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PERSONAGGI
tratto dal n. 12 - 2003

Ricordo di Lelio Basso


L’intervento del nostro direttore al convegno, che si è svolto il 2 dicembre in Senato, per il centenario della nascita del politico socialista, scomparso nel 1978


di Giulio Andreotti


Ho aderito al Comitato per il centenario della nascita di Lelio Basso e sono lieto di essere qui oggi a partecipare a questa convinta celebrazione, mosso dall’intatto ricordo della sua altissima personalità politica e morale, ma anche dalla memoria di una circostanza nella quale credetti necessario sbarrargli la strada, agendo peraltro in piena lealtà e senza quei doppi binari che spesso rendono ambigui i nostri rapporti personali.

Lelio Basso, nato a Varazze, in provincia di Savona, il 25 dicembre 1903, morì a Roma il 16 dicembre 1978.  Avvocato, dottore in Filosofia, professore universitario di Sociologia, partecipò alla Costituente e fu segretario generale del Psi nel 1947. Nel 1978 era senatore nel gruppo della Sinistra indipendente

Lelio Basso, nato a Varazze, in provincia di Savona, il 25 dicembre 1903, morì a Roma il 16 dicembre 1978. Avvocato, dottore in Filosofia, professore universitario di Sociologia, partecipò alla Costituente e fu segretario generale del Psi nel 1947. Nel 1978 era senatore nel gruppo della Sinistra indipendente


Secondo una sua espressione, nell’aula di Palazzo Madama, Basso – che alla Costituente era stato attivissimo – era: «piuttosto propenso al silenzio», ma i suoi interventi, ascoltati con grande attenzione, lasciavano sempre una traccia profonda.
Due di essi si ebbero nel tormentato 1978. Il primo il 19 aprile nel dibattito angoscioso su Moro che dal 16 marzo era sotto l’atroce prigionia delle Brigate rosse. Basso parlò di «ore cariche di destino, ore di ansia che sembrano eterne e che pure vorremmo prolungare ancora per mantenere accesa una fiammella di speranza che potrebbe da un momento all’altro spegnersi». Ma a differenza di altri esponenti democratici che suggerivano addirittura l’introduzione – peraltro costituzionalmente impossibile – della pena di morte, Lelio avvertiva il rischio (per le sorti di quella che chiamò «questa nostra gracile democrazia») di una spinta a indirizzi repressivi. E disse: «Parla un uomo che esattamente cinquanta anni fa nella questura di Milano subiva interrogatori di polizia senza assistenza di un avvocato. Non auguro a nessuno, neanche al mio peggiore nemico, di fare le stesse esperienze». E poiché il senatore Artieri lo aveva interrotto dicendo: «Nell’Unione Sovietica non c’è l’assistenza di avvocato», replicò prontamente: «Ma io sono contro l’Unione Sovietica se ammette simili procedure; sono contro queste procedure dovunque siano prese. Le condanno dappertutto e non difenderò mai misure di questa natura in nessun Paese del mondo». E aggiunse: «Lo so che il sentimento della grande maggioranza della popolazione italiana è favorevole a queste norme e magari anche a misure ancora più gravi. Credo però che il dovere di una classe politica responsabile non sia quello di cedere all’emotività di una folla, alla pressione immediata, alla reazione umana emotiva del popolo, ma quello di saper mantenere un atteggiamento più sereno, più freddo, più capace di affrontare le situazioni nel quadro della nostra struttura costituzionale. Se dovessimo seguire gli orientamenti delle folle, dovremmo accettare il linciaggio; quante volte accade, anche oggi, che la folla di fronte a qualche delinquente colto sul fatto cerchi di linciarlo e l’autorità giustamente si oppone. Noi non possiamo seguire questi stati emotivi; dobbiamo cercare di affrontare questo momento difficile con misure repressive che non rompano il quadro della costituzionalità democratica, ma soprattutto dobbiamo cercare di affrontare le battaglie sul terreno della democrazia, perché solo in questo modo la democrazia può salvarsi».
Lelio Basso durante un’arringa in tribunale

