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SPECIALE TURISMO
tratto dal n. 09 - 1998

I viaggi del disgelo


L’Italturist nei ricordi del suo primo presidente, l’onorevole Armando Cossutta di Rifondazione comunista. Quando anche il turismo coopera alla pace nel mondo


di Armando Cossutta


Ho un ricordo molto bello, persino entusiasmante della mia presenza nella società Italturist.
Ne ho assunto la presidenza nel lontano 1966 (anni per me ancora giovanili) e già nel 1967 fui impegnato a organizzare i festeggiamenti per il decennale della società che era nata allora – 1957 – per organizzare viaggi soprattutto verso l’Unione Sovietica. Era difficile: occorrevano tanti visti da parte delle autorità italiane, che spesso non venivano rilasciati con pretesti i più diversi ed assurdi; non c’erano ancora voli diretti di linea verso Mosca, né era possibile organizzare voli charter diretti. Normalmente si doveva fare scalo a Vienna e più raramente a Praga che, essendo capitale della Cecoslovacchia, non consentiva molte possibilità essendo anch’essa tra i Paesi “proibiti”.
Eppure grande era la domanda, il desiderio di tante persone di visitare Mosca e Leningrado: erano in primo luogo comunisti (allora il Pci contava in Italia quasi due milioni di iscritti) animati ovviamente dall’intento di poter conoscere direttamente il Paese ed i luoghi della Rivoluzione socialista del 1917; ma molti – ricordo – erano anche i non comunisti, cattolici in special modo, spinti da comprensibile curiosità nei confronti di quel Paese, delle sue famose bellezze artistiche, delle sue strutture culturali e delle stesse sue condizioni sociali. I viaggi si contavano comunque allora a poche decine, a qualche centinaia. Vennero tempi migliori; con lo sviluppo del processo di distensione internazionale cadevano i veti e le preclusioni relativi ai visti, si avviarono i primi voli charter diretti e, più avanti, si inaugurarono le prime linee aeree da parte dell’Aeroflot e poi dell’Alitalia. Per cui quella festa del decennale non la organizzammo soltanto a Milano, dove l’Italturist era sorta, e a Roma, dove stava la direzione generale, ma direttamente a Mosca che era la meta delle attività principali dell’Italturist.
Ci recammo là con un volo promozionale gremitissimo e ci trovammo nell’hotel Russia da pochissimo tempo edificato, tra molte polemiche degli urbanisti locali perché si affacciava splendidamente sulla stessa piazza Rossa. Si tenne un ricevimento straordinario nell’elegante ristorante all’ultimo piano dell’albergo che vide la partecipazione di moltissime personalità sovietiche con a capo il ministro della Cultura signora Furtzeva, con scrittori, registi, artisti, cantanti, uomini e donne del mondo politico e culturale: un successo eccezionale. Nel frattempo l’Italturist cresceva, cresceva, cresceva: nascevano agenzie non solo a Roma e a Milano ma anche a Torino, Genova, Palermo e uffici in moltissime città; i clienti si moltiplicavano (si contavano ormai a decine e decine di migliaia); dopo qualche anno l’Italturist era divenuta per i viaggi verso l’Unione Sovietica la più importante compagnia di tutta l’Europa. Cominciarono anche ad arrivare turisti sovietici in Italia, venivano in aereo e spesso con le navi, sbarcavano a Napoli o a Genova; i turisti sovietici erano entusiasti dell’Italia, volevano in pochi giorni vedere tutto, e comunque le città che più frequentavano erano naturalmente Roma, Firenze, Venezia, e non mancavano di fare una sosta anche a Capri, dove sorgeva (e sorge) un monumento a Lenin, opera del grande scultore Manzù, in ricordo del soggiorno nell’isola (dove si recò a più riprese anche Maksim Gor’kij) del grande rivoluzionario russo. L’Italturist divenne tanto importante che quando l’allora ministro degli Esteri Amintore Fanfani si recò a Mosca per sottoscrivere un accordo bilaterale per i problemi culturali e turistici fra l’Italia e l’Urss, egli volle che partecipassi anch’io agli incontri, in quanto presidente, appunto, della più grande compagnia italiana per i rapporti turistici con quel Paese.
E al tavolo della conferenza stampa nel Palazzo del Cremlino stavamo seduti, con grande sorpresa dei giornalisti, oltre Fanfani e il ministro sovietico Gromiko, io stesso e il mio carissimo collega sovietico, presidente della società turistica di Stato, Intourist, Victor Boicenko, che era stato anche eroico combattente nella guerra antinazista, decorato di medaglia d’oro. Ovviamente il mio ruolo di presidente era facilitato nei rapporti con le autorità sovietiche dal fatto che allora io ero uno dei maggiori dirigenti del Pci, che aveva in quella fase rapporti molto stretti con il Pcus. Ma devo soggiungere che il mio lavoro fu reso efficace soprattutto dalla presenza di un valorosissimo staff di dirigenti e di organizzatori della società, primo fra tutti il direttore generale Luigi Remigio, che contribuirono a costruire un’azienda solida che poi si allargò dai viaggi aerei e ferroviari alla gestione dei servizi di pullman (creando la società Italbus) e degli alberghi (con la società Italhotel). Non occorre tacere il fatto che la proprietà dell’azienda apparteneva al Pci che volle fare dell’Italturist soprattutto una organizzazione per i viaggi e la reciproca conoscenza e amicizia tra Italia e Unione Sovietica, ed è per questo che io ne fui nominato presidente. Ma quando venne approvata la legge sul finanziamento pubblico ai partiti (1974), il Pci cedette ad altri la proprietà ed io mi dimisi da quell’incarico. Dopodiché altri se ne occuparono con alterne fortune.


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