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ROMA VERSO IL GIUBILEO
tratto dal n. 01 - 1998

Parla il sindaco della Città eterna

La mia Roma di incontri e libertà


Sarà “quartier generale” di operazioni di pace per il Mediterraneo e crocevia di dialogo per tutte le fedi, ma anche per chi non ne ha. «Il 29 giugno dovremo restituire la festa dei santi Pietro e Paolo anche alla Roma civile». Proposte e progetti di Francesco Rutelli per l’Anno Santo e oltre


Intervista con Francesco Rutelli di Giovanni Cubeddu


Quando il 15 gennaio il sindaco di Roma Francesco Rutelli ha salutato papa Wojtyla – suo ospite in Campidoglio – lo ha fatto con rispetto e con grande equilibrio. Dopo la breccia di Porta Pia soltanto Paolo VI nel 1966 aveva salito il colle capitolino in visita ufficiale, per ringraziare la città dell’accoglienza data al Concilio ecumenico Vaticano II. Nel suo pur breve pontificato anche Giovanni Paolo I aveva voluto – nel settembre del ’78 – un incontro con il sindaco comunista Giulio Carlo Argan, che avvenne ai piedi del Campidoglio, mentre dal Vaticano il Papa si recava a prendere possesso di San Giovanni in Laterano.
Ora è il turno di Karol Wojtyla, con lo sguardo rivolto all’organizzazione dell’Anno Santo a Roma, che sarà guidata da Rutelli in qualità di commissario straordinario di governo per il Giubileo. È stata una giornata «storica», come anche LOsservatore Romano ha amato ripetere, che però non ha messo in ambasce il giovane sindaco. «Roma è un’idea che non ha ambizioni egemoniche», ha affermato infatti Rutelli di fronte a papa Wojtyla.
Francesco Rutelli ha 43 anni. Nel dicembre ’93 è stato il primo sindaco ad essere eletto direttamente dai cittadini romani, e nel novembre ’97 è stato eletto per la seconda volta: tra preferenze “dirette” e preferenze raccolte dalle liste esplicitamente denominate «Per Rutelli», ha totalizzato oltre un milione e centocinquantamila voti. «Il risultato più ampio di tutte le elezioni comunali dal dopoguerra», recita orgoglioso il suo curriculum vitae.
Sull’immagine e sul dinamismo Rutelli ha puntato molto, facendosi voler bene dai suoi concittadini. Ma l’attenzione personale e realistica al rapporto tra cattolici e politica, espresse nel suo discorso del 15 gennaio in Campidoglio, fanno la differenza. In particolare l’accenno a Pietro e Paolo, «sul cui sangue è sorta la Chiesa che è in Roma, i patroni della nostra grande città»; e il richiamo geniale alla grande intuizione di sant’Agostino proprio per delineare i rapporti tra Chiesa e potere civile in una prospettiva “laica” di distinzione e non di confusione.
L’Anno Santo e lo sviluppo economico, l’attenzione al lavoro giovanile e ai più poveri, fare del patrimonio d’arte di Roma una risorsa, promuovere la vocazione mediterranea e di dialogo religioso della città, un occhio agli scenari politici che attendono l’Italia (e anche Rutelli…): su questi e altri temi 30Giorni ha chiesto al sindaco di Roma di intervenire.

