Home > Archivio > 01 - 2000 > Pio XI, il papa del disgelo
CARDINALI ANZIANI E GIUBILEI
tratto dal n. 01 - 2000

Pio XI, il papa del disgelo


Gli anni santi del passato attraverso i ricordi vivaci di Corrado Bafile, uno dei cardinali più anziani del Sacro Collegio. Cominciando da quello del 1925: le quotidiane udienze ai pellegrini di Pio XI, «con il quale ognuno, se voleva, poteva scambiare qualche parola». E la beatificazione di Teresa di Lisieux «della quale credo di aver sperimentato le grazie». Intervista


Intervista con il cardinale Corrado Bafile di Lorenzo Cappelletti


Pio XI apre la Porta Santa a San Pietro il 24 dicembre del 1924

Pio XI apre la Porta Santa a San Pietro il 24 dicembre del 1924

È una mattina fredda e radiosa, l’antivigilia della fine d’anno, di secolo, di millennio, ma la conversazione fila via leggera come un sorriso, come la vita di questo cardinale di lunga vita a cui sembra che tutto sia piovuto dal cielo, a cominciare da quel suo numero ordinale, dodicesimo e ultimo dei figli del dottor Bafile: Corrado. Il più piccolo, come Giuseppe, come Davide, come Giovanni, come Teresina. Come quella volta che doveva essere l’ultima ruota del carro su in cima al Velino e si trovò, con l’aiuto di quella Teresina appena fatta santa, a capeggiare felicemente la discesa. Come quando gli toccò quella borsa di studio che gli permise di stare a Roma proprio nel ’25, l’anno del Giubileo…
CORRADO BAFILE: Ricordo abbastanza bene il Giubileo del ’25. Pio XI teneva udienza tutti i giorni. I pellegrini si schieravano uno accanto all’altro. Quando arrivava, il Papa dava da baciare la mano, e se qualcuno voleva scambiare qualche parola ne aveva occasione: era piuttosto familiare il tutto. Io ebbi modo di esprimere al Papa le mie intenzioni ancora laicali e lui disse: “Benedico tutti”.

