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EDITORIALE
tratto dal n. 04 - 2002

Il Papa filmato


Accanto al fascino straordinario che Giovanni XXIII suscitò da vivo, incide – io credo – la convinzione del ruolo da lui avuto in un momento storico di avvio al passaggio, sia per la Chiesa che per il mondo, dalla difesa necessariamente intransigente al dialogo.


di Giulio Andreotti


In questa pagina, foto di scena della fiction Papa Giovanni. Sopra, un ciak per Edward Asner nei panni del cardinale Roncalli

In questa pagina, foto di scena della fiction Papa Giovanni. Sopra, un ciak per Edward Asner nei panni del cardinale Roncalli

Non era facile attrarre per due sere consecutive, nelle ore di massimo ascolto, la prevalenza dei telespettatori con un soggetto religioso; senza nulla togliere con questo rilievo alla importanza obiettiva del personaggio del quale nel prossimo anno si celebrerà il quarantesimo della morte. Accanto al fascino straordinario che Giovanni XXIII suscitò da vivo, incide – io credo – la convinzione del ruolo da lui avuto in un momento storico di avvio al passaggio, sia per la Chiesa che per il mondo, dalla difesa necessariamente intransigente al dialogo. Mosca aveva mantenuto a lungo, con abilità propagandistica e concrete affiliazioni, il ruolo di casa madre dei partigiani della pace che, salvo isolate dissociazioni (come quella dell’onorevole Pietro Nenni), resistette anche alle devastanti iniziative sovietiche in Cecoslovacchia e in Ungheria. Della pace papa Roncalli fece la divisa del suo pontificato, in una visione unitaria dell’ambito ecclesiale con quello civile.
Con l’elezione il Santo Padre – almeno fino ad ora – assume un nome nuovo; ma la sua personalità – aspetto, indole, cultura – non muta certamente. Mal si comprendono i cinque anni finali nel palazzo apostolico se non si inseriscono nell’intera vita della persona, che la Lux è riuscita a ricostruire (e non era facile) in modo perfetto, senza nulla alterare – o quasi – per le esigenze tutte specifiche di uno spettacolo cinematografico. La casa di Sotto il Monte, dove il bambino avverte la chiamata al sacerdozio, è il punto di partenza di una vita davvero straordinaria. Senza la comprensione e la generosità di uno zio sarebbe stato impossibile sottrarlo al lavoro dei campi. Questo passaggio è descritto in modo suggestivo ed in un certo senso tutto il racconto si snoda in una contrapposizione visiva tra l’onorata povertà di una famiglia contadina e lo splendore della cappella Sistina quando i baldacchini dei cardinali si abbassano per esaltare il nuovo successore di San Pietro.
Di Roncalli giovane sacerdote si narra con efficacia il servizio a Bergamo accanto a monsignor Radini Tedeschi, definito con notevole enfasi vescovo socialista, ma in effetti più che comprensivo pastore verso i lavoratori scioperanti, in un contesto – quello di inizio del secolo – nel quale certamente non erano riconosciuti i diritti umani e le libertà sindacali.
Per un curioso ricorso storico, cinquanta anni più tardi De Gasperi mi mandò a Bergamo per consultare in privato il vescovo Adriano Bernareggi sul modo di uscire da un lungo sciopero degli operai della Dalmine.
La casa di Sotto il Monte, dove il bambino avverte la chiamata al sacerdozio, è il punto di partenza di una vita davvero straordinaria. Senza la comprensione e la generosità di uno zio sarebbe stato impossibile sottrarlo al lavoro dei campi...