Signor sindaco, cominciamo dalla sua rielezione. A molti commentatori politici essa è apparsa, per le modalità con cui è stata conseguita (e per il suo caratterizzarsi come “moderato”), un nuovo inizio per Roma e per Rutelli. «La cosa più bella è ricominciare» scriveva Cesare Pavese. Concorda? Cosa significa questo per Francesco Rutelli?
FRANCESCO RUTELLI: Dalle elezioni di novembre ho ricevuto un grande onore e un difficile guanto di sfida: poche comunità al mondo sono così poco disponibili, come Roma, a rinunciare a un tradizionale disincanto. Ma credo che questa città nel suo insieme abbia ricevuto una spinta straordinaria per superare i passaggi difficili che l’attendono. Le dimensioni del consenso al lavoro che abbiamo svolto nei primi quattro anni rappresentano la pietra angolare del nostro impegno futuro: dai romani abbiamo ricevuto – io come sindaco, la “squadra” che è stata intorno a me in questi anni e sicuramente l’amministrazione – la forza necessaria a fare, a risolvere i problemi quotidiani ancora aperti nella città, ad affrontare l’appuntamento dell’accoglienza per il Grande Giubileo del 2000. Ora dobbiamo rispondere a questa fiducia. Questo è il peso che sento su di me e di cui porto la responsabilità. Anche per questo ho chiesto che tale responsabilità divenisse visibile e formale con l’attribuzione dell’incarico di commissario straordinario di governo per il Giubileo. È vero, «la cosa più bella è ricominciare»: nella responsabilità pubblica non c’è mai routine. Se c’è, vuol dire che la capacità di servire la comunità si è esaurita.
In un suo intervento pubblico a Tor Vergata lei ha parlato della città di Roma come della città degli apostoli Pietro e Paolo. Ha ricordato anche le persecuzioni che il popolo cristiano ha subito nella Città eterna. Insomma, la Chiesa di Roma non si identifica solo con il suo Vescovo, il Papa; così che il dialogo politica-cattolici diventa non verticistico, un dialogo che si intraprende non esclusivamente nelle “stanze della Curia”, ma vive nella realtà sociale…
RUTELLI: Quando Giovanni Paolo II è venuto a trovarci nell’aula Giulio Cesare, in Campidoglio, lo scorso 15 gennaio, ho voluto ricordare Pietro e Paolo, santi protettori di questa città. E il prossimo 29 giugno dovremo restituire alla solennità a loro dedicata un senso di partecipazione che deve appartenere anche a Roma civile. Pensiamoci insieme. Al Santo Padre abbiamo anche voluto offrire, come ricordo della visita, il frammento di un affresco dell’VIII secolo dipinto su una pietra di travertino proveniente dal Colosseo, laddove si è consumato il sacrificio di tanti martiri cristiani. I fondatori della Chiesa e i martiri, assieme al popolo dei credenti: sono le dimensioni di un difficile farsi strada del cristianesimo.
Roma è il cuore del Mediterraneo. In che modo l’amministrazione Rutelli permetterà che tale vocazione mediterranea della capitale si sviluppi?
RUTELLI: Su due fronti: da una parte impegnandoci a garantire un’accoglienza umana, seria, adeguata, commisurata alle possibilità della città ed obbediente alle leggi, ai tanti che dalle sponde del Mediterraneo cercano anche a Roma ospitalità e lavoro. Dall’altra parte, continuando a “offrire” la nostra città come perno del dialogo tra Nord e Sud, come “quartier generale” di operazioni di pace e solidarietà nei Paesi dell’area più calda e difficile del mondo.
Roma è la culla del cristianesimo, è sede della più antica comunità della diaspora ebraica ed ospita la più grande moschea dell’Occidente. Il Giubileo è un avvenimento cattolico, ma può diventare occasione per passi significativi verso una più serena convivenza tra le tre grandi religioni monoteistiche. Ha in mente iniziative particolari in tal senso?
RUTELLI: La necessità dell’incontro fra tutte le religioni nella prospettiva giubilare è un concetto che lo stesso Giovanni Paolo II ha enunciato, con solennità e affetto, in molte occasioni e ancora dalla loggia del Campidoglio. Con un’aggiunta che è suonata come un’autentica novità: una dichiarazione di “deferenza” verso chi mantiene “una visione non religiosa” della vita. Ecco, Roma è il crocevia di questo straordinario incontro di sensibilità. Ed è nostra intenzione che questo carattere sia ben visibile nella preparazione e nello RUTELLI: Non accosterei meccanicamente la questione della disoccupazione alla definizione di miserabili, anche nel senso che voi intendete di “poveri”. Le povertà, vecchie e nuove, sono un fenomeno crescente e molto preoccupante, ma sono solo l’anello estremo di una catena di scarsità di occupazione. Anche l’approccio ai problemi è distinto. Il Comune di Roma è impegnato in un’opera di assistenza agli indigenti che certo non è ancora sufficiente, e che si avvale fortemente delle strutture e degli uomini del volontariato laico e cattolico. Quanto alla creazione di nuova occupazione – di cui non sono i Comuni a potersi far carico in misura prevalente – quello che possiamo fare (e già facciamo) è investire risorse nei programmi di trasformazione urbana ma soprattutto impegnarci affinché si creino a Roma le condizioni (strutture, servizi, incentivi, vivibilità complessiva) perché aumenti il volume degli investimenti e si aprano nuove opportunità. Qualche segnale di ripresa c’è, dobbiamo raddoppiare gli sforzi.
