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RUSSIA
tratto dal n. 04 - 2002

ORTODOSSI. Il Patriarca di Mosca e la crisi dei rapporti con Roma

Siamo fratelli, non concorrenti


«La debolezza temporanea della Chiesa russa, dovuta a fattori esterni ostili, avrebbe dovuto ispirare un desiderio fraterno di aiutarla a realizzare la sua difficile missione. Invece...». Parla Alessio II


di Gianni Valente


Il patriarca Alessio II

Il patriarca Alessio II

Nel mese di aprile ha avuto sviluppi clamorosi la crisi dei rapporti tra i vertici della Chiesa cattolica e il Patriarcato di Mosca, seguita alla trasformazione in diocesi delle quattro amministrazioni apostoliche cattoliche in territorio russo e alla nomina del primo arcivescovo cattolico nella capitale dell’ex impero sovietico. I segnali venuti da Mosca in risposta alla politica dei fatti compiuti imboccata dal Vaticano non potevano essere più espliciti, fino al punto di complicare anche i rapporti finora eccellenti tra Santa Sede e Federazione Russa. Prima (11 aprile) a Stefano Caprio, sacerdote italiano, parroco delle parrocchie cattoliche di Vladimir e Ivanovo, e poi (19 aprile) a Jerzy Mazur, vescovo polacco nella diocesi siberiana di Irkutsk, sono stati annullati i rispettivi visti di soggiorno e impedito il ritorno in Russia dalle loro trasferte all’estero. Con la giustificazione ufficiale che i loro nomi erano compresi in una non meglio definita lista di "persone non gradite".
Davanti all’escalation della crisi la gerarchia ortodossa ha assunto da subito un atteggiamento defilato. Il 22 aprile il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II, rispondendo all’agenzia di stampa russa Itar-Tass, si è limitato a dichiarare "infondato" il sospetto che la Chiesa ortodossa sia l’ispiratrice della guerra dei visti. Pur definendo "legittimo" il provvedimento che ha colpito i due ecclesiastici cattolici, ha rimarcato che esso "non ha alcun legame con le posizioni assunte dalla Chiesa ortodossa" difronte alla decisione vaticana di elevare le amministrazioni apostoliche cattoliche russe al rango di diocesi di pieno diritto.

