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DIPLOMAZIA
tratto dal n. 03 - 2002

Intervista con l’ambasciatore Usa presso la Santa Sede

«Fermiamo i mercanti di uomini»


«Il traffico di persone è un problema più grande di quanto credessi, e solo da quando sono ambasciatore presso la Santa Sede ne ho capito l’importanza». Jim Nicholson presenta la Conferenza internazionale che si svolgerà a maggio alla Gregoriana. Intervista


di Giovanni Cubeddu


L’ambasciatore Jim Nicholson con Giovanni Paolo II in Vaticano

L’ambasciatore Jim Nicholson con Giovanni Paolo II in Vaticano

Non ci siamo dimenticati – era il 22 luglio dello scorso anno – la bella istantanea che riprendeva il presidente Bush e la first lady Laura in visita al Foro romano. Sembravano due ragazzi meravigliati di fronte alla bellezza della Città eterna. In molti si sono augurati che davvero il leader dell’unica superpotenza potesse sempre più conoscere e amare Roma.
Questo flashback è inevitabile quando ci si siede a discutere con Robert James (Jim) Nicholson, ambasciatore americano presso la Santa Sede, anche perché le grandi finestre del suo studio nell’ambasciata sull’Aventino s’affacciano sul Circo Massimo e sul Palatino. Tocca ora a questo sessantaduenne del Colorado, che da un’infanzia in semipovertà è giunto al successo economico e poi politico come presidente del Republican national committee, l’onere di ben informare il presidente Usa su quanto accade nei Sacri palazzi. Onere delicato, perché Nicholson aveva appena iniziato il suo mandato quando le Torri Gemelle sono state distrutte, e ora si trova nel mezzo della tragedia mediorientale. Ma sui temi caldi Nicholson sceglie sempre prudentemente la linea dell’understatement. L’oggetto principale di questo incontro è perciò dato dalla sua prima iniziativa pubblica, un’ambiziosa Conferenza internazionale da lui ideata e nella quale ha coinvolto gli altri ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, in collaborazione con l’Università Gregoriana, i Pontifici Consigli della giustizia e della pace e della pastorale dei migranti. A tema il traffico di esseri umani, che ricorda da vicino la schiavitù del XIX secolo, cioè il giro di uomini, donne e bambini destinati allo sfruttamento sessuale, che le statistiche del Congresso americano quantificano in settecentomila persone l’anno.
Diritti umani, carità, lotta al crimine organizzato dei mercanti di uomini si intrecceranno nei due giorni di lavori che si terranno alla Gregoriana il 15 e il 16 maggio prossimi.
«Il traffico di persone è un problema più grande di quanto credessi, e solo da quando sono ambasciatore presso la Santa Sede ne ho capito l’importanza. È un problema grande e orribile» ci dice Nicholson. «E credo che il corpo diplomatico dovrebbe essere così avveduto da collaborare con la Santa Sede, con noi e con tutti coloro che ne hanno a cuore la soluzione. Oggi non c’è problema globale nel mondo che possa risolversi se prima non se ne prende coscienza, e quanto più certe cose si sanno, tanto prima la soluzione arriva».
Lo scopo è quello di definire e garantire giuridicamente i diritti umani calpestati da tali traffici?
JIM NICHOLSON: No, piuttosto metteremo l’accento proprio su ciò che viene fatto a degli esseri umani: la privazione delle loro libertà, la forzata schiavitù delle loro vite, l’essere trattati come cose.
E quale può essere il ruolo della Santa Sede?
NICHOLSON: Questa conferenza non nasce per essere immediatamente operativa; ci dobbiamo mettere attorno a un tavolo e parlarne. Bisognerà prendere dei provvedimenti e per questo abbiamo convocato a Roma i miei colleghi del corpo diplomatico, gli esperti da tutto il mondo e quanti lavorano sul campo quotidianamente, per implorare il mio Paese, i Paesi coinvolti in tali traffici, la Santa Sede, di fare di più per accrescere la sensibilità su questo tema. Che cosa può fare il Vaticano? Esso possiede ciò che io chiamo il più grande “megafono morale” del mondo. La forza morale del Papa è fenomenale, potente, quindi il fatto che la Santa Sede sia coinvolta dà a questa conferenza un tremendo valore a motivo della guida morale e dell’eredità morale del Papa e della Santa Sede.