Il rapporto economia-politica in Italia sembra sempre più caratterizzarsi come un dialogo tra leader politici, grandi imprese e sindacati. Non crede necessario che anche realtà economiche “minori” (piccole e medie imprese, cooperative) siano soggetti attivi della vita pubblica?
RUTELLI: Lo dice proprio al sindaco di Roma? Questa città – storicamente priva di grande industria – vive per un verso sulla pubblica amministrazione, ma sempre di più su un reticolo di piccole e medie imprese nei settori dell’edilizia, dei servizi, del commercio. Questo è il cuore dell’economia romana, e noi questo “cuore” vogliamo rifornirlo di nuovo ossigeno. Anche per questo uno dei punti centrali del programma per i prossimi quattro anni è la nascita della Cittadella della piccola e media impresa, collegata al nuovo Polo tecnologico, così come gli incentivi per la nascita di nuove attività, la modernizzazione di strutture fondamentali come i Mercati generali, l’Autoporto, la Fiera di Roma, il Centro congressi.
Il Giubileo rappresenta sicuramente anche un’occasione per creare nuovo lavoro. Spera che possa rappresentare un’occasione di occupazione per i giovani? E come?
RUTELLI: I giovani devono darsi da fare, perché in anni di grande fermento come quelli che Roma vive e vivrà ci sono possibilità di ogni tipo. Il futuro è di chi saprà cogliere le occasioni per attività nuove e creative. Questo è particolarmente consentito in una città come Roma, che ha nella propria vocazione economica settori dinamici e flessibili come il turismo, il commercio, i servizi ad alto contenuto tecnologico, tutte le attività connesse alla gestione e al recupero del patrimonio culturale, monumentale, artistico e archeologico. Anche la salvaguardia dell’ambiente offre autentiche chance di occupazione nuova e qualificata. In ognuno dei settori che ho citato, il Comune ha in corso investimenti, progetti, iniziative: ma abbiamo bisogno dell’energia e della voglia di fare dei giovani.
Per il Giubileo occorrerà creare strutture e servizi adeguati. Non crede che bisognerebbe tener presente, e magari privilegiare nell’assegnazione dei fondi, quelle iniziative e quei progetti che, nati per l’occasione, abbiano un alto grado di convertibilità alla normale vita cittadina?
RUTELLI: Questo per la verità l’abbiamo detto dal primo momento: a Roma non si dovrà fare nulla, con i soldi dei contribuenti, che non sia utile per migliorare in maniera stabile e duratura la qualità della vita dei romani. Anche per questo, oltre che per la ristrettezza dei tempi, siamo venuti definendo una scala delle opere pubbliche per il Giubileo che esclude la dimensione macro per concentrarsi sulle opere medie e piccole di effettiva realizzazione e utilità. E questo vale sia che si parli di viabilità, sia che si parli di accoglienza, sia che si parli di manutenzione e recupero del patrimonio monumentale, sia di servizi diffusi.
Nella sua passata amministrazione la stampa ha dato grande risalto alla inaugurazione della nuova Galleria Borghese. Ci esponga le sue idee sulla valorizzazione, in termini realistici, del patrimonio artistico generato dalla tradizione cattolica, in vista del Giubileo.
RUTELLI: Non credo neanche sia possibile, a Roma, distinguere tra un’opera d’arte “generata dalla tradizione cattolica” e una eventualmente generata dalla cultura laica. Roma è una sintesi incomparabile di tutto questo, Roma è una eccezionale sovrapposizione di epoche, stili, scuole, ideologie, culture, ispirazioni. Dal punto di vista artistico questa città, la città dei papi, è una corruzione permanente, nel senso filologico del termine. Nell’elenco dei cantieri per il Giubileo che saranno aperti in febbraio sono compresi interventi in molte chiese, santuari e conventi. Bene, non si è alzata una voce per contestare questo elenco, per il semplice motivo che non c’è romano – laico, credente o di qualsiasi convinzione – che non senta come proprio l’ultimo mattone dell’ultima antica chiesa della città.
A “inventare” il Giubileo fu Bonifacio VIII, lo stesso Papa che aveva fondato La Sapienza. Basta rileggere la bolla di fondazione del 1303 per scoprire con quale appassionato favore il Pontefice di allora guardasse alla comunità degli studenti della “sua” Roma. Quel Giubileo fu dunque anche un’occasione per lo sviluppo dell’Università. Può rappresentare un precedente?