Il Vaticano ha motivato la decisione di erigere diocesi cattoliche in territorio russo anche facendo notare che la Chiesa ortodossa russa ha fatto altrettanto, creando eparchie e altre strutture pastorali in nazioni occidentali come l’Austria, la Germania e il Belgio. Come risponde a questo argomento?
ALESSIO II: Effettivamente la Chiesa ortodossa ha diverse diocesi in Paesi dell’Europa occidentale, come anche in America del nord e del sud. Tuttavia, l’analogia finisce a questo punto, e poi cominciano le differenze: le parrocchie ortodosse russe e le diocesi all’estero sono state formate unicamente per la cura pastorale dei compatrioti della nostra stessa fede, che per volontà del destino si sono trovati al di fuori dei confini della patria. Nell’attività delle nostre parrocchie all’estero non c’è nulla che possa far pensare a tendenze proselitistiche: di solito le celebrazioni si svolgono in lingua slavo-ecclesiastica, come in Russia, e le stesse parrocchie vengono fondate per iniziativa di cittadini che tradizionalmente appartengono all’ortodossia, e quindi desiderano avere sul posto una chiesa e un sacerdote celebrante del Patriarcato di Mosca.
Purtroppo il quadro dell’attività e la motivazione delle strutture cattoliche sul territorio canonico della Chiesa ortodossa russa sono completamente diversi. L’attività in Russia di molte parrocchie e sacerdoti che rappresentano la Chiesa romano-cattolica è rivolta anzitutto a persone che culturalmente e storicamente sono radicate nell’ortodossia, e in questo modo assume una dimensione direttamente proselitista, come noi abbiamo più volte denunciato al Vaticano. Noi consideriamo la recente decisione della Santa Sede di formare in Russia un sistema locale di amministrazione diocesana proprio nel senso di un allargamento della pratica "missionaria", inaccettabile all’interno della famiglia delle Chiese cristiane, creando delle strutture parallele alla Chiesa ortodossa, che è la Chiesa tradizionale della Russia.
Una nota vaticana pubblicata sull’Osservatore Romano ha risposto alle accuse di proselitismo ammettendo che in Russia ci sono conversioni al cattolicesimo, ma sottolineando che questi "nuovi cattolici" non sono di solito fedeli ortodossi, bensì provengono piuttosto da "ambienti abitualmente lontani da ogni religione". Cosa pensa di questo argomento?
ALESSIO II: La spiritualità ortodossa affonda in Russia in una tradizione di più di mille anni. Il secolo XX è stato per la Chiesa ortodossa russa un’epoca di persecuzioni dalla ferocia mai vista, in seguito alle quali la Chiesa si è trovata sull’orlo della distruzione totale. Eppure, grazie alla misericordia di Dio e alla perseveranza nella fede degli ortodossi, essa si è conservata e dall’inizio degli anni Novanta vive un periodo di rinascita. In sette decenni di politica oppressiva, di ateismo di Stato e di lotta antireligiosa si è formata più di una generazione di persone, separate con la violenza dalla fede dei padri. Insieme a ciò, queste persone, in forza della discendenza storica e della struttura spirituale della loro personalità, indubbiamente appartengono alla tradizione culturale nazionale ortodossa o sono da essa attratte, e molti di loro sono stati addirittura battezzati da piccoli nell’ortodossia. La Chiesa russa ha la responsabilità pastorale davanti a Dio per il destino di questa porzione del Suo popolo, e sente come proprio compito di dover aiutare coloro che hanno bisogno della sua cura spirituale ad accogliere Dio nell’anima, a riunirsi con la Chiesa madre e ritornare alla fede dei padri. La debolezza temporanea della Chiesa russa, dovuta a fattori esterni ostili, avrebbe dovuto ispirare un desiderio fraterno di aiutarla a realizzare la sua difficile missione. Invece, per quanto triste possa sembrare, questa situazione viene usata per accaparrarsi i suoi fedeli e convertirli al cattolicesimo sotto la cortina fumogena di discorsi sull’"ambiente abitualmente lontano da ogni religione". Un disappunto ancora più grande viene a noi come cristiani, ma anche dal punto di vista di un’etica umana elementare, guardando ai metodi di tale conversione, che spesso si basano sull’ignoranza della gente nelle questioni religiose e delle relazioni intercristiane, o sulle difficoltà materiali e finanziarie.
L’arcivescovo cattolico a Mosca Tadeusz Kondrusiewicz

