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VENT’ANNI DALLA MORTE DI...
tratto dal n. 09 - 1998

TEMPO DI MIRACOLI

«Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles»


Quattro lettere inviate al Centro “Papa Luciani” di Santa Giustina, in provincia di Belluno, raccontano di guarigioni miracolose ottenute per intercessione di Giovanni Paolo I. Testimonianze semplici che confermano il Magnificat della Madonna: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili»


Quattro fedeli segnalano grazie ottenute per intercessione di Giovanni Paolo I


Un recente volume, Papa Luciani. Il parroco del mondo (Edizioni Segno, con prefazione del cardinale Darío Castrillón Hoyos), scritto dal nostro collaboratore Andrea Tornielli e da Alessandro Zangrando, riporta alcune lettere di semplici fedeli, pervenute al Centro di spiritualità “Papa Luciani” di Santa Giustina (Belluno), che segnalano grazie ottenute per l’intercessione di Giovanni Paolo I. Ne riproponiamo alcune ai nostri lettori.


LUCIANI, PENSACI TU
«Desidererei raccontare un piccolo (o grande) fatto capitato qui a Heliopolis dove svolgo il mio apostolato. Una mamma di otto figli è in coma da una settimana per una meningite. La assiste la mamma, cristiana. Sta per morire e io piango più dei suoi cari. Una sera allora dico nella preghiera a papa Luciani: “Senti, tu ce la fai a vedere questa mamma, io no. Pensaci tu! Qui questa grazia non ti verrà mai riconosciuta, ma tu sei umile e questo so non t’importa”. Ho messo la medaglia del Papa nel fazzoletto della donna. Al mattino incontro la suora della notte. Ho paura di chiederle come sta, lei mi guarda e mi dice che ormai sta per morire. “Luciani, pensaci!”, prego dentro di me. Alle 7,30 vado in corsia e mi viene incontro la mamma della donna: “Suora, si è svegliata, parla, ha bevuto un po’ d’acqua e sta bene!”. Piangiamo insieme di gioia e ringraziamo insieme il Signore e papa Luciani».

Suor Vittoria Cibien,
Heliopolis, Egitto


E DEL TUMORE SPARÌ OGNI TRACCIA
«Mi permetto comunicare a codesto spettabile Centro la mia testimonianza relativa a una guarigione straordinaria. Verso la fine del giugno 1985, mio fratello signor Rino Pinaffo, residente con la famiglia in Francia, a Confouleux, telefonò al fratello sacerdote, don Aldo Pinaffo, parroco di Crea di Spinea (Ve), che un suo genero, il signor Aldenge Jacques, era ricoverato in ospedale in condizioni molto gravi con diagnosi certa di un tumore maligno alla testa. I chirurghi erano molto incerti sulla convenienza di un eventuale intervento, data la gravità della situazione. Il fratello ci avvertiva, a nome anche della moglie e dei quattro figli, della drammatica realtà. Chiese unanime e fiducioso, preghiera a me e alle suore di Villa Bianca in Tarzo (Tv), affinché per intercessione di papa Luciani, dal quale io stessa sono convinta di aver ricevuto una grande grazia, anche lui potesse trovare conforto e guarigione. Io gli scrissi subito, esortandolo a pregare con fiducia papa Luciani e gli mandai una cartolina con la foto del Papa invitando loro e gli altri parenti a recitare un Pater noster, un’Ave Maria e tre Gloria confidando nella sua intercessione. L’altra mia sorella suora che si trovava a Roma, andò presso la tomba di papa Giovanni Paolo I a chiedere che l’intervento chirurgico avesse un esito positivo. Alla vigilia dell’operazione, come mi fu scritto, seppi che uno dei chirurghi si era ritirato affermando che il signor Aldenge, se anche fosse stato operato, avrebbe avuto solo qualche giorno di vita; l’altro chirurgo era molto incerto sul da farsi. Mentre da ogni parte si pregava, i medici si decisero per l’intervento che durò cinque ore. Trovarono una sacca di sangue e, nel cervello, il tumore che non era possibile togliere, se non in parte in quanto sarebbero state lese parti vitali. Prima di informare la moglie dell’esito negativo dell’intervento, gli somministrarono dei sedativi. La situazione era molto seria: il marito sarebbe vissuto solo qualche giorno. Il tumore, ripeto, era maligno, né era possibile toglierlo completamente, perché, come ho detto, essendo localizzato in parti estremamente delicate e vitali del cervello, il malato sarebbe morto durante l’intervento. Passarono otto giorni, gravidi di preoccupazione e ansietà. I medici sottoposero l’ammalato a tutti i controlli clinici. Con grande sorpresa e stupore dei parenti, i medici ci informarono che il signor Aldenge appariva completamente guarito perché del tumore non si vedeva più traccia. Venne quindi rimandato a casa. Nel settembre dello stesso anno, mio fratello don Aldo è andato a trovarlo per rendersi conto del fatto e ha trovato il parente al suo posto di lavoro. Fu celebrata una messa di ringraziamento a Dio per la grazia ottenuta per intercessione (io ne sono del tutto convinta) di papa Luciani. Erano presenti tutti i parenti. Verso la metà di gennaio 1986, al signor Aldenge furono rifatti i controlli. I medici, constatando la confermata guarigione, si dissero stupiti: “Come può essere guarito così bene, senza sottoporsi ad alcuna radiazione?”. Devo aggiungere che nei primi giorni di maggio il signor Aldenge si sottopose ancora agli esami del caso che confermarono la completa guarigione. La famiglia ringrazia vivamente quanti hanno pregato per la guarigione del parente e si augura con viva speranza che papa Luciani possa essere, quanto prima, elevato alla dignità degli altari. In fede».

