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CHIAPAS
tratto dal n. 01 - 2000

Chiapas. In attesa di un nuovo inizio


Il messaggio di Natale dei vescovi della tormentata diocesi di San Cristóbal de las Casas. L’ultimo firmato insieme


Il messaggio di Natale dei vescovi della diocesi di San Cristóbal de las Casas


Samuel Ruiz García (a destra) e Raúl Vera López

Samuel Ruiz García (a destra) e Raúl Vera López

Il 30 dicembre la sala stampa della Santa Sede ha dato notizia della nomina di monsignor Raúl Vera López, domenicano, 55 anni, a vescovo di Saltillo. Vera López dal ’95 era coadiutore con diritto di successione del vescovo Samuel Ruiz García nella tormentata diocesi di San Cristóbal de las Casas e, secondo la prassi, avrebbe dovuto sostituirlo automaticamente una volta che il Papa avesse accettato le dimissioni di Ruiz García firmate, secondo norma canonica, al compimento dei 75 anni (3 novembre). Con il trasferimento a Saltillo, Vera López non sarà quindi il successore di Ruiz García. Il trasferimento di un vescovo coadiutore è di per sé un fatto inusuale. Forse Vera López non ha risposto alla consegna (normalizzatrice?) di chi l’aveva voluto in Chiapas. Così come inusuale è il fatto che la nomina del 30 dicembre è stata accompagnata da un comunicato della sala stampa, quasi una excusatio, in cui si cercava di spiegare che il trasferimento «è stato motivato da ragioni puramente ecclesiali» e che «la partenza di monsignor Vera López da San Cristóbal de las Casas non diminuirà certo l’impegno della Chiesa a favore della pace civile e della promozione spirituale e umana di tutte le componenti della popolazione del Chiapas». In un messaggio alla popolazione Ruiz García e Vera López hanno detto: «Accettando ossequiosamente la volontà del Santo Padre non smetteremo il nostro cammino ecclesiale, già avviato, e il nostro infaticabile lavoro fondato sulla fede, per la giustizia, il diritto e il rispetto della vita umana». I due presuli hanno poi ricordato che sulla situazione nella loro diocesi «per vari anni hanno prevalso informazioni interessate e non conformi alla verità, nonché la manipolazione di vari mezzi di comunicazione tendenti a ingenerare un clima che giustificasse posizioni contrarie alla diocesi. Questo tipo di informazioni ha trovato i canali per arrivare anche a diverse istanze della Santa Sede».
La notizia del nuovo incarico a Vera López è passata praticamente inosservata dai mass media. Ne hanno parlato quotidiani minori come il manifesto e Liberazione e il giornale della Cei, Avvenire (che l’ha trattata con un breve trafiletto nelle pagine di politica estera e non in quelle delle notizie ecclesiali).
Il 3 gennaio 2000 Vera López è stato ricevuto in udienza dal Papa in Vaticano. Poco prima aveva rilasciato una intervista pubblicata da Famiglia Cristiana (16 gennaio) in cui ha detto di lasciare in Chiapas «una Chiesa perseguitata: quaranta templi chiusi, una decina di preti espulsi, parecchi catechisti e religiosi sotto ordine di cattura».
Di seguito pubblichiamo integralmente il messaggio di Natale che i vescovi Ruiz García e Vera López hanno mandato ai propri fedeli e agli amici nel mondo. L’ultimo firmato insieme. Nel messaggio, tra l’altro, si ricorda la strage di Acteal dove, il 22 dicembre del ’97, vennero uccisi 45 indios riuniti in preghiera (cfr. 30Giorni, gennaio ’98).


Buon Natale
«Alzati, rivestiti di luce, Gerusalemme, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni, ma su di te risplende il Signore, la Sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce. Farò sì che ti governi la pace e che la giustizia sia tua sovrana.
Non si sentirà più parlare di prepotenza nel tuo paese, di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini» (Isaia 60, 1-3. 17b-18).