L’arcivescovo cattolico a Mosca Tadeusz Kondrusiewicz

Secondo alcuni, con l’istituzione di una gerarchia cattolica stabile in Russia si mira anche a superare gli ostacoli finora frapposti al viaggio di Giovanni Paolo II a Mosca. Il Papa, a questo punto, potrebbe venire non più solo come "ospite", ma come capo di una Chiesa locale, stabilmente impiantata in territorio russo, approfittando dell’invito del governo, e anche senza il consenso della Chiesa ortodossa. Cosa pensa di questa ipotesi?
ALESSIO II: Non penso che il fatto dell’istituzione in Russia di un sistema di amministrazione diocesana della Chiesa romano-cattolica possa di per sé esercitare un influsso positivo sulla possibilità di realizzazione di una visita a Mosca del Pontefice romano. In accordo alla pratica internazionale comune, il Papa, come capo dello Stato del Vaticano che intrattiene relazioni diplomatiche con la Russia, effettivamente può visitare il nostro Paese su invito delle strutture corrispondenti del potere statale russo. Tuttavia, secondo un’antica tradizione, le disposizioni canoniche e i principi comuni delle relazioni internazionali, il capo di una Chiesa di solito concorda la possibilità, il formato e la durata della sua visita con la Chiesa nazionale del Paese che intende visitare. Purtroppo, venendo meno a questa pratica, nel caso della visita papale in Ucraina il Vaticano ha manifestamente ignorato la richiesta diretta della Chiesa ortodossa ucraina, che lo pregava di astenersi da tale visita. Come ci si poteva aspettare in una situazione del genere, il viaggio del Papa di Roma in Ucraina non soltanto non ha aiutato il miglioramento delle nostre relazioni interecclesiali, ma ha suscitato nuove divisioni nella società ucraina, peggiorando in modo significativo le prospettive del dialogo ortodosso-cattolico.
Più di un anno fa lei aveva parlato di pressioni di ambienti politici affinché la Chiesa ortodossa ammorbidisse la sua opposizione a una visita del Papa a Mosca. Come giudica adesso la posizione tenuta dagli ambienti politici e dal governo russo nella nuova crisi ecumenica seguita all’erezione delle diocesi cattoliche in Russia?
ALESSIO II: Evidentemente lei intende la valutazione data dal Patriarcato di Mosca circa i tentativi di diversi uomini politici e giornalisti di sminuire artificiosamente il significato dei gravi problemi che offuscano le nostre relazioni con il Vaticano, e in questo modo di fare pressione sulla posizione della Chiesa ortodossa russa. Non voglio negare l’esistenza di simili tendenze nella periferia della vita russa, ma per fortuna non sono esse a dominare nell’opinione pubblica. Per ciò che riguarda, ad esempio, il Ministero degli Affari Esteri della Russia, esso ha invitato il Vaticano a risolvere le difficoltà esistenti nelle relazioni con la Chiesa ortodossa russa, raccomandando di astenersi fino ad allora dalla formazione di diocesi cattoliche in Russia. A nome di una serie di parlamentari sono state presentate numerose interrogazioni di deputati agli organi del potere statale sui temi legati al problema del proselitismo cattolico. In tutto il Paese si sono tenute azioni di protesta dei cittadini contro le azioni unilaterali del Vaticano. Nell’insieme si può constatare l’evidente insoddisfazione e la condanna da parte della società dello stile di relazioni con la Chiesa ortodossa russa che il Vaticano, con una testardaggine degna di miglior causa, continua a dimostrare in particolare con l’organizzazione di proprie diocesi in Russia.
Alcuni esponenti ortodossi, in reazione alla decisione vaticana, hanno attribuito a "settori particolari" della Chiesa cattolica un atteggiamento antiortodosso e il desiderio di colonizzare la Russia. Quali sono, a suo avviso, questi settori? E quali sono invece ambienti, settori o figure cattolici più concilianti?
ALESSIO II: Non bisogna pensare che le nostre relazioni con la Chiesa romano-cattolica si sviluppino esclusivamente a livello di dialogo interconfessionale con l’ufficialità del Vaticano. Nella pratica tali relazioni sono assai più ampie, e includono rapporti assai fecondi con molte diocesi, monasteri, parrocchie, gruppi di fedeli, istituzioni culturali e umanitarie. Si possono tranquillamente qualificare queste relazioni come buone, piene di spirito cristiano, veramente fraterne. Abbiamo rapporti molto stretti con i fratelli cattolici di Paesi come l’Italia, la Francia, la Germania. Io ho ricevuto molte lettere da sacerdoti e fedeli cattolici di questi Paesi che appoggiano la posizione della Chiesa ortodossa russa nel conflitto che si è aperto. Un atteggiamento aperto nei confronti della Chiesa russa, pieno di comprensione per le difficoltà che essa incontra in questo tempo così delicato per la Russia, tutto questo lascia sperare che si affermerà la posizione lungimirante di quella parte dei fedeli della Chiesa romano-cattolica che ha a cuore il dialogo con la Chiesa ortodossa russa, fondato sulla simpatia, sulla responsabilità e sul rispetto reciproci.
Una famiglia ortodossa accende le candele in una chiesa di Kostroma, una città a nord di Mosca

Una famiglia ortodossa accende le candele in una chiesa di Kostroma, una città a nord di Mosca




