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RICORDI GIOVANILI
tratto dal n. 02/03 - 2008

Zia Marianna e il Papa-Re


Nei frequenti momenti di rievocazione di Pio IX, mia zia mostrava palese nostalgia. Sedici anni di vita sotto lo Stato Pontificio non erano trascorsi invano


di Giulio Andreotti


Papa Pio IX

Papa Pio IX

Rispetto ai miei compagni di scuola che facevano riferimento solo all’opinione dei nonni, per ripetere che le generazioni precedenti erano migliori di noi, io, vivendo in casa di una zia della classe 1854, avevo un ulteriore periodo da far valere.
Sedici anni di vita sotto lo Stato Pontificio non erano trascorsi invano. Frequenti erano i suoi racconti su Pio IX che andava ogni giorno a passeggio per via e ogni martedì grasso concludeva il carnevale nella chiesa dei Santi Lorenzo e Damaso, in quel Corso che si sarebbe poi chiamato Vittorio Emanuele.
Dello stesso Pio IX rammentava altri momenti caratteristici: come quando, girando per il baciamano degli ospiti nel palazzo, aveva redarguito un giovane che non si era inginocchiato: «Se non vuole adeguarsi ai nostri usi è meglio che non venga qui».
Ricordava poi il giro di Pio IX negli ospedali – con sosta presso ogni letto – e l’andata al Verano nel giorno dedicato alla commemorazione dei defunti.
Nei frequenti momenti di rievocazione del Papa-Re, mia zia mostrava palese nostalgia. I “piemontesi” non avevano prodotto alcun beneficio per la popolazione. Anzi il costo della vita era, sia pure di poco, cresciuto; e le giovani donne dovevano salvaguardarsi da certi tentativi di approccio lungo le strade, prima sconosciuti.
Tra le curiosità che mia zia custodiva c’era un giornale del 1922 con il titolo a tutta pagina: Il cardinale Tacci eletto papa. Era stato il frutto di una affrettata telefonata alla redazione, confondendosi Ratti e Tacci.
La parziale smobilitazione delle truppe pontificie aveva a suo tempo provocato disoccupazione, anche perché – ed era comprensibile – non c’era posto tra i soldati del re per gli ex papalini.
Su qualche particolare del repertorio di zia Mariannina ero portato a fare riserve. Ma un caso potei verificare molti anni dopo (fonte il venerando senatore Giuseppe Paratore). Pio IX aveva voluto conoscere prima gli elogi funebri disposti per Vittorio Emanuele II – allora si usava nei funerali – e commentò così la proclamazione delle benemerenze giuridiche, come amò la giustizia. «Infatti» disse il Papa «prese tutto quello che non era suo». Stessa ironia sulla carità; e infine la chiosa: «Con questa piccola aggiunta sarà un monumento di verità: “Amò la castità”». Per l’amico della bella Rosina era davvero poco appropriato.
Qualche confusione nella citazione di frasi lapidarie del Papa, mia zia la faceva tra Pio IX e il suo successore Leone XIII. A cominciare dalla famosa risposta al cardinale al quale in udienza offriva la tabacchiera. Avendo l’eminente ospite dichiarato di non avere questo vizio, Sua Santità avrebbe replicato: «Se fosse un vizio, l’avrebbe».


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