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VIAGGI APOSTOLICI
tratto dal n. 03 - 2009

Impressioni di un viaggio



Le parole del Papa ai giornalisti durante il volo di ritorno


Il Papa durante la conferenza stampa a bordo dell’aereo, il 23 marzo [© Associated Press/LaPresse]

Il Papa durante la conferenza stampa a bordo dell’aereo, il 23 marzo [© Associated Press/LaPresse]

Lunedì, 23 marzo 2009

Cari amici,
vedo che voi lavorate ancora. Il mio lavoro è quasi finito, invece il vostro comincia di nuovo. Grazie per questo impegno.
Mi sono rimaste nella memoria soprattutto due impressioni: da una parte, l’impressione di questa cordialità quasi esuberante, di questa gioia, di un’Africa in festa, e mi sembra che nel Papa hanno visto, diciamo, la personificazione del fatto che siamo tutti figli e famiglia di Dio. Esiste questa famiglia e noi, con tutti i nostri limiti, siamo in questa famiglia e Dio è con noi. Così la presenza del Papa ha, diciamo, aiutato a sentire questo e a essere realmente nella gioia.
Dall’altra parte, mi ha fatto grande impressione lo spirito di raccoglimento nelle liturgie, il forte senso del sacro: nelle liturgie non c’è autopresentazione dei gruppi, autoanimazione, ma c’è la presenza del sacro, di Dio stesso: anche i movimenti erano sempre movimenti di rispetto e di consapevolezza della presenza divina. Questo ha suscitato in me una grande impressione.
Poi devo dire che sono stato profondamente colpito dal fatto che, venerdì sera, nel caos formatosi davanti alla porta allo stadio, sono morte due ragazze. Ho pregato e prego per loro. Purtroppo una di loro non è stata ancora identificata. Il cardinal Bertone e monsignor Filoni hanno potuto visitare la mamma dell’altra, una donna vedova, coraggiosa, con cinque figli. La prima dei cinque – quella adesso morta – era catechista. Noi tutti preghiamo e speriamo che in futuro le cose possano essere organizzate in modo che questo non succeda più.
Poi due altri ricordi rimasti nella mia memoria: un ricordo speciale – ci sarebbe tanto da dire – riguarda il Centro Cardinale Léger: mi ha toccato il cuore vedere lì il mondo delle molteplici sofferenze – tutto il dolore, la tristezza, la povertà dell’esistenza umana –, ma anche vedere come Stato e Chiesa collaborano per aiutare i sofferenti. Da una parte lo Stato gestisce in modo esemplare questo grande Centro, dall’altra movimenti ecclesiali e realtà della Chiesa collaborano per aiutare realmente queste persone. E si vede, mi sembra, che l’uomo aiutando chi soffre diventa più uomo, il mondo diventa più umano. Questo è ciò che rimane iscritto nella mia memoria.
Non solo abbiamo distribuito l’Instrumentum laboris per il Sinodo, ma abbiamo anche lavorato per il Sinodo. Nella sera del giorno di san Giuseppe mi sono riunito con tutti i componenti del Consiglio per il Sinodo – 12 vescovi – e ognuno ha parlato della situazione della sua Chiesa locale. Mi hanno parlato delle loro proposte, delle loro aspettative, e così è nata un’idea molto ricca della realtà della Chiesa in Africa: come si muove, come soffre, che cosa fa, quali sono le speranze, i problemi. Potrei raccontare molto, per esempio della Chiesa del Sudafrica, che ha avuto un’esperienza di riconciliazione difficile, ma sostanzialmente riuscita: essa aiuta adesso con le sue esperienze il tentativo di riconciliazione in Burundi e cerca di fare qualcosa di simile, anche se con grandissime difficoltà, in Zimbabwe.
E finalmente vorrei ancora una volta ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla bella riuscita di questo viaggio: abbiamo visto quali preparativi lo avevano preceduto, come hanno collaborato tutti. Desidero ringraziare le autorità statali, civili, quelle della Chiesa e tutti i singoli che hanno collaborato. Mi sembra che veramente la parola “grazie” debba concludere questa avventura. Grazie ancora una volta anche a voi, giornalisti, per il lavoro che avete fatto e che continuate a fare. Buon viaggio a voi tutti. Grazie!


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