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ITALIA
tratto dal n. 04 - 1998

PROSTITUZIONE. In Parlamento un disegno di legge per reprimere lo sfruttamento

Il fenomeno e le regole


Cessata la polemica sulla riapertura delle case chiuse, approda in Parlamento un nuovo progetto per affrontare il problema. Lo illustra in questo articolo la senatrice di Rinnovamento italiano che lo ha presentato


di Bianca Maria Fiorillo


Né cortigiane né etere, e nemmeno donne o uomini, ma semplicemente prostitute, al maschile e al femminile. L’attualità svuota di ogni identità sociale o culturale la prostituzione e in questa assenza di ogni forma di “riconoscimento” anche le leggi falliscono il principale obiettivo di combattere la prostituzione intesa come abiezione del corpo e della persona. Perché, al contrario, la prostituzione possiede un’identità, una precisa concretezza che si traduce in un vortice miliardario che affonda le radici nella malavita, in un “mercato” dall’altissima domanda in cui l’assoggettamento dell’umano, e nello specifico delle donne, è pratica quotidiana. La degenerazione storica di questa “identità” della prostituzione ha trovato solo risposte meramente teoriche. Così per la “legge Merlin”, che abolendo la prostituzione di Stato si ispirò ai giusti e doverosi principi di intolleranza nei confronti dello sfruttamento, rivendicando il diritto della persona per chi faceva mercede del proprio corpo. Se, fuori dalla “casa chiusa” nulla è mutato, anzi si è aggravato con l’allarmistica evidenza che oggi tutti constatiamo nelle nostre strade, dentro mille anonime case l’identità della prostituzione si ripropone irrisolta, sfuggendo ad ogni controllo. Vanamente rincorsa dalle forze dell’ordine, il più delle volte impotenti nel colpire gli sfruttatori e necessariamente inerti nei confronti dei “clienti”. Prostitute infine non tutelate da nessun punto di vista, compreso quello sanitario, che difficilmente potrebbero trovare una via d’uscita e redimere la propria scelta di vita. Il risultato è quello più ovvio: strade ridotte a postriboli, allarme sanitario, cittadini disturbati nelle loro attività quotidiane, appartamenti dove, di fatto, le case chiuse sono già riaperte.
Se i valori ispiratori della legge Merlin doverosamente non perdono di validità, la sconfitta si riscontra invece nel fallimento di quegli strumenti culturali che avrebbero dovuto combattere lo sfruttamento e consentire una reale possibilità di risalita sociale di chi, per scelta o per costrizione, si prostituisce. Ritorna allora il concetto di identità, perché solo nel pieno riconoscimento di un fenomeno sociale, per quanto degradato possa essere ritenuto, risiede il principio del diritto e del dovere, in poche parole della regola. Se sono norme e regole a fondare la convivenza sociale, nell’assenza del principio normativo risiede la confusa anarchia che si allontana dalla libertà e dalla civiltà proprio in quanto non è in grado di stabilire quale sia il limite tra ciò che è concesso e ciò che diventa reato. Questo è quanto accaduto nei quarant’anni trascorsi dalla legge Merlin. Su mia iniziativa, dopo oltre un anno di analisi e confronti, è stato depositato un disegno di legge che ha come scopo principale la regolamentazione della prostituzione e la repressione dello sfruttamento. Nel caso specifico, la norma non deve allora essere intesa come approdo finale e soluzione del problema, ma come origine e inizio. Il testo di legge mira a promuovere tutte le iniziative, di ordine sociale, economico, culturale e psicologico, dirette a rimuovere le cause che favoriscono la pratica della prostituzione. Principio quindi essenziale, ma oltre la fiduciosa illusione che la prostituzione possa realmente scomparire e al di là dell’inessenziale cecità che ci ha accompagnato per troppi anni. Quel non voler vedere che ha trovato fine solo nel momento in cui vie e piazze d’Italia si sono nuovamente riempite della prostituzione d’immigrazione. L’idea, il principio, devono insomma sostanziarsi nell’azione e nel progetto. Concretizzarsi, perché il principio è tale solo se lo si sostanzia. Le nuove norme proposte, a proposito della prostituzione, sono allora regole. Stabiliscono che i soggetti maggiorenni possano svolgere tale attività, se lo decidono in piena libertà e autonomia, previa comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza. La norma decide inoltre che l’associazione per l’esercizio della prostituzione è limitata a tre persone e che è pesantemente punibile chiunque organizzi o diriga la prostituzione altrui per trarne profitto. Non punisce invece chi affitti locali pubblici o privati in cui si esercita la prostituzione, purché l’unico profitto che ne tragga sia quello derivante dalla normale locazione. Vieta invece la prostituzione non controllata, sulle strade e in altri luoghi, e punisce chi la eserciti illegalmente e chi vi si rechi per consumarla. Fuori dalle regole. Questo il fulcro: principi e regole. Partendo dall’assunto secondo cui non ci sia civiltà senza questi concetti. Non accettando la prostituzione come male inevitabile, ma meditando sulla sua costante presenza storica che, se non regolamentata, sfocia in un terreno selvaggio in cui prosperano malavita, malcontento, malattie, schiavitù. La norma quindi non propone passi indietro, non dice di riaprire le case chiuse, ma pone le prime fondamenta di un’etica. Pensiero che se vuole tutelare la libertà, compresa quella di chi, liberamente, decida di prostituirsi, deve a maggior ragione tutelare quella di tutti, nonché la sanità pubblica. Con il controllo medico, che non ha niente a che fare con le schedature, ma guarda, con il dovuto coraggio e la necessaria tutela della privatezza, in faccia alla realtà e stabilisce che le persone colpite da malattie sessualmente trasmissibili, non possano, se non guarite, esercitare la prostituzione. Prevedendo inoltre che i proventi delle attività di prostituzione siano soggetti a imposte fiscali. E indirizzando, attraverso opportuna legislazione, l’uso di quei proventi fiscali alla realizzazione di forme di assistenza per le persone che intendono cessare l’esercizio della prostituzione. Nonché all’istituzione di centri di accoglienza, di iniziative di studio, campagne di sensibilizzazione e altro ancora, finalizzati allo scopo di cui si diceva all’inizio: sottrarre a una vita incivile chi, per necessità o costrizione, si prostituisce. Ponendo infine precisi limiti diretti in particolare all’immigrazione clandestina, comprese le revoche dei permessi di soggiorno e l’espulsione dal territorio dello Stato. Il disegno di legge insiste anche sul decentramento dei controlli, affidando alle regioni compiti di organizzazione e verifica. Oltre l’allarme quotidiano, e nella piena coscienza che l’intervento sia necessario perché diventi concreto ed efficace. Operando fattivamente affinché i lodevoli principi trovino un valido ed effettivo fondamento e le corrette teorie incontrino una piena applicazione pratica. Oltre quelle barriere che non si rivelano ideali ma banalmente ideologiche. Scogli che, per altro, chi si prostituisce o frequenta la prostituzione in realtà ampiamente trascura e salta, indifferente, a piè pari. Consapevoli infine che la questione della prostituzione investe oggi i più disparati ambiti sociali e deve essere affrontata nella sua globalità, culturale e quotidiana.


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