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TELEVISIONE
tratto dal n. 04 - 2002

Dai moti operai al soglio di Pietro


Intervista con Giorgio Capitani, regista di Papa Giovanni: «Mi sono accostato a lui da non cattolico e subito mi ha stupito la sua semplicità, la sua umiltà, la capacità di adeguarsi ad ogni situazione pur di compiere la sua missione pastorale e di agire sempre per il bene della Chiesa»


di Antonio Termenini


Sopra, Edward Asner (a sinistra)
e Massimo Ghini, i due attori che hanno interpretato Angelo Roncalli 
in Papa Giovanni

Sopra, Edward Asner (a sinistra) e Massimo Ghini, i due attori che hanno interpretato Angelo Roncalli in Papa Giovanni

Èraggiante Giorgio Capitani all’indomani dello straordinario successo registrato dalla fiction da lui diretta, Papa Giovanni, andata in onda in prima serata su Raiuno domenica 21 e lunedì 22 aprile. I dati parlano chiaro: 12 milioni di telespettatori rappresentano un record nella storia della televisione (mai prima d’ora una fiction aveva avuto un indice d’ascolto così alto), ancora superiore all’audience di Padre Pio, lo sceneggiato di Giulio Base trasmesso lo scorso anno dalla Rai e seguito da 10 milioni di telespettatori.
A questo punto c’è grande attesa per l’altra fiction su Giovanni XXIII che Ricky Tognazzi sta girando da oltre un anno nei pressi di Bergamo, con Bob Hoskins nel ruolo del Pontefice, che le reti Mediaset trasmetteranno nel prossimo autunno. Pochi giorni dopo la messa in onda di Papa Giovanni abbiamo incontrato Giorgio Capitani nello Studio Design dove sta preparando la postproduzione della fiction che poi verrà venduta sui mercati televisivi di tutto il mondo.

Qual è secondo lei il motivo del grande successo della fiction a soggetto religioso?
GIORGIO CAPITANI: Il discorso, a mio parere, si deve allargare alle fiction a soggetto storico. Innanzitutto la gente è attratta dall’universalità dei personaggi di cui si parla. Padre Pio e Giovanni XXIII non appartengono solo ai cattolici, ma a tutti. La fiction, che è un’espressione artistica popolare e più immediata del cinema (perché si sottrae all’opera di mediazione intellettuale del regista che dirige un film), offre la possibilità di conoscere grandi personaggi o significativi momenti storici al di là dell’ufficialità.
Chi non è interessato a conoscere il privato di un papa, la parabola umana di un santo, le debolezze di un imperatore? È lo stesso motivo per cui la Rai ha già messo in cantiere per i prossimi anni una serie di fiction su personaggi come Giulio Cesare e Carlo Magno. Questo da una parte permette un’immediata riconoscibilità del prodotto, e dall’altra suscita interesse perché sviscera aspetti poco noti di una storia che appartiene a tutti.
Com’è nato il progetto di Papa Giovanni?
CAPITANI: La Rai lavorava alla realizzazione di questa fiction da oltre due anni. Prima del mio coinvolgimento nel progetto, nella primavera del 2001, era stato fatto un serio ed approfondito lavoro di documentazione storica che ha coinvolto, tra gli altri, il professor Alberigo e il professor Margiotta Broglio. Non sono intervenuto direttamente nel lavoro sulle fonti per estremo rispetto nei confronti dei teologi e degli storici che conoscevano molto meglio di me la materia. Il tratto che maggiormente mi interessava mettere in luce era la dimensione spirituale e pastorale di Giovanni XXIII. Mi sono accostato a lui da non cattolico e subito mi ha stupito la sua semplicità, la sua umiltà, la capacità di adeguarsi ad ogni situazione pur di compiere la sua missione pastorale e di agire sempre per il bene della Chiesa cattolica.
Virtù che emergono già nel bellissimo prologo ambientato a Bergamo nel 1908, quando don Angelo Roncalli era segretario del vescovo Radini Tedeschi…
CAPITANI: L’inizio del Novecento fu un periodo di grandi agitazioni sociali. Per la prima volta gli operai in Italia scioperavano contro le condizioni terribili in cui erano costretti a lavorare in fabbrica, per la riduzione dell’orario di lavoro. Nel Paese il socialismo iniziava a penetrare in larghi strati della popolazione. Di fronte ai moti di piazza, alla protesta popolare, l’atteggiamento di don Angelo Roncalli a Bergamo è quello del dialogo, dell’ascolto, del tentativo di mediazione, non della presa di parte. Il vescovo Radini Tedeschi, che rappresenta un punto di riferimento per tutta la comunità, si schiera dalla parte degli scioperanti e a causa di questa scelta rischia una grave sanzione disciplinare da parte della Chiesa. Roncalli è più prudente, cerca di capire le ragioni degli umili, degli indigenti. Emerge in questo periodo il tema della pace, del confronto fra gli opposti che a mio parere rimane il cardine del suo percorso pastorale.
Come viene descritta nel film l’esperienza dell’allora monsignor Roncalli in Bulgaria nel 1925?
CAPITANI: Roncalli viene chiamato da Pio XI per affrontare una situazione di estrema emergenza. I rapporti tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica in quel Paese erano praticamente nulli dopo la prima guerra mondiale. Roncalli è impreparato, pensa di non essere adeguato, di non possedere gli strumenti adatti per avviare un processo di normalizzazione dei rapporti. Qui emerge l’altro tema portante della missione pastorale di Giovanni XXIII, l’ecumenismo. Dio è uno ed è di tutti. Al suo arrivo in Bulgaria Roncalli affronta una situazione di totale desolazione che non riguarda solo i rapporti tra cattolici e ortodossi, ma che si allarga a diversi strati della società.
Le autorità religiose bulgare si erano chiuse in un isolamento cristallizzato, impermeabile a qualsiasi cambiamento, incapaci, quindi, di cogliere le spinte innovatrici e di forte cambiamento che avanzavano in Europa. Roncalli si apre, invece, all’esterno, apre la Chiesa a tutti, smussa le differenze, si adopera per la conciliazione degli opposti.
È lo stesso atteggiamento che adotta nell’episodio della deportazione degli ebrei quando si trova ad Istanbul. Roncalli si oppone alla follia nazista e salva delle vite umane, ma prima si sforza di capire la mentalità degli ebrei.
È parso a molti che, nella rievocazione del conclave del 1958 in cui Roncalli fu eletto Papa, ci sia una contrapposizione un po’ troppo schematica tra cardinali progressisti e cardinali conservatori…
Una scena del film