Cari fratelli e sorelle,
è strano che dei vescovi che stanno vivendo in mezzo a una guerra mettano all’inizio del loro saluto di Natale questo testo del profeta Isaia, dato che in Chiapas la gente vive in mezzo a una gran quantità di militari armati fino ai denti, che pattugliano e minacciano costantemente le comunità, o soffrono le conseguenze dell’attività di gruppi paramilitari che li saccheggiano e assassinano.
In mezzo a tutto ciò, che sono le “tenebre”, di cui parla il profeta, noi siamo testimoni della luce che continua a brillare fra di noi per mezzo di una moltitudine di ministri indigeni e meticci che, rischiando la vita, proseguono la predicazione del Vangelo in mezzo a una aperta persecuzione contro l’azione pastorale della Chiesa e continuano a riunire la gente delle comunità per pregare, per meditare la parola di Dio e per prepararli a ricevere i sacramenti.
Da parte loro, i diaconi permanenti indigeni rendono possibile il fatto che i fratelli e le sorelle che vivono nelle comunità più remote possano ricevere il battesimo dei propri figli e figlie nelle proprie comunità, e possano anche celebrare lì il sacramento del matrimonio. Grazie a questi diaconi e ai ministri dell’Eucarestia, le comunità possono nutrirsi frequentemente del pane eucaristico.
Acteal, dicembre 1997. Il luogo della strage

Acteal, dicembre 1997. Il luogo della strage

Inoltre, nella promozione umana, la parola di Dio illumina e dà abbondanti frutti tra i poveri, perché ha ispirato alle comunità il modo di organizzarsi per risolvere insieme i loro problemi e per sfruttare in maniera solidale le poche risorse che hanno. Hanno sviluppato processi di cooperativismo in campi molto diversi: la coltivazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, la produzione e commercializzazione dei loro alimenti ed il trasporto in proprio dei prodotti, oltre al miglioramento della loro salute attraverso il recupero delle loro medicine naturali, che ancora conservano per lunga tradizione.
Vediamo come una luce la crescente forza con cui, dalle loro radici culturali, sta consolidandosi la loro identità e, allo stesso tempo, essi vanno rivivendo i loro costumi arricchiti e riorientati da una rilettura cristiana.
Inoltre vediamo come fra di noi «risplende il Signore e si manifesta la Sua gloria» venendo a sapere che i nostri fratelli massacrati ad Acteal sono morti pregando per i loro persecutori e perdonandoli. Ad Acteal constatiamo che i sopravvissuti al massacro, invece di abbattersi e di nutrire desideri di vendetta, hanno accettato la morte dei loro cari come una oblazione gradita agli occhi di Dio in favore della pace e considerano la loro morte non come una scomparsa da questa terra, bensì come una trasformazione della loro vita che ora, a partire dalla morte misteriosa e dalla resurrezione di Cristo, spinge il cammino del Chiapas verso la riconciliazione e la pace.
Per di più gli abitanti di Acteal hanno ricevuto recentemente, con un abbraccio di pace, varie persone che hanno partecipato al massacro o che hanno relazione con esse. Acteal stessa è diventata una grande luce che essi offrono, con la loro coscienza missionaria e la testimonianza della loro fede e speranza, a numerosi visitatori che da tutte le parti del mondo lì si danno appuntamento.
Ci rendiamo conto che il Signore splende su di noi con la Sua luce quando i nostri fratelli incarcerati per annunciare e vivere il Vangelo si organizzano dentro le carceri per pregare insieme e per risolvere insieme i loro problemi, così come per produrre con le loro mani oggetti di artigianato ed altre cose da vendere e poter così mandare ai familiari qualche aiuto economico.
Tutto ciò, insieme al lavoro instancabile a favore della riconciliazione da parte dei sacerdoti, delle religiose, dei religiosi e dei laici, uomini e donne, che collaborano con noi a tempo pieno nel lavoro pastorale, così come tante persone di buona volontà, che a partire da una dimensione ecclesiale, ecumenica e solidale, contribuiscono alla riconciliazione e alla giustizia fra noi; tutto ciò ci fa vedere che un giorno il Signore farà sì che «governi la pace» e che «la giustizia sia nostra sovrana».
Abbiamo perciò molte ragioni per credere che la nascita di Dio nella nostra natura umana, dal seno della santissima Vergine Maria, ha un senso per la nostra storia, che Lui è venuto a trasformare da ingiusta e peccatrice, in una storia che si incammina verso la salvezza piena di tutto il genere umano.
Vogliamo essere, con la nostra adesione ferma al Vangelo che iniziò ad annunciare Gesù Bambino dal presepe di Betlemme, nascendo povero tra i poveri, costruttori di questa storia secondo il piano di Dio, perché i ciechi vedano, gli zoppi camminino, i morti risuscitino ed ai poveri si continui ad annunciare la Buona Novella, e beati coloro che per questa ragione non si scandalizzano di noi.
Con un abbraccio affettuoso ed il nostro profondo ringraziamento, auguriamo a voi ed a tutti i vostri cari un buon Natale ed un felice anno nuovo, che è anche l’anno del Grande Giubileo.
Dicembre 1999

Samuel Ruiz García vescovo di San Cristóbal de las Casas
Raúl Vera López vescovo coadiutore di San Cristóbal de las Casas


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