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IL SACRAMENTO DELLA...
tratto dal n. 02/03 - 2008

Un sacramento di Gesù poco utilizzato


Una ricerca sociologica effettuata nel 1994-1995



La ricerca sociologica sul sacramento della Confessione citata è stata effettuata nel 1994-1995 dall’Università Cattolica di Milano e si basa su un campione di 4.500 persone tra i 18 e i 74 anni. Pubblicata nel volume La religiosità in Italia (Mondadori, 1995), è stata di nuovo diffusa nei primi giorni del 1998 sul fascicolo n. 2/1997 della rivista dell’Ateneo Annali di scienze religiose (Clemente Lanzetti, Gli italiani e la confessione: alcuni dati sociologici, pp. 47-62). Nella ricerca si mette in luce tra l’altro che il 47% del campione considerato non si confessava mai o a distanza di anni, il 37% si confessava a scadenza annuale o qualche volta durante l’anno, e il 16% lo faceva più di frequente, circa una volta al mese o più spesso.
Quanto alle modalità della confessione, il 43% era favorevole al mantenimento del rituale vigente, il 23% era favorevole a cambiare il modo di confessarsi. Sempre nel campione, il 19% pensava che la confessione non avesse alcun senso, il 28% pensava che fosse sufficiente «pentirsi davanti a Dio», l’11% lamentava il disagio di dover raccontare le proprie colpe a un altro uomo, il 19% contestava il “modo di confessare” di alcuni preti, il 5% non approvava il fatto che la Chiesa consideri materia di peccato ciò che per la coscienza personale non lo è.


Il sacramento della Confessione

«La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”».
dal Vangelo secondo Giovanni 20, 19-23


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