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USA-VATICANO
tratto dal n. 07/08 - 2001

USA. I buoni rapporti tra Bush e la Chiesa cattolica

Un presidente tutto Casa Bianca e Chiesa


Ha bloccato i fondi agli abortisti. Ha promosso una legge a favore delle opere sociali gestite dalle comunità religiose.Ha incontrato spesso i vertici della Chiesa cattolica. E, anche quando non è in sintonia con le loro posizioni, riesce a mantenere aperto il dialogo


di Gianni Cardinale


A sei mesi dal suo insediamento alla Casa Bianca continua la luna di miele tra George W. Bush e le gerarchie della Chiesa cattolica, sia negli Stati Uniti che in Vaticano. L’udienza pontificia del 23 luglio ha in qualche modo suggellato l’immagine di un presidente Usa in sintonia con alcuni temi, soprattutto quelli morali, che stanno particolarmente a cuore alle alte gerarchie della Chiesa cattolica, anche se non mancano argomenti su cui le sensibilità rimangono divergenti. Complessivamente comunque rimane ancora valido il giudizio ("un buon inizio, molto interessante") espresso a gennaio dal nunzio a Washington, l’arcivescovo Gabriel Montalvo, e subito condiviso dal cardinale della capitale federale, Theodore E. McCarrick. Tanto che dopo la tappa romana di Bush un altro cardinale statunitense, William H. Keeler, di Baltimora, ha potuto affermare: "Il clima alla Casa Bianca è cambiato e i primi segnali nei rapporti con la Chiesa cattolica sono incoraggianti". Il riferimento al "cambiamento" di clima non è affatto casuale, fa intendere quanto fosse percepita lontana la sensibilità del vecchio inquilino della Casa Bianca, Bill Clinton, il cui doppio mandato presidenziale sembra ormai essere archiviato come un periodo di "gelo" nella storia dei rapporti fra gli Usa e i vertici della Chiesa cattolica.
Una sequenza impressionante di incontri con le più alte gerarchie cattoliche
Nei primi mesi della sua presidenza, Bush, che è protestante (cfr. box nella pagina a fianco), ha infilato una sequenza impressionante di incontri con le più alte gerarchie cattoliche del Paese. Quattro giorni dopo l’insediamento, nella sua prima cena fuori della Casa Bianca, è andato, accompagnato dalla moglie Laura e dal consigliere della sicurezza nazionale Condoleezza Rice — entrambe presenti all’udienza pontificia del 23 luglio —, a trovare l’arcivescovo McCarrick. A fine gennaio ha poi ricevuto una trentina di esponenti del volontariato cattolico, guidati dal cardinale-designato di New York, Edward M. Egan e dagli arcivescovi di Denver e Miami. La settimana successiva si è incontrato con il cardinale di Boston, Bernard F. Law, un porporato "amico di famiglia" di cui sono note le buone relazioni con George Bush padre. Il 22 marzo ha partecipato all’inaugurazione del Pope John Paul Cultural Centre di Washington, una sorta di Beaubourg cattolico ideato e realizzato dal cardinale di Detroit, Adam J. Maida, e ha tenuto di fronte ad un nutrito numero di porporati e vescovi un discorso che è talmente piaciuto nei Sacri Palazzi da essere pubblicato quasi integralmente dall’Osservatore Romano del 25 marzo. Il 10 luglio scorso, poi, per la sua prima visita a New York da presidente, ha scelto l’occasione della consegna della medaglia del Congresso alla memoria del cardinale John J. O’Connor, l’arcivescovo della Grande Mela scomparso l’anno scorso. Da notare poi che Bush, a Roma, dopo essere stato ricevuto in udienza dal Papa (23 minuti di colloquio privato, cronometro dell’Osservatore Romano) ed aver avuto, sempre a Castel Gandolfo, un incontro con il cardinale Angelo Sodano e il "ministro degli Esteri" vaticano Jean-Louis Tauran (15 minuti, cronometro del New York Times), ha avuto modo di rendere una breve visita di cortesia a due cardinali statunitensi che lavorano nella Curia romana: Edmund C. Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e James F. Stafford, presidente del Pontificio Consiglio per i laici.