Suor Ines Pinaffo


COME DON ALBINO HA SALVATO MIO PADRE
«Carissimi amici, chi vi scrive è una ragazza di 21 anni, sono Sonia e vengo da Caorle, un paese in provincia di Venezia... Mi ha spinto a scrivervi un significativo episodio capitatomi a novembre 1996. Mi trovavo a casa da sola, di mattina, quando mi telefonò un portantino dell’ambulanza: “Stiamo portando suo padre all’ospedale di Mestre, è successo un incidente automobilistico, ma lei stia tranquilla che andrà tutto bene”. Sospesa la comunicazione, non vi posso dire in che stato fossi, soprattutto perché non avevo nessuno che mi confortasse e aiutasse; sopra il mio letto ho appeso un quadretto del caro papa Albino, e così quella mattina gli dissi di proteggere papà e di fare in modo che non gli fosse accaduto niente di male.
Da quel momento mi tranquillizzai; sapevo di non essere sola, perché avevo ricevuto Gesù eucaristia quella mattina stessa durante la santa messa e poi perché parlavo con il mio buon Papa, e questo mi dava coraggio e pace. Dopo parecchie ore mi telefonarono dall’ospedale: la macchina di papà, che quella mattina si stava recando a Venezia per lavoro, era piombata in piena strada perché, a causa dei freni che in quel momento non avevano funzionato, non era riuscita a fermarsi a uno stop. A quell’ora (8,30 di mattina) il traffico era molto intenso; un Tir ha sfiorato la macchina di papà per miracolo, mentre due automobili lo hanno investito in pieno, distruggendogli completamente la macchina. Mio papà non ha riportato nemmeno una frattura dall’incidente, solo qualche contusione, guarita perfettamente con un po’ di riposo a casa. Quanti sono venuti a conoscenza della dinamica dell’incidente, hanno detto che si è trattato di un miracolo. Io so a chi attribuire questo miracolo, a lui, al Papa che sorride ancora nel cielo a quanti lo invocano nella preghiera».