BOX

ANALISI. Da che parte sta il presidente russo?
Putin, un buon ortodosso


Davanti ai fulmini scoppiati tra Vaticano e Patriarcato di Mosca, da che parte sta Vladimir Putin? Alla fine di aprile, anche la stampa russa si interrogava sull’enigmatico silenzio del padrone di casa del Cremlino su una crisi che ha superato l’ambito strettamente ecclesiale, divenendo caso diplomatico.
Nei mesi scorsi, molti analisti avevano accreditato Putin come il principale alleato del sogno wojtyliano di visitare la Terza Roma. Il leader russo amico dell’Occidente avrebbe prima o poi trovato il passepartout per scardinare il niet della gerarchia ortodossa, sulla falsariga di quanto è già accaduto in Georgia, Romania, Grecia e Ucraina, Paesi di tradizione ortodossa dove governi interessati a potenziare i rapporti coi circoli politico-economici d’Occidente hanno aperto le porte al Papa di Roma, addomesticando o ignorando l’ostruzionismo di vescovi e pope.
Tali scenari devono ancora tutti trovare conferma. Mentre negli ultimi tempi, da parte ortodossa, in diverse occasioni si è potuta saggiare la buona disposizione dello zar Putin verso la Chiesa nazionale.
L’archimandrita Tichon Sevkunov, del monastero della Presentazione al Tempio, ama presentarsi come padre spirituale del presidente russo. In una recente intervista apparsa su Izvestija, ripresa anche dal periodico cattolico in lingua russa Istina i zhizn, ha tracciato un inedito profilo spirituale del successore di Gorbaciov e Eltsin. "Vladimir Putin" ha spiegato Tichon "è un cristiano ortodosso vero, e non solo per modo di dire. Un uomo che si confessa, fa la comunione ed è consapevole della responsabilità che ha dinanzi a Dio per l’alto compito affidatogli e per la salvezza della sua anima".
Il monastero della Presentazione al Tempio è vicino al palazzo della Lubjanka, la famosa sede del Kgb. La conoscenza tra il presidente e il monaco risale a parecchio tempo fa. "Una volta" ha raccontato Tichon "è venuto da noi in Chiesa, poiché il nostro monastero è situato non lontano dal suo precedente posto di lavoro (il Servizio federale di sicurezza, ndr)". Tornato alla fede ortodossa, a detta di Tichon, il presidente "non è diventato un neofita fanatico. È una persona ponderata, razionale, anche per quanto riguarda le questioni di fede". Anche i familiari sono ortodossi praticanti, "ma non lo ostentano. È una cosa che riguarda la loro vita interiore". Il monaco ha anche riferito i contenuti di una recente conversazione col suo figlio spirituale: "Il presidente ha rimarcato il fatto che, sebbene la Russia sia un Paese pluriconfessionale ed egli abbia rispetto per le persone che professano altre confessioni e altre religioni, non è però possibile non riconoscere che la cultura della Russia si fonda in primo luogo sulle tradizioni dell’ortodossia. In Russia per molte centinaia di anni si è vissuta una pace religiosa senza precedenti… ma garante di questa pace era proprio l’ortodossia". Concetti che sono riecheggiati nelle parole che a fine febbraio Putin ha rivolto direttamente ad Alessio, quando in compagnia dalla moglie Lyudmyla ha fatto visita al Patriarca in occasione del suo onomastico. Nel messaggio di saluto, il presidente ha esaltato la figura del Patriarca come "esempio di decisa difesa degli interessi dell’ortodossia" e fautore "di una costruttiva cooperazione tra la Chiesa e lo Stato". Era da pochi giorni iniziata la nuova fase di gelo tra Vaticano e Patriarcato di Mosca, e nell’indirizzo di saluto presidenziale il Patriarca veniva definito anche come colui che "difende i principi di un civile dialogo interreligioso" attraverso "un lavoro altruistico volto a consolidare la pace civile".
A giudicare da questi indizi, il padrone di casa del Cremlino non pare intenzionato a rompere con i vertici della sua Chiesa nazionale. A meno che non colgano nel segno le analisi più azzardate come quella di Oleg Nedumov, pubblicata con gran risalto sulla prima pagina del quotidiano Nezavisimaia Gazeta lo scorso 22 aprile. Nell’articolo a sei colonne ospitato in prima pagina, il commentatore giungeva alla sorprendente conclusione secondo cui "è possibile che il conflitto tra Vaticano e Chiesa russa sfoci in una accelerazione della visita del Papa in Russia". I "silenzi" di Putin davanti all’escalation del conflitto tra Vaticano e ortodossia russa, a detta del commentatore, si spiegherebbero col disegno dei vertici politici russi di giocare al "tanto peggio", per risolvere poi il conflitto persuadendo la gerarchia ortodossa a dare il suo consenso alla visita del Pontefice in Russia.



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