Gli atti graditi. Silenzio sulla pena di morte
L’attivismo di Bush nell’ambito cattolico, che i mass media hanno subito bollato come una caccia al voto cattolico in vista delle prossime elezioni (cfr. box nella pagina seguente), non è stato solo a livello di immagine. Ci sono state anche iniziative concrete molto gradite dalle gerarchie cattoliche. La prima ha avuto un grande significato simbolico: il 23 gennaio infatti Bush, come atto iniziale del suo mandato, ha firmato il blocco dei fondi federali in precedenza concessi alle organizzazioni che promuovono l’aborto come metodo di pianificazione familiare; fondi che erano stati già bloccati da Ronald Reagan nell’84 ma che Clinton aveva ripristinato nel gennaio del ’93 con il suo primo atto ufficiale da presidente.
Bush ha poi fortemente sponsorizzato una legge che finanzia le iniziative sociali gestite da Chiese e comunità religiose. Il Congresso l’ha approvata proprio quando il presidente era in Europa per il G8 e Bush ha subito invitato il Senato, controllato dall’opposizione democratica, a dare il suo consenso.
Ora però il grande argomento di dibattito politico interno agli Stati Uniti riguarda il finanziamento statale per la ricerca che utilizza cellule staminali estratte da embrioni. Clinton l’aveva sospesa, ora Bush deve decidere se sbloccarle o meno ed è pressato anche da ambienti repubblicani conservatori, tradizionalmente antiabortisti, che però su questo tema sono aperti alle richieste del mondo medico favorevole all’utilizzazione di queste cellule staminali. Nettamente contraria ad ogni sperimentazione di questo tipo è invece la Chiesa cattolica. Lo stesso Papa nel suo discorso dell’udienza del 23 luglio l’ha apertamente condannata. Bush, su questo punto si è detto "tormentato" e ha posticipato la sua decisione in merito, che era prevista invece per la fine di luglio.
La presidenza Bush è attesa anche su una "battaglia" di più lunga durata. Riguarda la liceità del diritto d’aborto stabilita dalla Corte suprema nel ’73 con la celebre sentenza Roe vs Wade. Attualmente tra i nove membri della Corte esiste ancora una esile maggioranza in favore dell’aborto e a Bush potrebbe capitare (i giudici sono infatti eletti a vita) di nominarne di nuovi, cambiando così la maggioranza in senso antiabortista. Questi sono i temi su cui esistono grandi sintonie tra la leadership cattolica e il nuovo inquilino della Casa Bianca. Ma ce ne sono altri, invece, sui cui si registrano differenze. Il più eclatante riguarda la pena di morte. Bush, forte del consenso della maggioranza dei suoi concittadini e del mondo politico anche democratico, non ha alcuna intenzione di abolirla, scontrandosi così col più recente magistero della Chiesa (sembra comunque che questo argomento non sia stato trattato nel corso dei colloqui romani tra Bush e il Papa e tra Bush e Sodano).
Altri campi in cui la sensibilità cattolica tradizionale è lontana da quella repubblicana classica sono quelli dell’attenzione alle classi più umili, in politica interna, e ai Paesi più poveri a livello internazionale; la questione della proliferazione degli armamenti nonché le problematiche ambientali. Ma anche su questi temi Bush, che ha lanciato lo slogan del "conservatorismo compassionevole", sta cercando di colmare le differenze. E almeno in parte sembra riuscirci. Il 30 maggio infatti il vescovo Joseph A. Fiorenza, presidente dell’episcopato statunitense, si è congratulato con Bush per una riforma fiscale a vantaggio delle famiglie che nei prossimi cinque anni aiuterà mezzo milione di bambini ad uscire dallo stato di povertà. Sempre il cardinale Keeler, in una intervista ad Avvenire (25 luglio), ha poi potuto definire "incoraggiante" il collegamento fatto da Bush tra scudo missilistico e disarmo nucleare e ha ricordato come il presidente Usa prima di recarsi al G8 abbia chiesto alla Banca mondiale di trasformare la metà dei suoi prestiti in donazioni per lo sviluppo, aggiungendo: "È una indicazione positiva e ora staremo a vedere se si trasformerà in azione pratica".