Ma torniamo al film. Lo sviluppo di carriera, se così si può dire, passa attraverso una lunga missione nella diplomazia pontificia, sempre per scelte dirette dei papi, non avendo Roncalli frequentato l’Accademia né manifestato vocazione specifica al riguardo. In Bulgaria si trova a contatto con il separatismo della Chiesa ortodossa sentito molto profondamente dal popolo che cerca anche con violenza di allontanare il delegato apostolico persino mentre porta l’aiuto ai disastrati di un terremoto. Ma un commovente abbraccio con il Pope è emblematico di una vocazione ecumenica che lo porterà da papa ad aprire le braccia agli anglicani e ad invitare tutti i separati ad assistere al Concilio.
Quando in occasione delle Olimpiadi del 1960 il capomissione bulgaro gli disse che a Sofia lo ricordavano con ammirazione, gli rispose: «Da come trattano i cattolici non direi che è così». Ma subito dopo lo prese sotto braccio e conversò con lui riservatamente.
Dalla Bulgaria andò in Turchia. Di questo periodo è evidenziato il toccante episodio del salvataggio di una carovana di ebrei che fuggiva dalla persecuzione di Hitler. Per non suscitare reazioni da Berlino i turchi (neutrali) avevano bloccato il treno, che monsignor Roncalli riuscì a far proseguire con la complicità dell’ambasciatore tedesco von Papen che si prestò a certificare la natura di pellegrini cattolici evitandone il sicuro invio nei campi di sterminio.
Pio XII lo inviò nunzio a Parigi tra la sorpresa della Curia e dello stesso Roncalli. Vi era il problema scottante della richiesta di quel governo per la rimozione dei vescovi che si riteneva avessero collaborato con il maresciallo Petain. Occorreva reagire con astuzia al di fuori di scambi di note verbali e di memorie difensive. Monsignor Roncalli era l’uomo giusto. Al duro ministro degli Esteri Bidault dette subito ragione in via di principio; occorreva però documentare caso per caso gli addebiti, non volendo il Santo Padre coprire alcuna debolezza, ma essendo necessarie le prove. E non gli striminziti appunti che il ministro gli portò in tempi brevi. Doveva aver pazienza e raccogliere analitici fatti e testimonianze. Quando si presentò con una catasta di faldoni, il nunzio lo ringraziò; ma non poteva inviarli a Roma senza aver fatto riscontri e verifiche. Un mese dopo Bidault tornò alla carica, spazientito. Ma gli venne opposta l’esigenza di un esame anche comparativo, per evitare trattamenti differenziati. Una vera partita a scacchi o, meglio, uno scontro tra gatto e topo, che terminò con la scomparsa del topo perché Bidault andò via dal governo e, venuto meno il “fanatismo resistenziale”, tutto finì in una bolla di sapone, o quasi. Roncalli lo raccontava divertito agli ospiti della nunziatura alla quale aveva nel frattempo dato un tono correttamente mondano. Nominato cardinale andò via da Parigi, con l’antico cerimoniale della berretta “imposta” da quel presidente della Repubblica Vincent Auriol.
Venezia. Qui si risveglia tutto l’ardore pastorale che da giovane aveva vissuto accanto a monsignor Radini Tedeschi. Pensando alla sua vita di seminarista con la famiglia lontana, volle riportare in città il seminario minore e mise gli occhi sugli enormi magazzini doganali dell’isola della Salute, da tempo immemorabile inutilizzati e dimenticati. Mi condusse a vederli illustrando un progetto che lasciava intatto l’esterno, evitando ogni difficoltà della Sovrintendenza e critiche della popolazione. Di più. Occorreva fare qualcosa anche per altre esigenze cittadine. Così il sindaco Giaquinto divenne suo alleato e il relativo disegno di legge passò senza ostacoli. Con la Sovrintendenza ebbe invece un contrasto attorno ai plutei di San Marco, cioè i lastroni che nascondevano quasi completamente la vista dell’altare ai fedeli. Naturalmente la spuntò.
Roncalli giovane sacerdote, interpretato da Massimo Ghini