Una scena del film

CAPITANI: In parte è un fatto dovuto ai meccanismi della fiction che, come accennavo precedentemente, sono diversi da quelli del cinema e prevedono una maggiore semplificazione e un minor approfondimento drammaturgico. Il lavoro storico che ho esaminato quando sono stato chiamato dalla Rai a dirigere la fiction metteva in risalto, peraltro, questa netta contrapposizione tra chi propendeva per un pontefice più sensibile alle questioni sociali e chi propendeva per uno, invece, più in linea con chi lo aveva preceduto.
Dalla visione di Papa Giovanni non emerge, però, l’idea di un pontefice di rottura rispetto alla Tradizione della Chiesa…
CAPITANI: Certo. Infatti quello che volevo mostrare era un Giovanni XXIII innovatore nel rispetto e nel solco della Tradizione. Anche il Concilio Vaticano II è stato un tentativo di attuazione della dottrina della Chiesa alla luce dei cambiamenti che si erano verificati negli ultimi secoli. Penso, però, che se negli anni Cinquanta fosse stato eletto un altro papa, alcuni processi sociali, come il miglioramento delle condizioni di lavoro e il dialogo con le classi sociali meno abbienti, non avrebbero avuto lo stesso sviluppo.
Oggi si parla poco dell’importanza per la pace nel mondo che ebbe Giovanni XXIII, mentre la sua parola fu decisiva, per esempio, durante la famosa crisi dei missili sovietici istallati a Cuba nel 1961...
CAPITANI: È uno degli aspetti che ho cercato di far emergere maggiormente in Papa Giovanni. Però condivido la sua impressione: l’anno scorso ho visto Thirteen days con Kevin Costner. Un bel film, che racconta con efficacia il collasso diplomatico che si verificò durante quella crisi e il pericolo concreto di un terzo conflitto mondiale a cui si andò incontro, ma dimentica totalmente il ruolo che ebbe Giovanni XXIII nella ripresa di un dialogo tra Usa e Urss. Non si può dimenticare che questo umile figlio di contadini fu davvero il Papa della pace.


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