Vi sono delle questioni specifiche che lei desidera vedere affrontate durante i lavori?
NICHOLSON: Sì, e posso anticipare che finalmente si manifesterà l’accresciuta consapevolezza dell’urgenza di essere operativi su un problema che è quantitativamente enorme, che è transnazionale e che necessita sia la condivisione delle informazioni tra gli Stati che la creazione e l’applicazione di leggi più idonee. Ma ci tengo a ripetere che l’oggetto primo del nostro incontro saranno le vittime di questi traffici.
In questi momenti così difficili per la pace, la conferenza sarà utile anche come occasione per migliorare le relazioni con i colleghi ambasciatori dei Paesi islamici…
NICHOLSON: Sicuramente. Su temi concreti come questo non vi sono barriere religiose.
Quando lei è stato nominato ambasciatore, ricordo che elencò una serie di priorità per il suo mandato. Su quali punti ha già iniziato a lavorare?
NICHOLSON: Questa conferenza non è certo tutto quello che facciamo… Adesso lavoriamo tutto il giorno sul Medio Oriente, e ogni giorno lavoriamo per la libertà religiosa. Quando il presidente Bush è stato in Cina in febbraio, siamo stati coinvolti in prima linea sul tema della libertà religiosa…. Ci occupiamo continuamente di questioni africane e di Balcani.
Sulla tragedia in Medio Oriente?
NICHOLSON: Non c’è davvero bisogno di aggiungere altro a quanto dice il mio Segretario di Stato.
Questa crisi influenza i rapporti Usa-Santa Sede…
NICHOLSON: Si può facilmente intuire che il Vaticano è molto preoccupato. Ho appena terminato una conversazione con monsignor Tauran. Siamo in costante comunicazione… sia prima che dopo la consegna che ho fatto al presidente Bush della nota diplomatica del Papa.
La battaglia sulla libertà religiosa, ad esempio per quanto riguarda la Cina popolare, trova riscontro unanime nei Sacri palazzi?
NICHOLSON: Noi negli Stati Uniti abbiamo un impegno inequivocabile per la libertà religiosa. La prima comunicazione diplomatica mai avvenuta tra la Santa Sede e gli Stati Uniti fu a Parigi, quando il Papa inviò un suo messo a discutere con Beniamino Franklin, chiedendogli se mai qualcosa ostasse a che il Papa nominasse un vescovo negli Stati Uniti. Era il 1788. E Franklin fece dire al Papa che nominasse chiunque volesse. Per questo fu fatta la rivoluzione in America: per la libertà, e specialmente per la libertà religiosa.
Sin da allora la Chiesa ha goduto della libertà religiosa negli Stati Uniti, come ogni altra religione. Al Dipartimento di Stato noi abbiamo anche un ufficio con un ambasciatore per la libertà religiosa, per la quale pubblichiamo un rapporto annuale che ho di recente presentato al Vaticano. La libertà religiosa è il big deal, il grande tema degli Stati Uniti. E lo è anche per il Papa. Quando l’ho incontrato il 13 settembre, ne abbiamo discusso secondo il nostro mutuo interesse. Quando il presidente Bush è stato in Vaticano lo scorso luglio, ne ha parlato col Papa. E quando è stato in Cina, il presidente Bush ha chiesto ai leader cinesi di dare più libertà religiosa al loro popolo. E la risposta di Jiang Zemin è stata: «Noi abbiamo la libertà religiosa in Cina, ma il popolo deve rispettare la legge».
Ritorniamo alla conferenza. Questa si terrà prima di un summit europeo sull’argomento, previsto per l’estate. In un certo senso, vorreste anticiparne e influenzarne le decisioni…
NICHOLSON: Sì, speriamo certo che la nostra conferenza, che è internazionale e non europea, dia buone informazioni al summit della Ue e lo renda più importante.
Infine, dalla Santa Sede le sono giunte richieste di inserire qualche argomento specifico?
NICHOLSON: No. Partecipano in maniera collaborativa, ma ci hanno lasciato totalmente liberi nella pianificazione.





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