Dunque ha vissuto da laico il Giubileo del ’25?
BAFILE: Ero studente universitario. Quando ebbi preso la licenza liceale decisi, in famiglia si decise, che avrei studiato chimica e da informazioni assunte dai miei fratelli più grandi risultò che per studiare bene chimica si doveva andare in Germania. Io fui felicissimo di andare all’estero. Avevo un fratello avvocato e professore di tedesco molto bravo che fu felice di insegnarmi il tedesco rapidamente. Per quattro mesi d’inverno studiai dalla mattina alla sera, poi in primavera questo fratello mi chiamò in Germania e mi installò a Monaco di Baviera presso una anziana signora, sorella di un altro signore da cui mio fratello quando era giovane era stato a pensione. Nei primi mesi non capivo niente; riuscivo a fatica ad esprimermi, ma capire era un’impresa perché col tedesco – non so se lo conosce – finché non si arriva all’ultima parola non si sa se uno è salito o è sceso, se è partito o se è arrivato. Al principio del secondo semestre ho detto: «Adesso voglio stare attento fin dal principio e cercare di capire». In effetti, dopo il riposo dell’estate cominciai a capire abbastanza bene. Ho fatto tre semestri universitari. Poi è morto mio padre, nell’ottobre del 1923, e sono dovuto venire a più miti consigli. A casa mi fecero riflettere che non era più praticabile la via della chimica. Finché c’era papà medico poteva provvedere alle spese, ma morto papà diventava troppo aleatoria e mi conveniva passare a giurisprudenza a Roma, perché con tre anni forse ce l’avrei fatta e avrei trovato lavoro immediatamente presso un fratello avvocato che era ben avviato. Così feci.
Cosa la colpì della figura di Pio XI?
BAFILE: Pio XI da cardinale arcivescovo di Milano, nel discorso della presa di possesso, auspicò che finisse il contrasto fra Stato e Chiesa; ormai si poteva fare pace. Mi fece enormemente piacere leggere questo sul giornale e determinò in me, semplice fedele, grandissima simpatia verso questo arcivescovo che non avevo mai visto e che dopo quattro mesi diventò papa e non smentì queste dichiarazioni preventive, cominciando coll’affacciarsi in piazza San Pietro appena eletto. Era uso antico che il papa dopo l’elezione si affacciasse. Anche dopo il 20 settembre 1870 il papa continuò ad affacciarsi, ma all’interno della Basilica. Credo che l’abbia dichiarato prima dell’elezione: «Guardate che se eleggete me io mi affaccio in piazza San Pietro»: la maggioranza dei cardinali non italiani pare che di questo non fosse scontenta. Fu una gioia immensa questa del Papa che si affaccia dal balcone della Basilica sulla piazza. Fu un avvenimento. La ricordo bene questa gioia profondissima che ebbi io ed ebbe tanta gente come me.
Era a Roma?
BAFILE: No, ero all’Aquila. In seguito, ero ormai studente universitario e mi trovavo a Roma per gli esami di luglio, ci fu un congresso nazionale degli alpini. Roma fu invasa da gente di montagna, generalmente del nord più qualche abruzzese, con abito civile e cappello da alpino. Asciugarono tutte le cantine: la sera si trovavano seduti su qualche gradino che stava lì a disposizione e cantavano… La mattina appresso ci fu una messa per questi alpini che riempirono San Pietro e, non ricordo se venuto apposta per vedere – perché non abitavo vicino San Pietro, come ora – o trovandomi a passare di là, mi capitò di vedere il Papa che si affacciava dalla finestra dell’appartamento. Era la prima volta e fu una vera esultanza anche da parte mia.
Pio XI impartisce la benedizione dalla loggia di San Pietro, la domenica di Pasqua del 1933

Pio XI impartisce la benedizione dalla loggia di San Pietro, la domenica di Pasqua del 1933

