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ANNIVERSARI
tratto dal n. 12 - 2003

CONVEGNI. I quarant’anni dell’Aris

Il network cattolico dell’assistenza sanitaria


A fine novembre, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, l’Associazione religiosa istituti sociosanitari ha festeggiato i suoi quattro decenni di attività annunciando l’adesione dell’antico Ospedale israelitico di Roma


di Pina Baglioni


In quarant’anni di vita ha assunto la dimensione di un vero e proprio network dell’assistenza sanitaria in Italia: 8 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, 26 ospedali, 5 presìdi, 57 case di cura, 187 centri di riabilitazione e 17 residenze sanitarie residenziali. Per un totale di ben 22.060 posti letto.
La corsia di un ospedale romano

La corsia di un ospedale romano

Questa è l’Aris, l’Associazione religiosa istituti sociosanitari, che il 25 e 26 novembre scorsi, nella prestigiosa Sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma, ha festeggiato il suo quarantesimo compleanno alla presenza di autorevoli rappresentanti della Chiesa, del governo e degli enti locali tra cui il cardinale Fiorenzo Angelini, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, il suo successore, il cardinale Javier Lozano Barragán, il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Camillo Ruini, il senatore a vita Giulio Andreotti e il ministro della Salute, Girolamo Sirchia. Tra gli ospiti, anche il rabbino capo della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni. A tal proposito, proprio in occasione delle celebrazioni, è stata annunciata l’adesione all’Aris dell’antico e prestigioso Ospedale israelitico di Roma.
Sotto la vigilanza della Conferenza episcopale italiana e ispirata alle direttive del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, l’Aris si potrebbe definire il volto contemporaneo della millenaria operosità e dell’amore della Chiesa nei confronti degli ammalati. «Questo quarantennale più che costituire un traguardo» ha infatti spiegato fra Pietro Cicinelli, il presidente dell’Aris, «rappresenta un ulteriore punto di partenza per raccogliere le sfide che già si profilano all’orizzonte della sanità, in particolare di quella religiosa. Da secoli le strutture sanitarie gestite dai religiosi rappresentano luoghi privilegiati, dove la Chiesa promuove e cura la difesa della vita umana, dell’uomo nella sua interezza, della dignità della persona». Non solo in Italia: secondo l’Annuario statistico della Chiesa, pubblicato dalla Segreteria di Stato, sono ben 92.436 le strutture sanitarie cattoliche nel mondo. Luoghi dove «l’attenzione ai più poveri deve continuare ad essere tra i maggiori tratti distintivi di un ospedale cattolico» ha spiegato il cardinale Javier Lozano Barragán. Mentre il cardinale Camillo Ruini ha invitato tutte le famiglie religiose che si occupano dei malati, ad avere come costanti punti di riferimento santi come Giuseppe Cottolengo, Giuseppe Moscati e Madre Teresa di Calcutta.
Nel corso del convegno poi, molti relatori hanno sottolineato l’importanza decisiva delle suore tra le corsie d’ospedale. «Una presenza purtroppo quasi del tutto scomparsa» ha ricordato Andreotti; «quando si vedevano le suore “cappellone” passare tra i letti, i malati avevano meno paura, si sentivano rassicurati e protetti». Non solo, ma erano delle abilissime amministratrici, «un punto di riferimento costante, gestivano con grande oculatezza il materiale e consentivano risparmi significativi» ha sottolineato Sirchia.
Visto l’enorme rimpianto che le suore hanno lasciato dietro di sé, una domanda allora è d’obbligo: e se le facessero tornare?


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