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GIUSSANI
tratto dal n. 06 - 1998

«Solo lo stupore conosce»


Un brano da Il miracolo del cambiamento. Appunti dalle meditazioni di Luigi Giussani per gli Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione (Rimini 1998), supplemento a Litterae Communionis – Tracce, n. 7, 1998


Appunti da una meditazione di monsignor Luigi Giussani


Volevo dire che di una sola cosa avrei voluto parlare a voi stamattina, di una frase che ho letto due o tre giorni fa, di san Gregorio di Nissa (una grande figura dei primi secoli cristiani): «I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce». A me ha fatto colpo, perché è uguale al nostro concetto di conoscere Cristo, riconoscere Cristo, che si trova nei nostri testi, nel nostro linguaggio. Come possiamo definire il motivo per cui si dice «sì» a Cristo? Il motivo per dire «sì» a una cosa che si introduce nella nostra vita vincendo tutti i preconcetti è una bellezza: deve implicare una bellezza e una bontà che possiamo benissimo non riuscire a definire, ma che possiamo sentire come contenuto della nostra ragione per la decisione più grave che la nostra ragione ha: la fede. Perché la fede nasce come riconoscimento della ragione.
«I concetti creano gli idoli». La semplicità dei bambini è la verità del nostro aderire alla fede, dell’aderire della nostra fede a ciò che la Chiesa dice, a ciò che la Tradizione cristiana porta a noi, a ciò che la Chiesa, nel movimento, ci dice: l’atteggiamento del bambino, che va davanti alle cose senza «ma», «se» e «però», va davanti alle cose, le tocca o le tratta, con immediatezza. Per questo Gesù dice: «Se non sarete così da grandi, non entrerete mai, non capirete mai, non sentirete mai». Per questo anche noi diciamo che «i concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce».
Come si fa a riconoscere – diciamo nei nostri testi – che siamo sollecitati ad aderire a Cristo dal movimento e dalla Chiesa di Dio, dalla Chiesa cattolica invece che da altre versioni? «Solo lo stupore»: è lo stupore, come per Giovanni e Andrea. Questa è la parola che spiega tutto quello che noi diciamo dell’inizio della fede. Il gesto della fede si è enucleato, è sorto ed è stato «gestito» in Giovanni e Andrea (quale importanza ha per noi questa pagina prima del Vangelo di Giovanni!) per una Presenza: ma era una Presenza suggestiva, una Presenza che colpiva, una Presenza che stupiva: «Ma come fa ad essere così?». È tale e quale quello che viene detto in tutte le frasi che la gente con cui viviamo può dire, può essere «costretta» a dire dall’esempio di ognuno, dalla nostra testimonianza: «Come fanno a essere così lieti?», «Ma tu come fai a essere così sereno?».
Per questo diciamo, ormai spesso, che dalla fede – che è affermazione di un fatto, dell’oggettività di un fatto, Cristo – si sviluppa una esteticità, cioè una suggestività, che rivela una ragione adeguata realmente in atto: è una ragione adeguata che fa nascere l’estetica in un rapporto. Perché la bontà, cioè l’etica, deriva dall’estetica, noi diciamo. È nella misura in cui la suggestività della figura di Cristo mi ha colpito da ragazzo, quando sono entrato in seminario, e si è moltiplicata dopo, è diventata più seria dopo, è da questo che la mia testa dura o la mia neghittosità è stata costretta a guardare sempre il bene, fino ad aver coscienza davanti a Dio che lo faccio, o tento di farlo.
Se non si tiene questa regola, se non si cerca di seguire questa regola, la bontà, l’adesione alla morale, a quel che dice la Chiesa come morale, non è persuasiva, perché non è valida proposizione alla natura dell’uomo. E questo è un ulteriore commento alla domanda sul sacrificio che avete fatto prima.
Speriamo che lo Spirito ci faccia sempre più capire questa frase di san Gregorio di Nissa: «I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce», conosce e quindi concepisce.
Ricordiamoci del preconcetto: non c’è giustizia nel nostro modo di ragionare, se esso non prende coscienza del preconcetto da cui parte. Perché da grandi – da grandi e anche da piccoli –, cioè se non si è bambini, come dice il Vangelo, si parte da un preconcetto. Perciò, non si può aderire a una cosa che ci chiede sacrificio in forza di un preconcetto: si deve aderire per la forza di attrattiva che ha. Come Giovanni e Andrea: «Che attrattiva che ha quell’Uomo lì!». Così nasceva in loro anche la domanda: «Cosa vuol dire quello che Lui dice di sé? Cosa dice di Dio?».
Bisogna scoprire, perciò, nella nostra educazione, il modo di percepire, far venire a galla e affermare la suggestività: in questo senso, la suggestività di una proposta. Solo se la proposta è suggestiva, noi prendiamo sul serio la proposta. Altrimenti, della proposta prendiamo sul serio quello che decidiamo noi, cioè aboliamo la proposta. La riduzione della fede a senso religioso avviene così.
Speriamo che il Signore ci dia altre occasioni di parlare di queste cose.


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