RUTELLI: L’individuazione dei poli universitari come di una delle risorse strategiche per Roma non è specificatamente legata al Giubileo, ma affonda le sue radici in una tradizionale vocazione della città – ce ne sono almeno 16 di università, a Roma – e si proietta in un futuro nel quale la formazione è carta decisiva di sviluppo. Noi abbiamo ottimi rapporti di collaborazione con vari atenei, rapporti che si sono concretizzati in progetti di ricerca di alto valore e non di rado concretamente legati alla vita cittadina. La Sapienza è la prima università d’Europa per numero di iscritti e sarà certamente riorganizzata secondo una logica multipolare. Quanto a Tor Vergata, vorrei ribadire che la bocciatura della candidatura di Roma a sede olimpica – col conseguente venir meno del progetto per il villaggio atleti che avremmo in seguito trasformato – non sposta affatto i nostri progetti: lì sorgerà ad esempio il campus universitario, per venire incontro quanto meglio possibile ai problemi delle residenze per gli studenti. E anche la Terza Università vede decollare in questi giorni una nuova, importante fase di sviluppo.
La sua recente idea di rilanciare il premierato nell’ambito delle riforme costituzionali varate dalla Bicamerale l’ha posta al centro della politica nazionale. La sua richiesta sembra aver suscitato convergenze da tante realtà politiche, civili e sociali che non si riconoscono nel patto sancito a casa Letta (e che vede protagonisti soprattutto la coppia Fini-D’Alema)…
RUTELLI: Non vorrei proprio porre la questione in questi termini. Mi sono fatto interprete di una opinione che avvertivo variamente diffusa, al di là degli schieramenti, e naturalmente sono stato contento di aver raccolto – insieme a molte critiche – anche molti consensi. Ma non mi sono mosso per incrinare o mettere in discussione patti veri o presunti: ho voluto dare un contributo, la cui fondatezza è stata riconosciuta da tutti, ed esprimere allarme verso l’affermarsi di un modello di elezione diretta del presidente della Repubblica estranea a un efficace sistema di poteri e contrappesi. Non condivido l’idea che – per tutelare il compromesso della Bicamerale – l’Italia debba sperare che premier e presidente abbiano le stesse idee politiche (il che è tutt’altro che scontato) e che il presidente eletto dal popolo non diventi (cosa anch’essa probabile) un tribuno pericoloso proprio perché non legato a un mandato di governo.
Roma e il federalismo. L’Italia preunitaria ha visto la nascita e la morte di due ipotesi federaliste, legate ai nomi di Cattaneo e Gioberti. Non crede che da Roma potrebbe rinascere una nuova ipotesi federalista, che possa segnare un nuovo inizio nei rapporti tra Stato e entità locali, al di là di drammatiche ipotesi secessionistiche ed anacronistici richiami a un generico autonomismo?
RUTELLI: Ma questo non è un auspicio, è un fatto che si è già verificato. Proprio da Roma, assieme alle altre grandi città e alle Regioni non sono partite ipotesi, bensì una serie di emendamenti al testo approvato dalla Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Ora sta al Parlamento valutare e decidere, sapendo che la forza delle autonomie e del federalismo – per chi ci crede – risiede innanzitutto nella forza dei Comuni d’Italia. I quali – mi fa piacere ricordarlo – hanno convenuto insieme alle Regioni anche nel segnalare la necessità che la nuova Costituzione preveda esplicitamente lo status di Roma non solo come capitale d’Italia e come area metropolitana, ma anche come città dotata di uno statuto speciale che ne sancisca doveri e diritti davanti alla nazione.
Domanda “obbligata”: le piacerebbe seguire la strada di Chirac, che ha fatto del buon governo cittadino l’inizio del suo successo politico?
RUTELLI: Mi piacerebbe seguire la strada di chiunque abbia lasciato dietro di sé miglioramenti e realizzazioni concrete e la stima dei propri concittadini, dopo aver amministrato la propria città con passione e dedizione. Questo è il mio obiettivo per i prossimi anni, per questo sto lavorando.
Infine: un suo elettore, Alberto Sordi, ha spesso elogiato l’indolenza, virtù prettamente romana. Il primo cittadino di Roma è esente da questa virtù?
RUTELLI: L’indolenza? Magari me la potessi permettere… A parte gli scherzi, Albertone è innanzitutto un gran lavoratore, e incarna la figura del romano che fatica e si impegna senza perdere un grammo del proprio gusto di vivere, di divertirsi. E di fare ironia su se stessi senza smarrire il senso di appartenenza alla più bella città del mondo. Questa è la realtà di Roma, al di là delle caricature. E anche io, con i miei pregi e difetti, ne faccio parte.


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