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ELEZIONI DEL 18 APRILE 1948
tratto dal n. 03 - 1998

E la democrazia mise radici


Come visse le elezioni l’attuale presidente della Repubblica. Fu davvero una storica campagna per la libertà, per la dignità dell’Italia e diede inizio alla grande risurrezione, che portò al “miracolo economico”


di Oscar Luigi Scalfaro


Caro presidente Andreotti, tu mi chiedi qualche ricordo intorno al 18 aprile di cinquant’anni fa. Eccomi; mi limito a piccoli cenni.
Uscivamo dalla grande e profonda esperienza dell’Assemblea costituente. Era nata il 1° gennaio la nuova Carta costituzionale con la formidabile proclamazione dei diritti della persona umana.
Tutto ciò che avevo imparato nell’Azione cattolica e avevo studiato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, era ora scritto nel documento fondamentale per la vita del popolo italiano.
La campagna elettorale aveva avuto alla base la difesa di questi valori, che sono essenziali perché vi sia democrazia.
De Gasperi, inimitabile condottiero, guidava la grande campagna difendendo i valori e i diritti della persona, del cittadino e accusando di “imbroglio” il Fronte democratico del Pci di Togliatti e del Psi di Nenni, che, nascondendo bandiera rossa e falce e martello, presentava il volto di Garibaldi, ed era fortemente legato alla disciplina sovietica.
Lotta dura, molto dura; ma lotta affascinante, fortemente improntata ai grandi principi.
Così si sviluppavano e si moltiplicavano i comizi, che in genere si svolgevano sulle piazze; comizi per me indimenticabili per la loro spontaneità, per il dialogo, il contraddittorio, la polemica, ma sempre ricchi di un vivo e forte rapporto umano.
Non ricordo attacchi volgari personali.
Credo di aver parlato un numero indefinito di volte.
Avevo iniziato a vent’anni a parlare in pubblico per l’Azione cattolica dentro e fuori la mia provincia e la mia diocesi di Novara; per questo ero conosciuto e gli impegni e le chiamate si moltiplicavano.
Il mondo cattolico sottolineava il nostro impegno con celebrazioni religiose per la vittoria della libertà e con l’insegnare a votare.
Nacquero in quel tempo e in quel clima tante care amicizie con persone, egualmente in prima linea, del mondo socialdemocratico e del mondo laico: anche questo fu ricchezza.
La paura che potessero vincere i comunisti fece la sua parte, ma la grande maggioranza lottava con entusiasmo perché veramente convinta e pronta a pagare di persona; taluni nascosero la propria paura sotto frasi disgustose verso la Dc, ma non è di tutti esser veri!
Tra i ricordi, rimane in me presente il comizio di De Gasperi a Novara.
Credo che De Gasperi abbia parlato in tutti i capoluoghi di provincia; le folle che spontaneamente accorrevano per ascoltarlo non si potevano contare.
Venne anche a Novara. Lo andammo ad accogliere all’uscita dell’autostrada da Torino. Fermò la macchina e mi fece salire; ero l’unico parlamentare Dc della provincia; l’onore che provai e la colma dei sentimenti che mi legavano per ammirazione e affetto a quel grande uomo, mi diedero insieme soggezione, commozione, gioia profonda. A Novara parlò a una immensa folla ed io rimasi vicino a lui.
Ripartì subito, stanco, ma fermo nei suoi ideali, forte nella sua testimonianza.
La grande folla presente rimase colpita dalla franchezza, dal parlare a viso aperto, dal linguaggio scarno e chiaro, dal grande senso di responsabilità e soprattutto dalla immediata impressione della statura eccezionale dell’uomo.
Fu vittoria, una vittoria piena che diede sicurezza a tutti, anche, in particolare, a chi aveva lottato e votato contro la Dc e i suoi alleati.
Piccioni, segretario nazionale della Dc, sottolineò la vittoria con una delle sue frasi scultoree: «Credevo che piovesse, non che diluviasse».
Voci di mondo cattolico, errando nella valutazione politica, chiedevano che la Dc governasse da sola, avendo conquistato una imponente maggioranza.
La linea impeccabile di De Gasperi si sintetizzava in poche parole: mai la Dc da sola.
E fu grande saggezza e chiara visione strategica.
Noi giovani, quasi tutti, fummo su questa linea degasperiana.
De Gasperi non perse il suo tono fermo, sicuro, pacato; mai l’alterigia del vincitore! Mai!!
Il giorno dopo la vittoria (sì, proprio il 19 aprile) incontrai persone che, essendosi schierate con il Fronte popolare, del quale davano per certa la vittoria, avevano già iniziato la marcia di avvicinamento verso chi aveva vinto! ...Purtroppo nulla di nuovo!
Un episodio mi diede senso di tristezza e di miseria; io, a Novara, abitavo nelle vicinanze del palazzo che fu prima sede della Gil (Gioventù italiana del littorio) e poi del Pci.
Il 19 mattina, passeggiando con altri, su quel piazzale constatammo per terra decine di distintivi del Pci di cui altrettante persone si erano disfatte!!
Quel 18 aprile voleva dire che la democrazia aveva vinto e metteva radici.
Apriva le porte sul piano internazionale dove l’Italia si presentava senza equivoci e incertezze. Apriva le porte a quella strategia degasperiana del Patto Atlantico che salvò l’Italia da guerre e da oppressioni e garantì la pace.
Quella vittoria porta i nomi di De Gasperi, di Einaudi, di Saragat, di Pacciardi, ma porta una miriade di nomi ignoti di donne, di uomini, di giovani che avevano giocato tutto per la libertà del proprio popolo.
La figura di De Gasperi salì di prestigio sul piano interno e, in particolare, su quello internazionale a vantaggio e a servizio dell’Italia.
Fu davvero una storica campagna per la libertà, per la dignità dell’Italia e diede inizio alla grande risurrezione, che portò al “miracolo economico”.
Le circostanze della vita mi hanno fatto dono di parteciparvi; ne ringrazio Dio.


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