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RICORDI
tratto dal n. 01 - 1998

Le battaglie di Ada


La scomparsa di Ada Sereni, ebrea, antifascista. Ebbe un ruolo di primo piano nell’organizzazione clandestina dell’immigrazione verso la Palestina (allora sotto il protettorato inglese) alla fine della seconda guerra mondiale


di Raffaello Fellah


In coincidenza con il 50° anniversario della nascita dello Stato di Israele si è spenta a 92 anni Ada Sereni, ebrea italiana, moglie dell’eroe Enzo Sereni il quale, rinunciando a un sicuro rifugio, si fece paracadutare in Italia per combattere contro i nazifascisti (catturato, morì nel lager di Dachau).
Ada Sereni raccolse dal marito il testimone e si prodigò per promuovere, assistere e proteggere l’Alya (emigrazione) degli anni 1945-48 verso la Palestina dei superstiti dell’Olocausto e di tutti coloro che avevano perduto la speranza di poter godere dei pieni diritti in società o Paesi in cui sarebbero sempre stati minoranza, nella migliore delle ipotesi, minoranza tollerata.
Ada Sereni era animata da profondi sentimenti sionisti (prima delle distorsioni questo significava solo aspirazione al ritorno nella terra dei padri, anelito mantenuto vivo nei duemila anni di diaspora) sostenuti da un’educazione che aveva recepito al meglio i valori del Risorgimento italiano e della partecipazione di correligionari ai moti antiaustriaci.
Gli eventi la indussero ad assumere un ruolo di primo piano nell’organizzazione dell’immigrazione clandestina verso la Palestina, allora sotto la ferrea amministrazione britannica la quale non esitò, dopo un blocco che causò indicibili sofferenze, a rispedire in Germania dopo la seconda guerra mondiale, una nave carica di sopravvissuti ai lager nazisti.
Ada Sereni, che operava essenzialmente dal territorio italiano, vide premiati i suoi sforzi con l’appoggio di Alcide De Gasperi che le assicurò, con i suoi più valenti collaboratori di allora, supporti logistici, di intelligence e le necessarie coperture per missioni considerate impossibili. Questo fu il primo tributo (e per fortuna non unico) che la nuova Italia pagò dopo l’uscita dalla seconda guerra mondiale per riscattare il disonore delle discriminazioni razziali emanate contro i suoi cittadini di religione ebraica.
La Sereni raccolse in un libro le sue esperienze di quei terribili anni (I clandestini del mare) ma non si considerò mai una persona speciale; ritenne semplicemente di aver fatto il suo dovere, così come altri correligionari l’avevano compiuto in campi magari diversi. Idealmente, la “staffetta” di Ada Sereni comprende figure come Umberto Terracini, Leo Valiani, Raffaele Cantoni, Astorre Mayer, Max e Matilde Varadi, Emma Polacco e gli italo-libici Sion Nemni, Yacov Fargion e Carlo Viterbo.
Sarebbe bene per l’Italia, in questa fase confusa in cui i “revisionismi” o le “normalizzazioni” tendono a modificare la storia, che l’esempio dei coniugi Sereni fosse ricordato in forma adeguata, magari con un convegno o una lapide nel Ghetto di Roma in occasione del prossimo Giubileo.


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