È simpatico che sia stato in una occasione del genere che per la prima volta il Papa si sia affacciato alla finestra dell’appartamento. Di che anno pensa si trattasse?
BAFILE: Sarà stato in quell’anno 1925 o l’anno successivo. Rimase però un po’ deluso, poi, chi si aspettava che lo facesse ogni momento.
Ha avuto altre occasioni di incontrare Pio XI?
BAFILE: No, non ho avuto altri incontri perché stavo all’Aquila, venivo a Roma per gli esami. Solo nel 1925 vinsi una specie di borsa di studio e questo mi permise di rimanere a Roma. L’associazione degli abruzzesi a Roma mise a disposizione una bella somma per quattro premi da dare a studenti che si distinguevano. Qualcuno mi persuase a fare domanda. Io ero un po’ contrario perché i miei genitori, non so se papà o mamma, avevano messo nel testamento che si vendesse pure qualcosa se era necessario perché gli ultimi due figli terminassero gli studi universitari (io ero l’ultimo di dodici nati). E quindi pensavo di avere i mezzi assicurati. Mio fratello avvocato, parecchio più grande di me, mi disse che non conveniva mangiarsi il patrimonio per fare l’università. Quindi feci questa domanda e con mia sorpresa mi vidi assegnate cinquecento lire al mese, una somma notevolissima per l’epoca.
Dal punto di vista dell’affluenza dei pellegrini ricorda se nel 1925 ci sia stata grande folla?
BAFILE: Beh, ne vennero tanti, ma non è che tenevano scritto in fronte che fossero pellegrini, si riconoscevano quando in gruppo visitavano le Basiliche. Ma non ricordo cose speciali. Le visite giubilari più o meno si svolgevano come oggi. Ah, ecco: ci furono le canonizzazioni. Io andavo sul tardi, mi facevo dare il biglietto quando la gente usciva, e così entravo. Mi ero scaltrito e a volte trovavo anche posti ottimi. La prima cui ho assistito fu quella di santa Teresa di Gesù Bambino.
Già conosceva santa Teresina?
BAFILE: No, la conobbi in quell’occasione. Mi fu detto che veniva canonizzata questa suorina che faceva tante grazie. In quell’anno 1925 i miei fratelli avevano preso un appartamento e così avevamo un pied-à-terre. Passammo alcuni mesi a Roma. C’era a Roma anche mia madre. Mi procurai i biglietti per andare alla canonizzazione e con mia madre anziana, alle quattro o alle cinque del mattino, già stavamo a far coda a San Pietro, perché ci avevano detto che bisognava andare prestissimo per prendere un posto. Che esagerazione! “Prestissimo” poteva voler dire le otto e mezza, bastava una mezz’ora prima, insomma. Povera mamma! Riuscii a procurarmi una seggiolina per lei da un sanpietrino, per dieci lire, e assistetti in un reparto di terzo o quarto ordine.
Ha avuto modo di sperimentare le grazie di santa Teresina?
BAFILE: Credo di sì. Qualche tempo dopo, presi parte a una gita invernale al monte Velino. Fu un’impresa non tanto semplice. Io dovevo essere l’ultima ruota del carro in questa gita, ma il presidente del Club alpino, che era uno corpulento, quando cominciò la parte difficile si fermò. Gli lasciai la rivoltella carica che mi aveva dato un fratello, visto che rimaneva solo, se avesse incontrato qualche lupo. L’ultima parte era molto ripida, dovemmo scalare facendo buche sulla neve gelata, ma insomma arrivammo in cima: sulla neve gelata con la piccozza mi sentivo tranquillo, non mi sentivo tranquillo sulla roccia. Arrivati in cima c’è una schiena molto ampia e uno scivolò: per fortuna riuscì a piantare la piccozza e si fermò. Mi resi conto comunque con quale leggerezza, questo che era scivolato, era venuto su: aveva tolto i chiodi dagli scarponi per adattarli agli sci; insomma era venuto a una gita d’inverno, col ghiaccio, con gli scarponi senza chiodi. Ce ne rendemmo conto per quella scivolata lassù in cima. Dovendolo riportare giù mi raccomandai al cielo e a santa Teresina. Scendendo giù, passo per passo infilavo gli scarponi nel ghiaccio per quello senza chiodi e così, con l’aiuto di Dio e di santa Teresina, riuscimmo a ridiscendere. Ritrovammo il nostro presidente e non ci furono altre emozioni se non, a un certo punto, il suo sprofondamento nella neve: era piuttosto corpulento!
Teresa di Lisieux

Teresa di Lisieux

Ci fu differenza fra la celebrazione del 1925 e quella del 1933? Voglio dire: ci furono facilitazioni dopo il Concordato del 1929?
BAFILE: Se ci sono state non sono state cose vistose. Ricordo che già nel 1925 ci fu una grande processione che partì dal Gesù o da Santa Maria in Campitelli e portava la Madonna a piazza San Pietro e poi nella Basilica dove rimase vari giorni e poi, mi pare privatamente, fu riportata. Fu un avvenimento. Nel ’33 ero in seminario e quindi è abbastanza logico che non ricordi un granché. Ricordo comunque che partivamo dal Laterano per San Pietro per le canonizzazioni con sottana e soprana indosso anche d’estate.

All’improvviso le note poderosamente amplificate di Knockin’ on heaven’s doors battono alla porta finestra dello studio del cardinale che si affaccia su piazza San Pietro. Sono le avvisaglie del grande concerto della sera dell’ultimo dell’anno. Chiedo il suo consenso intorno alla novità inusitata e anche un po’ fastidiosa dell’evento. Il cardinale, al quale avevo detto dei miei interessi storici, se la cava con un sorriso:
BAFILE: «Troppo attuale per lei che si interessa solo della storia!».
Parata e risposta con venatura autoironica. Ripete poi di non aver avuto altri incontri significativi con Pio XI e di aver invece conosciuto personalmente Pio XII.

