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FEDE E CULTURA
tratto dal n. 10 - 1998

SCHEDA. Lo status delle Chiese nell’Unione europea

Chiesa=organizzazione filosofica




«Purché non succeda come la volta scorsa, quando alla fine abbiamo perso…». Un retropensiero di tal genere potrebbe affacciarsi in previsione della terza ed ultima conferenza per la costruzione dell’Unione europea, la cosiddetta “Maastricht 3”. Questa nuvoletta così fastidiosa turba quanti sono impegnati nella definizione di un diritto europeo in materia ecclesiastica e nella armonizzazione delle legislazioni nazionali ecclesiastiche con la normativa dei trattati dell’Unione.
Il punto di partenza infatti non è dei più entusiasmanti, dato che, alla Conferenza intergovernativa di Amsterdam del giugno ’97 (che ha stabilito quanto poi approvato in ottobre a “Maastricht 2”), tutti gli sforzi diretti al riconoscimento giuridico a livello europeo della specificità della Chiesa cattolica sono risultati vani. Anzi, quasi controproducenti, rivelando qualche divisione di troppo anche tra i Paesi membri dell’Unione europea considerati cattolici.
Che cosa è successo? Come mai i buoni uffici della diplomazia d’Oltretevere non sono andati a segno? Finché il negoziato si è svolto a livello dei tecnici nominati dai governi, si intuisce interpretando le parole di alcuni esperti della Segreteria di Stato, le speranze sussistevano. La formulazione originale sulla quale si era coagulato il consenso di importanti Paesi “cattolici” della Ue, tra cui Germania, Austria, Italia e Spagna, era: «L’Unione rispetta lo statuto costituzionale della Chiesa e di altre associazioni religiose negli Stati membri in quanto espressione dell’identità e della cultura degli Stati membri e parte del patrimonio culturale comune». Tale formulazione pareva godere di una discreta maggioranza, sebbene fosse chiaro sin dall’inizio che non avrebbe avuto l’appoggio di Francia, Belgio e Gran Bretagna. L’Italia si era ben comportata pur nel susseguirsi di governi di varia composizione, incontrando i diplomatici della Santa Sede e ottenendone i suggerimenti. I quali – stando a quelle confidenze che i tecnici si fanno volentieri per alleggerire la pressione dopo ore e giorni di negoziati – erano stati inviati da Oltretevere non solo, ovviamente, all’allora cancelliere Kohl, ma anche a Jacques Chirac! Alla Farnesina ancora oggi si dicono invece stupiti per la défaillance della cattolica Irlanda, alla quale, anche da parte italiana, era stato chiesto un appoggio. Che però non c’è stato. E qualche riserva comunque pare di leggerla sul volto dei diplomatici italiani a proposito dell’atteggiamento della Spagna, nonostante vigesse il governo Aznar. Nessuna meraviglia per la tenace battaglia francese in nome della laicità o per la opposizione della Gran Bretagna “anglicana”, opposizione comunque larvata.
Arrivati dunque alla stretta finale del giugno scorso ad Amsterdam, il confronto si è fatto più aperto, tra leader politici. L’esito non è stato quello della battaglia di Lepanto, e i Paesi “cattolici” si sono visti approvare una mozione presentata dal Belgio, mozione che parificava le Chiese ai circoli culturali. La stesura finale è la seguente: «L’Unione rispetta e non pregiudica lo status, previsto dalle leggi nazionali, di Chiese e associazioni o comunità religiose negli Stati membri. Nello stesso modo l’Unione rispetta lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali». Questo testo, che originariamente avrebbe dovuto far parte del Trattato, è stato alla fine inserito in una dichiarazione annessa, giuridicamente non vincolante (una marcia indietro che le Chiese europee hanno letto positivamente).
Tra la formulazione originale e quella finale vi è stato dunque un arretramento significativo: ma – se vogliamo vedere il positivo – viene mantenuta l’idea che l’Unione europea debba rispettare la posizione che non solo le organizzazioni di pensiero e non confessionali, ma anche le Chiese e le comunità religiose hanno nella società. Cioè, qualcosa del progetto originario è passato… Dalla Farnesina intanto suggeriscono alle Chiese europee di far leva sul concetto di sussidiarietà che permea il Trattato dell’Unione europea: ciò consentirebbe di star tranquilli finché non si violano con particolari leggi ecclesiastiche nazionali le disposizioni europee. Ma nulla di più. Basta infatti ricordare quanto il Consiglio episcopale permanente della Cei – che pure sottolineava come la libertas Ecclesiae ad Amsterdam fosse stata tutelata – disse nel settembre ’97 a proposito dello sventurato articolo: «L’accoglienza solo parziale, e dopo molte difficoltà, tra le disposizioni finali del Trattato di un riferimento alla sfera religiosa e la sua assimilazione con quella filosofica, collocano l’articolo approvato in una prospettiva piuttosto nebulosa». Quella nuvoletta continua ad aggirarsi per l’Europa.


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