Sonia Dorigo, Caorle, Venezia


RICORDAVO LA LETIZIA CHE IRRADIAVA
«Sono una suora francescana di Cristo Re, nata il 27 agosto 1923. Attualmente mi trovo a Tarzo (Tv) nella Casa di riposo Villa Bianca per fare la mia convalescenza che è e sarà ancora lunga. Il 19 febbraio 1983 sono stata colpita da un infarto cardiaco mortale, mentre partecipavo al ritiro delle suore nella comunità di San Donà di Piave. Da quel giorno fui vicina alla morte parecchie volte, e incoraggiata a pregare qualche santo, scelsi come mio protettore papa Luciani. Perché – mi si chiederà – proprio lui? Lo conobbi quand’era vescovo a Vittorio Veneto, mi ha sempre colpito, e la sua figura mi è sempre rimasta nel cuore, per la sua umiltà e semplicità nel trattare con tutti, per la letizia che irradiava con il suo sorriso. A parlare con lui ci si sentiva a proprio agio. La mia venerazione crebbe quando fu eletto papa e come si presentò sulla loggia la sera stessa dell’elezione. Non appena appresi la notizia della sua morte improvvisa, cominciai a pregarlo subito, come si prega un santo, e posso dire che sempre sono stata esaudita. Dopo l’infarto, la mia vita era appesa a un filo; intensificai la mia preghiera, sicura del suo aiuto e della sua intercessione, benché fossi pronta serenamente a fare la volontà di Dio, sia che mi volesse nella sua Casa, sia che mi lasciasse ancora qui, per continuare a fare del bene. Dopo lungo tergiversare da parte dei medici per la gravità e il rischio di un intervento, fu lasciata a me la responsabilità di decidermi per l’operazione al cuore, poiché ci sarebbe stata una possibilità minima di riuscita, in caso affermativo. Mi consigliai con i miei superiori e parenti: non tutti erano di parere favorevole. Decisi allora io, con serena fiducia nelle tante preghiere che si elevavano a Dio Padre per l’intercessione di papa Luciani. Il 20 ottobre 1983 entrai in sala operatoria a Padova, portando con me un’immaginetta di papa Luciani. L’operazione diretta dal professor Valfré con la sua équipe durò circa sei ore: fui operata a cuore aperto. Buona parte del cuore fu asportata, almeno la più ammalata fu detto, mi fu eseguito doppio by-pass aortocoronario. Dopo l’operazione trascorsi tre giorni in camera di rianimazione, senza sapere di essere in questo mondo. Ricordo che la mattina del terzo giorno fui svegliata e una gentile infermiera mi presentò l’immaginetta di papa Luciani perché la baciassi e poi non la vidi più. Dopo un po’ venne il cappellano e mi diede la comunione. Con grande gioia per avere Gesù in me, mi resi conto di essere ancora viva: le preghiere erano state esaudite e ringraziai Dio Padre, la Vergine Santa e il caro papa Luciani. A mezzogiorno mi portarono in cardiologia, nella mia stanza tra il giubilo di tutti. Però non riuscii più a trovare la mia immaginetta di papa Luciani. Chiesi a mia sorella suora che mi assisteva di andare a vedere dove era andata a finire. Ella allora, trovata l’infermiera della sala di rianimazione, si informò e le fu risposto: “L’immagine di papa Luciani l’abbiamo appesa qui, perché come aiutò sua sorella, sia di aiuto anche agli altri, e con il suo sorriso sparga tante grazie su chi lo invoca”. In seguito ho avuto serie complicazioni ma non mi sono mai persa d’animo certa che se papa Luciani mi aveva fatta uscire viva dalla sala operatoria, per il momento non sarei morta. Fui quindi portata dall’ospedale di Padova a quello di Treviso, per potermi stabilire un po’ secondo il consiglio del professor Valfré. Il 9 novembre l’infermiera di Tarzo venne a prendermi con la macchina e mi accompagnò all’ospedale di Treviso, nel reparto cardiologia, dove ebbi tante cure necessarie, persino la scopìa allo stomaco, poiché temevano l’ulcera, ma tutto risultò negativo. Il 25 novembre fui dimessa anche da quest’ospedale e con mia grande gioia tornai a Tarzo, in Villa Bianca. L’infermiera che mi è venuta a prendere, arrivata a casa, esclamò: “Sai che non avrei mai creduto di riportarti qui viva?”. “Ma io quando ho pregato papa Luciani” le risposi con molta serenità “mi sono sentita sicura, e, uscita viva dalla sala operatoria, non ho più pensato di morire, anche se vedevo un continuo andirivieni di suore e di parenti attorno a me”. Il 24 giugno a Crea di Spinea, dov’è parroco mio fratello, si è tenuta una messa di ringraziamento, presenti tutti i parenti che hanno pregato con me e per me ed anche amici e numerose persone dei paesi vicini. L’eucarestia fu da tutti vissuta come ringraziamento festoso a Dio che dona a ogni creatura la vita per compiere del bene. Ora io so che con questo cuore, riparato, ma che ha ripreso la sua attività, posso vivere, anche se non in piena efficienza: trascorro serenamente le mie giornate, facendo la sacrestana, con l’aiuto della carità fraterna; nella nostra casa qui a Tarzo abbiamo infatti, l’adorazione eucaristica giornaliera. Non ho parole per esprimere il mio ringraziamento al caro papa Luciani e a tutti quelli che hanno pregato e mi hanno aiutata a confidare nella preghiera e ad abbandonarmi totalmente alla volontà di Dio».

Suor Ines Pinaffo


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