In quale occasione conobbe il futuro Pio XII?
BAFILE: Quando era nunzio apostolico a Monaco. Per essere iscritto all’università di Monaco ebbi bisogno di una raccomandazione perché era cominciata la crisi economica, con la svalutazione monetaria. Erano tempi difficili per la Germania, e tendevano a non ammettere stranieri. Pregammo perciò il nunzio apostolico Eugenio Pacelli di dire una buona parola. Mio fratello avvocato era in relazioni professionali con il fratello del nunzio. Così mio fratello e io andammo a far visita al nunzio a Monaco. Ci accolse cordialmente. Questa è l’origine della conoscenza. Non ho perseverato nella chimica, come ho già detto. Sono passato a giurisprudenza per la situazione precaria che si era creata a casa per la morte di mio padre. Dopo tre anni mi sono laureato e avevo cominciato a lavorare nello studio di mio fratello avvocato, quando improvvisamente si ammalò un altro fratello. E a casa mi chiesero di andare a Roma a attendere agli affari dello studio di quest’altro fratello notaio. Questo fratello morì nel marzo ’29 e io rimasi impigliato nella complessa azienda notarile e nella riscossione dei crediti professionali lasciati da mio fratello (moltissimi onorari non erano stati pagati), per cui stetti a Roma tutto il resto di quell’anno e poi fino alla fine del ’32, quando sono entrato in seminario. Qualcuno dei fratelli era contrarissimo a che entrassi in seminario perché diceva che non potevo lasciare la famiglia nelle condizioni delicate in cui stava. Per cui aspettai appunto alcuni anni. Entrato in seminario ho fatto studi normali di teologia al Seminario romano. E alla fine di questi mi sono trovato iscritto d’ufficio all’Accademia ecclesiastica. Non so chi mi propose, tanto che scrissi all’arcivescovo dell’Aquila che ero stato iscritto all’Accademia.
Chi era il presidente dell’Accademia all’epoca?
BAFILE: Era monsignor Paolo Savino, o meglio era propresidente, presidente era il vecchissimo arcivescovo Giovanni Zonghi, che aveva preso parte in qualità di interprete al Concilio Vaticano I. Aveva il titolo di presidente, abitava lì all’Accademia, in un appartamento vicino al salone, e aveva un cameriere addetto alla sua persona, ma l’Accademia era governata di fatto da Savino. Monsignor Zonghi veniva sempre in cappella, per il rosario, per le celebrazioni comuni, ma non avevamo rapporto con lui. D’altronde era una persona molto discreta, ho l’impressione che parlasse poco con tutti.
Quanto è rimasto all’Accademia?
BAFILE: Dopo essere stato ordinato prete nella Pasqua del 1936 sono rimasto all’Accademia ecclesiastica: per un paio d’anni ho continuato a studiare, laureandomi in Diritto canonico al Laterano. Poi sono entrato in Segreteria di Stato dove sono restato per una decina di anni, sempre abitando presso l’Accademia, finché non sono stato nominato nunzio in Germania nel 1960. Fui nominato inaspettatamente. La nunziatura di Germania è considerata il culmine di una carriera in diplomazia e io ero un homo novus. Dissi al sostituto Tardini che non avevo esperienza, ma mi fece capire che aveva fiducia in me.

Pio XII proclama il dogma di Maria Santissima Assunta in cielo. È il 1° novembre 1950

Pio XII proclama il dogma di Maria Santissima Assunta in cielo. È il 1° novembre 1950

Sorride compiaciuto, ricordando che qualcuno cui questa nomina sarebbe dispiaciuta rimase di sasso sentendo che proprio quel Bafile della Segreteria di Stato era stato fatto nunzio a Bonn.