Lelio Basso durante un’arringa in tribunale

Otto mesi dopo Lelio Basso pronunciò in Senato un impegnato discorso controcorrente (gli capitava spesso e dodici anni prima, al momento dell’ingresso di Nenni al governo, la sua contrarietà gli valse un anno di sospensione dall’allora suo Partito socialista). Questa volta il tema era ideologico e riguardava la riforma del Concordato con la Santa Sede. A suo tempo Basso era stato ferocemente contrario alla menzione dei Patti Lateranensi nella Carta costituzionale. Personalmente coerente, aveva in seguito proposto una modifica costituzionale per cancellare il riferimento; ed era quindi logico che si opponesse alla semplice revisione. Va però detto che mentre i comunisti, coerenti con il voto del 1947, erano favorevoli, i socialisti lo divennero soltanto quando a Palazzo Chigi andò Bettino Craxi. Tuttavia alcuni passaggi di quel discorso dell’indipendente di sinistra Basso nel dicembre 1978 mi commossero profondamente.
«Recandomi un mese fa in America Latina» disse, «la mia prima visita è stata la visita a un cardinale e dopo di lui ho incontrato altre autorevoli personalità cattoliche e ho avuto conferma che sta nascendo in America Latina una Chiesa nuova. Quando dalla cattedra di Teologia dell’Università di Lima il mio illustre amico padre Gutierres insegna che, siccome Dio per parlare agli uomini si è fatto uomo, la storia degli uomini è la vera rivelazione di Dio, forse dirà cosa che non piace alle supreme gerarchie ecclesiastiche ma che è profondamente sentita dalle masse, tenute da sempre ai margini della umanità e che interpretano oggi la parola di Cristo come il diritto di ciascun uomo a conquistarsi la piena dignità che compete a chi pensa di essere creato ad immagine e somiglianza di Dio». E aggiunse: «Io confido che il nuovo Papa andrà tra poche settimane al grande sinodo della Chiesa latinoamericana a Puebla e sentirà anche la voce di questa Chiesa». Noto che Giovanni Paolo II andò e sentì.
Del resto non è una forzatura che nelle sue battaglie per i diritti umani, per il disarmo, per i tribunali internazionali, per la pace, sia giusto ritenere Lelio Basso naturaliter christianus.

Lelio Basso nell’aula della Camera nel 1963

Lelio Basso nell’aula della Camera nel 1963


Qui prima di concludere devo ricordare l’episodio della interdizione alla nomina di Basso a giudice costituzionale, con una candidatura che forse era dettata anche dal desiderio di una giubilazione politica. In qualche modo – allora vigeva così – il turno di candidatura era nell’area socialista e Fanfani – segretario politico della Dc – aveva aderito alla proposta di Giacomo Mancini per Lelio Basso. Il nostro gruppo della Camera, che io in quel momento presiedevo, fu immediatamente discorde e lo telefonai subito a Basso con il quale sul piano personale avevo ottimi rapporti. In qualche occasione i parlamentari contano e obiettivamente questo illuminato amico stupendamente anarchico non aveva le caratteristiche di fondo di un giudice costituzionale. Purtroppo questioni di prestigio (anche interdemocristiane) fecero sì che la candidatura fosse mantenuta anche dopo la reiterata prova in aula della sua improcedibilità.
Prima dell’ultima votazione a vuoto telefonai scherzosamente a Lelio, ricordandogli che un giorno aveva detto che la sola vista di un poliziotto in divisa provoca nervosismo in un cittadino. Qualora lo avessero eletto avrebbe avuto una scorta forse in borghese, ma sarebbe stato comunque quotidianamente provocato. Non me ne volle e debbo dire a suo onore che fummo più amici di prima.
Mi sembrava doveroso non tacerlo qui pur rischiando di banalizzare un ricordo che è invece in me vivissimo, costruttivo e, lasciatemi dire, nostalgico, anche per un certo modo comparativo di vivere la politica.


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