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ANNA MARIA ORTESE
tratto dal n. 04 - 1998

«Dove nessuno mente dove nessuno trema»


Un ricordo di Anna Maria Ortese, la scrittrice scomparsa nel marzo 1998


di Liliana Piccinini


«Sono molto felice di trovarmi anch’io, stasera, presente in qualche modo alla bellissima festa del Campiello. Felice e riconoscente a chi ha voluto segnalare il mio nome per un riconoscimento che non sono molto convinta di meritare o non in questa misura. Debbo fare una confessione. Quando la scrittura e la ricerca di qualche verità appassionante ci prendono in modo tanto esclusivo, molti doveri umani vengono trascurati, e uno scrittore – se vogliamo usare questo termine un po’ severo – diviene molto avaro del suo tempo... Non gli restano energie per gli altri rapporti col mondo sociale».
Appena sei mesi fa questa lettera perveniva a Venezia da Anna Maria Ortese cui era stato attribuito il premio Campiello non per un determinato libro ma per la sua intera opera. Una specie di Oscar alla carriera. Lei non aveva potuto recarsi di persona a ritirarlo, e per giustificare la sua assenza aveva inviato questa lettera che conferma le sue caratteristiche di grande riservatezza.
Per avere un’idea del personaggio, può essere utile qualche altra riga dei suoi ultimi giorni. Il 20 febbraio scriveva all’amico pittore Gaetano Di Matteo: «...e rimorso, tanto, mio rimorso per non aver dato tutto, quando era possibile. Convivere, dunque, anche col rimorso. Ma non si può dimenticare, caro Gaetano, la “speranza” che un giorno si sveglieranno – se già non lo sono – e ci riconosceranno».
Qualche giorno dopo, ha consegnato all’editore Adelphi la prefazione per la riedizione de Il porto di Toledo nella quale, tra l’altro, dice: «La vecchia natura delle cose non mi andava. Inventai dunque una me stessa che voleva una aggiunta al mondo, che gridava la pianificazione ottimale della vita. Che vedeva nella normalità solo menzogna. Per la gran parte degli uomini è pioggia e buio e il potere della “non-ragione” cammina sulle loro teste. Tuttavia vi sono cose buone nella dissennatezza, vi è lo sforzo di promuovere un altro vero».
Di Anna Maria Ortese colpivano il pensiero misterioso, la fantasia surreale e la concreta moralità con uno spirito aperto alla comprensione. Ha lasciato, comunque, ben altre testimonianze di sé: nei libri di cui iniziò la pubblicazione nel 1937. È scomparsa a Rapallo il 9 marzo ed era nata a Roma nel 1914. A ventitré anni esordì con il volume di prose liriche Angelici dolori che ottenne un grande successo rivelando una singolare capacità di cogliere sentimenti rarefatti e strani; seguirono le poesie pubblicate a Napoli nel ’39.
Dopo la guerra è venuta la sua definitiva consacrazione con l’assegnazione del premio Viareggio nel 1953 per Il mare non bagna Napoli, un saggio di grande interesse. Contiene una serie di scritti a mezza strada tra il racconto e il servizio giornalistico che lasciò perplessi i giovani partenopei; e non c’è da meravigliarsene perché si parlò addirittura di uno scandalo. Il fatto è che a Napoli la scrittrice si era affermata e ne aveva fatto quasi una patria di adozione.
Si inizia con quest’opera un periodo fecondo nella vita di Anna Maria che culmina con l’assegnazione di un altro premio importante, lo Strega, nel 1967 per Poveri e semplici.
Anche il premio Fiuggi le conferì un riconoscimento che gradì molto.
Dello stesso periodo sono notevoli L’iguana e il ricordato Il porto di Toledo. Poi la Ortese sparisce.
Dopo varie peregrinazioni si ritira a Rapallo in un modesto alloggio con la sorella. Conduce praticamente una vita di onorata miseria mentre quasi nessuno si ricorda di lei. Tuttavia bastano pochi amici trascinati dallo slancio di Dario Bellezza per farle avere, con l’aiuto anche di Natalia Ginzburg, il vitalizio della legge Bacchelli.
E così arriviamo al rilancio. Nel periodo di Rapallo non è rimasta inerte. Ha scritto lavori destinati al successo come Il cardillo addolorato e Alonso e i visionari. Ha, poi, conosciuto l’editore Adelphi che le pubblica le opere nuove e ristampa le più meritevoli come Il porto di Toledo, in libreria in questi giorni.
Negli ultimi anni, dopo un’esistenza segnata dalla malasorte, la Ortese vive finalmente un periodo sereno.
In occasione della sua scomparsa le sono state dedicate pagine intere dai quotidiani: una rivalutazione postuma, forse lei non se la sarebbe aspettata.
Per le sue fortune letterarie, dovute essenzialmente al suo estro e alla sua volontà di lavorare, ha avuto l’apprezzamento di critici di grande livello, attratti dalla sua eccezionalità. Ricordo Massimo Bontempelli che scoprì il nuovo astro fin dagli esordi, entusiasmato da Angelici dolori.
Durante e dopo la guerra, nel periodo napoletano, il tanto contestato Il mare non bagna Napoli è frutto non solo delle sue osservazioni su una città che l’aveva affascinata, ma anche della comunanza di vita con uomini come Luigi Compagnone, Domenico Rea e i giovani La Capria, Ghirelli, Patroni Griffi, Rosi. Il ritratto dei suoi amici, obiettivo ma severo, da lei tracciato in uno dei racconti, fu causa di forti risentimenti. È questo lo scandalo di cui ho fatto cenno.
Il successo di quel libro è dovuto anche a Elio Vittorini che ne era entusiasta.
Piace ricordare di lei questa Preghiera composta negli anni Settanta: «Fatemi fuggire da questo paese strano,/ ve ne prego con le mani giunte,/ fatemi andare lontano./ Dove la gente parla/ in modo buono e sereno,/ dove nessuno mente/ dove nessuno trema.


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