Dunque nel 1950 era a Roma?
BAFILE: Sì, fui anche presente alla proclamazione del dogma dell’Assunta. Non solo, ero proprio accanto al Papa. Ero stato infatti nominato cameriere segreto soprannumerario. Intendiamoci, eravamo centinaia, forse migliaia, e se si presentava qualcuno di questi, chiedendo di partecipare a un pontificale, gli veniva risposto che eravamo troppi. Monsignor Confalonieri, però, prima di essere mio arcivescovo all’Aquila, era stato cameriere segreto di Pio XI e mi aveva dato tutto un corredo di abiti. Ora, i camerieri erano migliaia, ma gli abiti ce li avevano cinque o sei e dunque... Così partecipai vicino al Papa, davanti al cancello centrale di San Pietro.

Le prove dell’impianto di amplificazione della festa dell’ultimo giorno del secolo proseguono senza sosta e disturbano la registrazione della voce flebile del cardinale, ma non disturbano lui che può giovarsi di un udito altrettanto flebile, anzi ne sollecitano un ulteriore ricordo...

BAFILE: Era prevista la trasmissione della solenne proclamazione, ma l’impianto, nonostante fosse stato tutto preparato accuratamente, all’ultimo momento non funzionò. A Santa Marta c’era un carrozzone con una emittente radio e con quello rimediarono e riuscirono a far sentire in tutta la piazza e anche fuori. Pochi, credo, sono a conoscenza di questo episodio.
Lei ha conosciuto Pio XII, è stato in Germania tanto tempo come nunzio. Cosa ne pensa della polemica che si continua a fare sul mancato intervento di Pio XII durante il secondo conflitto mondiale?
BAFILE: È un’esplosione di anticlericalismo. Pio XII è una vittima. Assolutamente è falso voler dare le colpe a Pio XII, per quel che io possa giudicare. Non ho particolari elementi, altro che quello di stare qui, di essere vissuto nell’ambiente ecclesiastico.

Il cardinale si alza e per muoversi si serve di un girello in alluminio, molto più modesto ma analogo a quello recentemente inaugurato in Basilica per gli spostamenti del vecchio Papa. Noi che, con la cortesia che si usa in questi casi, non avevamo lesinato complimenti per come il cardinale porta i suoi anni, veniamo amabilmente smentiti.

BAFILE: Ora si vede che ho quasi cent’anni. Veramente sono diversi anni che dico che ho quasi cento anni, ma ormai è vero.
In effetti, per anzianità è secondo solo al cardinale cinese Gong Pin-mei, che è del 1901.
BAFILE:Prima c’era anche Dezza.
Cosa ricorda del cardinale Dezza?
BAFILE: Ho frequentato un anno la Gregoriana prima di entrare in seminario nel novembre ’32. Appena entrato alla Gregoriana a filosofia, sentii dire: «Che peccato! Padre Dezza, il miglior professore della Gregoriana, perlomeno nella facoltà filosofica, si è ammalato, non insegna». Una volta entrato in seminario, andammo a passare le vacanze in Alto Adige e fu una gioia immensa sentire che padre Dezza sarebbe venuto a passare una settimana con noi.
Ha avuto contatti con lui in questi ultimi anni?
BAFILE: Sì. Sono stato suo penitente per tanto tempo. Quando sono venuto qui in Vaticano andavo a confessarmi da lui che stava qui vicino, presso la curia della Compagnia di Gesù. Poi è diventato praticamente superiore generale della Compagnia, incaricato di questo ufficio dalla Santa Sede, e aveva tanti problemi. Non vi andai più.

La lunga conversazione termina con una inaspettata notazione del cardinale sulla mirabile postura eretta dell’uomo, che è un prodigio della natura. Del dono dello stare in piedi si è accorto da quando può muoversi solo col girello. In spe erecti.


Español English Français Deutsch Português