Critiche e richieste di aiuto: Medio Oriente, Cina, Arabia Saudita
Altri temi in cui le sensibilità non sempre coincidono tra Casa Bianca e Sacri Palazzi riguardano le questioni internazionali. Come, ad esempio, la politica degli embarghi perseguita dalle amministrazioni Usa, soprattutto nei confronti di Cuba e Iraq. Embarghi che il Papa ha condannato anche di recente, quando ha accolto il nuovo ambasciatore di Baghdad (29 aprile), e quando ha ricevuto i vescovi cubani in visita ad limina (6 luglio). E di embargo all’Iraq si sarebbe parlato durante i colloqui tra Bush e il cardinale Sodano, laddove sono stati toccati i temi riguardanti il Medio Oriente. Sempre riguardo a questa delicata area geografica in questi colloqui si sarebbe parlato anche dello status di Gerusalemme e dell’ipotesi di inviare degli osservatori internazionali nei territori occupati. Per capire meglio la sensibilità della Santa Sede su questo tema può essere utile ricordare le dichiarazioni rilasciate lo scorso 4 giugno a Radio Vaticana dal cardinale Pio Laghi, che fu nunzio a Gerusalemme e a Washington, al ritorno dalla Terra Santa dove aveva consegnato ad Arafat e Sharon dei messaggi personali del Papa: "...questi insediamenti di coloni in Territori che dovrebbero poi essere restituiti all’Autorità palestinese rappresentano in un certo senso una provocazione, per non dire di più; e ciò, inoltre, suscita dall’altra parte una reazione assolutamente oltremisura, non giustificabile, ma certamente un po’ comprensibile". (Interessante notare che in una intervista pubblicata il 24 luglio l’ex presidente Jimmy Carter ha criticato Bush invitandolo a seguire la politica del padre e di esigere la rimozione degli insediamenti israeliani nella West Bank).
Nel comunicato ufficiale stilato dal portavoce vaticano, Joaquín Navarro-Valls, si dichiara che durante i colloqui tra Bush e Sodano si è parlato oltre che di G8 e di Medio Oriente, anche del rispetto dei diritti umani, tra cui quello alla libertà religiosa, specialmente in Asia. Fonti vaticane hanno poi specificato che Sodano avrebbe chiesto all’ospite un aiuto degli Usa per aprire un "canale" con la Cina (pochi giorni dopo il segretario di Stato Colin Powell si sarebbe recato in visita a Pechino) e avrebbe fatto presente la situazione dei cattolici in Arabia Saudita — Paese in ottimi rapporti con Washington —, dove un milione di immigrati, soprattutto filippini, non può avere alcuna forma di assistenza religiosa ufficiale. Sempre secondo le fonti vaticane Bush si è mostrato attento alle parole del cardinale, ha dato l’impressione di essere ben preparato e di conoscere personalmente gli argomenti evocati (non si è rivolto ai suoi collaboratori presenti all’incontro per eventuali chiarimenti). Non solo. Avrebbe anche garantito il suo interessamento. Come ciò si trasformerà in gesti concreti di "aiuto" saranno i prossimi mesi, o anni, a dirlo.

Box 1
Jeb Bush: da episcopaliano a cattolico, con la benedizione di papà George

George W. Bush viene da una famiglia protestante episcopaliana (così si chiamano gli anglicani Usa) ma ora, seguendo la moglie Laura, frequenta la chiesa metodista (anche il vicepresidente Dick Cheney e moglie sono metodisti). Suo fratello Jeb, governatore della Florida, ha sposato una ispanica e si è fatto cattolico, con il pieno consenso di papà George. Solo qualche decennio fa questa approvazione sarebbe stata inconcepibile. Basti ricordare, ad esempio, al caso del neocardinale Avery Dulles che, quando negli anni Cinquanta si convertì al cattolicesimo e per di più si fece gesuita, provocò un travaso di bile nella propria famiglia presbiteriana, compreso il padre John Foster segretario di Stato e lo zio Allen capo della Cia.

Box 2
È caccia al voto cattolico?
I giornali statunitensi e le "strategie" di Bush

I mass media statunitensi non perdono occasione di parlare di "caccia" al voto cattolico da parte di Bush in vista delle prossime elezioni. Significativo l’articolo del laico New York Times del 1� giugno: Bush sta attivamente corteggiando gli elettori cattolici per il 2004. O quello del settimanale cattolico Our Sunday Visitor (13 maggio): Il Partito repubblicano fa shopping di elettori nel mercato cattolico. È noto che il voto dei cattolici statunitensi è tradizionalmente concentrato nel Partito democratico. A dire il vero anche lo scorso novembre la maggioranza dei cattolici ha preferito il candidato dell’asinello, Al Gore (50 a 47 per cento), che ha vinto in quegli Stati dove i cattolici sono percentualmente più rilevanti, come in Illinois, Massachusetts, New Jersey, New York, Pennsylvania. Nelle ultime dodici elezioni presidenziali comunque i candidati democratici avevano ottenuto in media il 55% del voto cattolico, e quelli repubblicani il 41. Il risultato di Bush quindi è stato di sei punti percentuali superiore alla media. Non solo. Bush ha prevalso tra i cattolici bianchi (52 a 45 per cento) e tra quelli che vanno regolarmente a messa. E secondo i mass media (ne ha scritto il columnist Ronald Brownstein sul Los Angeles Times del 16 luglio) gli strateghi del Partito repubblicano avrebbero come obiettivo quello di incrementare i voti proprio in quest’ultima fascia della popolazione, senza però alienarsi i voti dei credenti meno osservanti.


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