Roncalli giovane sacerdote, interpretato da Massimo Ghini

Da Venezia al papato. Nei giorni della Sede vacante si incrociavano ipotesi diverse e certamente anche sul patriarca di Venezia vi era l’attenzione dei vaticanisti. Tra l’altro era conosciuto personalmente da molti cardinali, che erano stati suoi ospiti a Parigi e dopo. Tuttavia si riteneva che dovesse prevalere una linea di continuità ravvisandosi semmai il possibile nuovo nella figura del cardinale armeno Gregorio Pietro Agagianian residente da molti anni a Roma e noto per la sua esemplare pietà.
Poiché sui lavori del conclave vige il segreto e le schede vengono bruciate immediatamente, è difficile dire se la ricostruzione degli undici scrutini presentata sia esatta. Personalmente ne dubito, e riportai comunque da un colloquio con il cardinale Roncalli alla Domus Mariae la mattina dell’inizio del conclave la convinzione che egli fosse sicuro della sua elezione. Ne ho scritto dettagliatamente altra volta.
Comunque che non vi fosse in partenza come era stato per Pio XII un candidato è pacifico. Ma qui devo fare un rilievo. Ho detto che agli autori del film va riconosciuto il merito di non aver ceduto a tentazioni spettacolari, ma devo fare una eccezione. Forse era necessario che per esaltare il Papa buono si calcasse la mano su qualche cattivo. Già nella prima parte, il visitatore apostolico che va a contestare le aperture di monsignor Radini e del suo segretario è presentato con un cipiglio da Inquisizione, ma viene subito contraddetto da Roma e tutto si ricompone.
Occorreva però un cattivo di grosso calibro e lo si costruisce nella persona del cardinale Alfredo Ottaviani, attribuendogli tra l’altro un compito di quotidiana vicinanza al Papa che non è mai esistito. Come preposto al Sant’Uffizio credo andasse in udienza una volta al mese e non era davvero la controfigura del Pontefice.
Attenzione. Forse per il suo ruolo Ottaviani era rigoroso ed arrivava anche a sconfinare, criticando ad esempio viaggi di Stato italiani a Mosca tanto da costringere la Santa Sede ad un comunicato che definiva quelle di Ottaviani sue idee personali. Attribuirgli però frasi come: «Montini non sarà papa né oggi né mai», è arbitrario. Né può dimenticarsi che si tratta di un sacerdote di estrazione modesta, coltissimo, rimasto sempre povero, quotidianamente dedito ai ragazzi dell’oratorio di San Pietro, esemplare in ogni momento della vita.
Comunque serviva un cattivo e pazienza! Nel finale – drammaticamente commovente – la “spiegazione” tra Ottaviani e il Papa morente è bellissima.
In quanto alla Curia, la sua tradizione moderata era indubbia; ma la moderazione è una virtù. E papa Giovanni sotto alcuni aspetti fu più che moderato. Basti pensare all’eccesso di rigore imposto al clero dal Sinodo romano: così stretto che fu fin da allora disatteso.
La firma dell’enciclica Pacem in terris (di cui il Papa volle inviare copia a Krusciov) conclude il pontificato del papa Giovanni XXIII. Per un riguardo alla sua persona gli era stato tenuto nascosto il “brutto male” che lo aveva aggredito. Ma al momento dovuto, il fedelissimo don Loris Capovilla fece quel che Roncalli aveva fatto con Radini Tedeschi: lo avvertì che l’ora era giunta
Circa il conclave, lo stesso Papa raccontò che lì aveva deciso (e lo aveva detto) di nominare segretario di Stato monsignor Domenico Tardini. Ed essendo questi poco propenso ad accettare, gli aveva imposto l’obbedienza, promuovendolo subito cardinale, al secondo posto nell’elenco subito dopo monsignor Montini.
Tardini era una splendida figura di sacerdote romano, fedelissimo al papa come tale, fondatore di un eccellente convitto di giovani (Villa Nazareth) al quale dedicava personalmente molto del suo tempo.
La massima tensione nel racconto del pontificato si incentra nei rapporti internazionali e specialmente nella crisi di Cuba, attribuendosi a Giovanni XXIII il merito di avere ottenuto la soluzione, consentendo sia a Kennedy che a Krusciov di non perdere la faccia. Ma vi è un particolare che si deve, credo, al presidente della Lux, Ettore Bernabei. Riguarda una iniziativa del nostro presidente del Consiglio Amintore Fanfani e che io apprendo solo ora, pur essendo in quel momento ministro della Difesa. Per corrispondere all’invito del Papa – nelle ultime ventiquattro ore utili prima dell’ultimatum di Washington – Fanfani incaricò Bernabei, che era negli Stati Uniti per ragioni di lavoro Rai, di comunicare a Washington che l’Italia era pronta a far ritirare i missili di Gioia del Colle, sotto il cui possibile tiro erano i sovietici (per essere esatti anche in Turchia vi erano postazioni della Nato). In effetti lo scambio tra i missili italo-turchi e quelli cubano-sovietici avvenne, ma non so se l’idea di Fanfani fu alla base dell’intesa o si aggiunse.
Papa Roncalli tra i carcerati di Regina Coeli

Papa Roncalli tra i carcerati di Regina Coeli

Io appresi la notizia al mattino del 6 gennaio da una lettera del ministro MacNamara che l’ambasciatore Usa venne a portarmi personalmente in casa.
Due settimane prima, al Consiglio atlantico, MacNamara mi aveva escluso questa possibilità che del resto non era politicamente per noi importante. L’opposizione, pur trattandosi di missili di dimensioni gigantesche che si vedevano anche dall’aeroporto di Bari-Palese, non ci aveva mai creato effettivi problemi.
Sull’onda del rapporto disteso del Papa con il governo sovietico si ebbe la liberazione dell’arcivescovo ucraino Josyf Slipyj, già vittima perseguitata da due dittature.
La firma dell’enciclica Pacem in terris (di cui il Papa volle inviare copia a Krusciov, tramite il giornalista americano Cousins, collaboratore di padre Morlion) conclude il pontificato del papa Giovanni XXIII. Per un riguardo alla sua persona gli era stato tenuto nascosto il “brutto male” che lo aveva aggredito. Il bollettino del consulto medico fu redatto in due versioni: una veritiera, l’altra per L’Osservatore Romano con l’ambigua dizione di «grave gastropatia». Ma al momento dovuto, il fedelissimo don Loris Capovilla fece quel che Roncalli aveva fatto con Radini Tedeschi: lo avvertì che l’ora era giunta.
Avevamo sospeso la rivista militare del 2 giugno, per non disturbare il Papa che stava morendo.
Paolo VI avrebbe raccolto mirabilmente l’eredità del Papa di transizione e portato a conclusione il Concilio.


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