata a Propaganda Fide, in effetti, ha scritto che «dell’incontro del Celam, che si terrà nel prossimo febbraio a Cuba, nessuno sa niente». Secondo la medesima agenzia «testimonianze di cattolici giunte da L’Avana affermano che il governo rimane bloccato sulle sue posizioni come prima della visita del Papa»…
ORTEGA Y ALAMINO: Ho letto. Mi sembra sorprendente che l’agenzia Fides abbia lanciato questo dispaccio il 9 settembre, proprio il giorno dopo le processioni pubbliche per la Vergine della Carità, il giorno dopo il mio discorso alla radio. Il dispaccio di Fides non fa alcun riferimento a questo fatto, né ad altri fatti che sono accaduti durante l’anno, ma riporta solo un elenco, una cronaca di fatti sociali inviata non saprei da chi con tono apocalittico. Affermare poi che la visita del Santo Padre è stata senza effetti, non mi sembra giusto nei confronti del Papa.
Fides ha fatto una critica precisa. Secondo l’agenzia «dalla visita del Papa in poi il governo non ha rilasciato nessun nuovo visto [per sacerdoti, ndr], eccetto una decina, in sostituzione di preti e suore che ritornavano in patria»…
ORTEGA Y ALAMINO: Nell’ultimo triennio sono entrati a Cuba una media di sessanta-settanta tra religiosi e sacerdoti ogni anno. Ora tra i vescovi cubani e il governo dell’isola c’è una trattativa molto aperta e molto chiara e credo che prima della fine dell’anno potremo sapere il numero di permessi che verrà accordato. Anche in questo caso c’è un’interpretazione apocalittica degli avvenimenti che, credo, non corrisponde alle intenzioni dell’agenzia Fides ma a quelle di alcuni informatori dei quali questa agenzia non dovrebbe tenere conto.
Lo scorso anno il governo cubano ha eccezionalmente considerato il giorno di Natale come giorno festivo anche dal punto di vista civile. Ci sono segnali che questa “eccezione” possa diventare la regola?
ORTEGA Y ALAMINO: Non posso ancora dirlo. Desideriamo che anche quest’anno il Natale sia festa civile. Finora non abbiamo alcuna indicazione né in senso positivo né in senso negativo.


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